News
"Decreto 81: il datore di lavoro e l’obbligo di informazione"
fonte www.puntosicuro.it / Formazione ed informazione
04/09/2014 - L’
informazione è un processo di
comunicazione/ricezione di notizie e concetti: “informazione” è il
complesso delle attività dirette a fornire
conoscenze utili alla
identificazione, alla riduzione e alla gestione
dei rischi in ambiente di lavoro (art. 2 c. 1 lett. bb D.Lgs. n. 81/2008).
“Informare” significa fornire notizie ritenute utili o funzionali; in
termini più vicini alla terminologia degli esperti in salute, sicurezza ed
igiene del lavoro si può parlare di informazione come
“trasferimento mirato
a tutti i soggetti interessati di notizie e contenuti di carattere comportamentale,
procedurale, concettuale, in aree tematiche tecnologiche, tecniche,
scientifiche e legislative, utili ad attivare il complesso processo di
prevenzione degli infortuni e delle tecnopatie”
[G. Roseo, Dipartimento Documentazione, Informazione e Formazione,
ISPESL].
L’art. 36 del D.Lgs. 9 aprile 2008
n. 81 obbliga il datore di lavoro, il dirigente e il preposto (nell'ambito
delle rispettive competenze) a provvedere affinché ogni lavoratore riceva una adeguata
informazione su:
Articolo 36
Il datore di lavoro provvede
affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione:
a) sui rischi per la salute e
sicurezza sul lavoro connessi alla attività della impresa in generale;
b) sulle procedure che
riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l’evacuazione dei luoghi
di lavoro;
c) sui nominativi dei lavoratori
incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 45 e 46;
d) sui nominativi del responsabile
e degli addetti del servizio di prevenzione e protezione, e del medico
competente.
2. Il datore di lavoro provvede
altresì affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione:
a) sui rischi specifici cui è
esposto in relazione all’attività svolta, le normative di sicurezza e le
disposizioni aziendali in materia;
b) sui pericoli connessi all’uso
delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di
sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica;
c) sulle misure e le attività di
protezione e prevenzione adottate.
(...)
Nei confronti dei
lavoratori a domicilio di cui alla legge 18
dicembre 1973, n. 877, e dei lavoratori che rientrano nel campo di applicazione
del contratto collettivo dei proprietari di fabbricati l’obbligo è limitato alle seguenti informazioni su:
- i rischi per la sicurezza e la salute connessi all'attività dell'impresa
in generale;
- sui rischi specifici cui è
esposto in relazione all’attività svolta, le normative di sicurezza e le
disposizioni aziendali in materia;
- sui pericoli connessi all’uso
delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede
dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di
buona tecnica;
- sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate (artt. 2,
3 comma 9 e 36 c.3 D.Lgs. 9 aprile 2008 n.81).
L'informazione “si sostanzia in un processo di trasferimento, dal datore di
lavoro al lavoratore, di tutte quelle nozioni che siano necessarie per “identificare”
e “gestire” i rischi e deve assicurare al lavoratore non solo una conoscenza
dei rischi specifici connessi alla propria mansione, ma anche una
consapevolezza generale del ciclo produttivo in cui lo stesso opera, sul presupposto
che solo in tal modo egli possa effettuare scelte ed attuare comportamenti che
non compromettano la sicurezza propria o altrui” (Marco Grotto).
Gli
strumenti attraverso i quali può essere
fornita l’informazione ai lavoratori sono i più vari: depliant, video, assemblee generali, volantini, incontri di piccolo
gruppo, lezioni in aula; avvisi in bacheca, assemblee di reparto ecc. Deve
altresì essere predisposto un programma delle attività di informazione e
modalità “dedicate” per i nuovi assunti [Cfr. Linee guida per il Monitoraggio e
il controllo sull’applicazione del D. Lgs. 626/1994 - Linee guida regionali,
giugno 1997].
L’obbligo di [in]formazione potrà
dirsi assolto mediante la consegna al lavoratore di un documento cartaceo solo
quando vi sia la prova che
lo stesso lo abbia effettivamente ricevuto e
purché in quello non siano contenute solo indicazioni generiche [Cass.
Pen., Sez. IV, 26 gennaio 2011-19 aprile 2011, n. 15618].
L'art. 18 comma 3 bis del D.Lgs. n. 81/2008
prevede che “i
l datore di lavoro e i
dirigenti sono tenuti altresì a vigilare in ordine all’adempimento degli
obblighi di cui agli articoli 19 (Obblighi del preposto), 20 (Obblighi dei
lavoratori)... ferma restando l’esclusiva responsabilità dei soggetti obbligati
ai sensi dei medesimi articoli qualora la mancata attuazione dei predetti
obblighi sia addebitabile unicamente agli stessi e non sia riscontrabile un
difetto di vigilanza del datore di lavoro e dei dirigenti”. Si tratta di un obbligo di
controllo che ha una fortissima correlazione con l'informazione, la formazione
e l' addestramento
dei lavoratori, poiché l'omissione di queste attività fondamentali è
automaticamente, ipso facto, violazione dell'obbligo di vigilanza.
