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"Sulla nomina di un RSPP privo dei requisiti professionali richiesti "
fonte www.puntosicuro.it / Sentenze
20/10/2014 -
Commento a cura di G. Porreca.
Ancora una
volta la Corte di Cassazione con questa sentenza pone un rimedio ad una di
quelle “distrazioni” che è possibile riscontrare nella lettura del D. Lgs.
9/4/2008 n. 81 e s.m.i. e quanto in essa deciso avvalora la osservazione che a
volte una interpretazione sistematica delle norme in materia di salute e di
sicurezza sul lavoro prevale su quella lessicale. La sentenza fa riferimento alla
circostanza che il legislatore, allorquando ha posto a carico del datore di
lavoro con l’art. 17 del D. Lgs. n. 81/2008 l’obbligo della nomina di un
responsabile del servizio di prevenzione, non ha fatto esplicito riferimento ai requisiti
professionali che tale figura professionale deve possedere.
L’obbligo
della nomina del RSPP è stato introdotto, come è noto, con l’art. 4 comma 4
lettera a) del D. Lgs. 19/9/1994 n. 626 il quale però non ebbe a precisare i
requisiti professionali dei quali tale figura doveva essere in possesso. Tale
carenza è stata portata a conoscenza della Corte di Giustizia europea che è
intervenuta a indurre il legislatore italiano ad integrare l’art. 8 del D. Lgs.
n. 626/1994 cosa che ha fatto con l’art. 8-bis introdotto con il D. Lgs. n.
195/2003 con il quale sono stati infatti specificati i requisiti medesimi. Il
D. Lgs. n. 81/2008, che è subentrato al D. Lgs. n. 626/1994, nel ribadire
l’obbligo della nomina del RSPP non ha fatto però esplicito riferimento ai requisiti
professionali indicati
nell’art. 32 dello stesso decreto legislativo per cui la Corte suprema, chiamata
con questa sentenza ad esprimersi in merito e ad esprimersi sulla sanzione da
applicare, ha evidenziato, nel rigettare il ricorso presentato da un datore di
lavoro, che l’obbligo della nomina del RSPP di cui all’art. 17 del D. Lgs. n.
81/2008 deve essere letto in coordinamento con quanto stabilito dall’art. 2
comma 1 lettera f) dello stesso decreto legislativo con il quale il RSPP è
stato definito come la “
persona in
possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all’articolo 32”.
Per quanto
riguarda la sanzione da applicare per gli inadempienti, la lettura combinata degli
articoli 17 e 32 ha portato la Corte suprema ad affermare che il mancato
possesso dei requisiti del RSPP nominato dal datore di lavoro, che non è
direttamente sanzionato dall’art. 55 del D. Lgs. n. 81/2008, è comunque
punibile con la stessa sanzione prevista per la mancata nomina del RSPP in violazione
dell’art. 17.
Il fatto e il ricorso in Cassazione
Il legale rappresentante di una
società è stato tratto a giudizio in ordine alle violazioni dell’art. 17 comma
1, lett. b) del D. Lgs. n. 81/2008, per avere designato quale responsabile del
servizio di prevenzione e protezione una persona