Le informazioni devono essere fornite ai lavoratori in forma semplice ed immediata,
nella lingua loro facilmente comprensibile e facendo anche uso di immagini e
figure;
questo risulta particolarmente
utile per lavoratori di bassa scolarizzazione o stranieri
(art. 36
comma 4 D.Lgs. n. 81/2008:
“
Il contenuto della informazione deve essere
facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire
le relative conoscenze. Ove la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa
avviene previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso
informativo”.
Spesso per ottemperare a tale obbligo si ricorre alla consegna di opuscoli
illustrati controfirmati per ricevuta dai lavoratori stessi; tuttavia secondo
la giurisprudenza questo modo di operare non è sufficiente in quanto
l’informazione deve essere accompagnata sempre da un’opera di sensibilizzazione
e da spiegazioni sui contenuti del materiale distribuito [Cass., sent. 3/6/95, n. 6486].
Inoltre, afferma la Cassazione, lo specifico onere di informazione e di
assiduo controllo,
“se è necessario nei confronti dei dipendenti dell’impresa,
si impone a maggior ragione nei confronti di coloro che prestino lavoro alle
dipendenze di altri e vengano per la prima volta a contatto con un ambiente
dalle strutture a loro non familiari e che perciò possono riservare insidie non
note
[
Cassazione penale sez. IV, 3 marzo
1995, n. 6486, Grassi, in Cass. pen. 1996,1957 (s.m.)]
”:
«si ravvisa un profilo di
colpa generica del datore di lavoro
nell’aver assunto per un compito specifico e particolarmente rischioso due
giovani inesperti dei rischi connessi al processo di lavorazione loro demandato, senza nemmeno compiere la più elementare
indagine sulla loro capacità di svolgerlo nelle prudenti condizioni di assenza
di pericolo” (Cass. Pen. Sez. IV, n. 14875 del 26 marzo 2004).
In tema di informazione dei lavoratori, «il datore di lavoro ha il preciso
dovere non di limitarsi ad assolvere formalmente il compito di informare i
lavoratori sulle norme antinfortunistiche previste, ma di attivarsi e
controllare sino alla pedanteria che tali norme siano assimilate dai lavoratori
nella ordinaria prassi di lavoro.
Né egli può disinteressarsi dell’ordinario
svolgimento del lavoro e dei rischi “comuni”, sul presupposto di una loro
evidenza che li rende percepibili direttamente da parte del lavoratore»
[Cass. Pen., Sez. IV, 10 dicembre 2003-6 febbraio 2004, n. 4870, e Cass.
Pen., Sez. IV, 25 novembre 2010-18 gennaio 2011, n. 1225].
La Cassazione ha confermato la condanna di un datore di lavoro che non
aveva informato il lavoratore sul fatto che l’uso di una certa macchina in un
determinato modo e per compiere certe lavorazioni era sconsigliato dallo stesso
produttore nel manuale delle istruzioni [Cass. Pen., Sez. IV, 17 settembre
2009-20 ottobre 2009, n. 40582].
L’obbligo di informare i dipendenti circa i rischi specifici per la sicurezza
e la salute in relazione all’attività svolta deve essere adempiuto non solo
attraverso la esplicitazione di divieti, ma soprattutto con l’indicazione delle
conseguenze che determinate modalità di lavoro possono comportare [ Cass.
Pen., Sez. IV, 8 giugno 2010-27 settembre 2010, n. 34771]: è plausibile,
infatti, che la prescrizione di protocolli comportamentali risulti inutile
qualora il lavoratore non sia anche reso edotto delle conseguenze cui può
condurre l’errata esecuzione di una certa attività rischiosa.
Obblighi, come si vede, assai precisi e definiti, che richiedono una chiara
consapevolezza della loro importanza, e della necessità di organizzare adeguatamente,
programmare e pianificare accuratamente la formazione e l'informazione dei
lavoratori.
Perciò
non adempie all'obbligo di cui agli articoli 36 e 37 del
D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 di informare e formare i lavoratori dei rischi specifici
cui sono esposti e dei modi di prevenire i danni derivati dai rischi stessi, “
il datore di lavoro che si limiti alla pur necessaria
affissione di estratti delle norme di igiene del lavoro e alla applicazione,
sugli impianti, di generici simboli di pericolo
. L’obbligo di
informazione, avendo ad oggetto la specificità dei rischi e i modi concreti di
prevenire i conseguenti danni, deve essere attuato specificamente mediante:
l’indicazione dettagliata delle sostanze chimiche contenute nei singoli
impianti; l’indicazione dei pericoli per la salute derivanti distintamente da
inalazione, contatto o ingestione delle sostanze stesse; l’informazione sui rimedi
per fronteggiare l’intossicazione; le istruzioni in ordine ai tempi e ai modi
di utilizzo dei diversi mezzi personali di protezione messi a disposizione dei
lavoratori
[
Pretura Brescia 12 ottobre 1983,
Guerini, in Riv. giur. lav. 1984, IV, 138]
”. Peraltro l’ignoranza da parte del
datore di lavoro dei rischi ambientali o dei modi di prevenire i relativi danni
“non vale a giustificare l’inadempimento agli obblighi di prevenzione e informazione,
giacché dall’ art.2087
c.c. si desume per l’imprenditore l’obbligo strumentale di acquisire le necessarie
cognizioni tecniche e di aggiornarsi sugli sviluppi delle conoscenze circa gli aspetti
rischiosi del lavoro e circa le misure di sicurezza da adottare [
Pretura Torino 14 luglio 1983, Gamalero e altro, in Riv. giur. lav. 1984,
IV, 178]
.”
In tal senso è stato pure stabilito che
sussiste la
responsabilità di un legale rappresentante per aver cagionato lesioni personali
gravi ad un proprio dipendente, in particolare, per colpa consistita in
imprudenza, imperizia e negligenza e nella violazione della legge
prevenzionistica in materia di formazione, che ometteva di assicurare a ciascun
lavoratore una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di
salute, con particolare riferimento
al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni, ponendo in essere un
antecedente causale necessario dell'incidente occorso ad un dipendente:
quest'ultimo, operaio alle dipendenze della ditta predetta, mentre lavorava con
una pressa idraulica alla sagomatura degli induttori di motori elettrici avendo
ricevuto solo una sommaria e non adeguata formazione e informazione sulle mansioni
lavorative che stava svolgendo, incautamente prima di far partire la pressa, azionava
i pulsanti non utilizzando simultaneamente entrambe le mani bensì premendo il
tasto di sinistra con il ginocchio sinistro e quello di destra con la mano destra,
e rimanendo, nel repentino susseguirsi delle operazioni di sagomatura, intrappolato
con la mano sinistra, rimasta libera, sotto la pressa e cosi' riportando le
lesioni personali gravi suindicate [Cassazione Penale, Sez. 4, 08 aprile
2010, n. 13247].
La Corte afferma che: "si osserva, in
ordine al comportamento della persona offesa, che la questione sollevata dalla
difesa e' stata compiutamente valutata e disattesa con congrua motivazione dal
Giudice d'appello, il quale e' giunto ad escluderne l'abnormità ed arbitrarietà
e finanche l'imprudenza, sicché detta censura s'appalesa nettamente aspecifica,
avendo la sentenza impugnata precisato persino che, non potendosi parlare di
vero e proprio "cambio di mansioni" avvenuto al di fuori e contro le
direttive del datore di lavoro e del relativo potere-dovere di vigilanza, e ciò
sulla scorta non solo delle dichiarazioni dell'infortunato ma anche di altri
operai ( addetti
alla pressa), "deve pervenirsi alla conclusione che
non solo da
parte del soggetto depositario della posizione di garanzia venne omesso
qualsiasi corso di formazione ed informazione sui rischi in generale, ma anche
specifici connessi all'uso di quella pressa.... Infatti la pressa in origine
era dotata di due cellule fotoelettriche, che impedivano alla parte in
movimento della macchina di muoversi in senso verticale dall'alto verso il
basso, in modo da esercitare una notevole pressione sul pezzo metallico da
sagomare, quando nei pressi del pezzo e comunque nel raggio di discesa della
parte mobile vi era un ostacolo di qualsiasi genere.
In tal modo la pressa rimaneva bloccata,
quando l'operatore non aveva ancora tolto le mani dalla parte fissa della
pressa utilizzata per poggiare il pezzo da sagomare.
In tal modo veniva assicurata la protezione
dell'operatore da rischi di infortuni.
Verificatasi l'avaria delle cellule fotoelettriche,
la funzionalità della macchina veniva ripristinata, in maniera del tutto
artigianale, da un dipendente della stessa impresa, il quale disattiva il
circuito delle fotocellule e ripristinava il funzionamento della pressa,
applicandosi due pulsanti alla base della stessa, da pigiare contemporaneamente
al fine di provocare la discesa della parte mobile.
Perseverando nella condotta omissiva, il
datore di lavoro non provvedeva ad istruire i dipendenti neppure sull'uso della
pressa a seguito della modifica apportata, limitandosi a far apporre un
cartello sul quale era stampato l'avviso di pigiare contemporaneamente i due
pulsanti con entrambe le mani" [ Cassazione
Penale, Sez. 4, 08 aprile 2010, n. 13247].
Rolando Dubini, avvocato in
Milano
Segnala questa news ad un amico
Questa news è stata letta 1031 volte.
Pubblicità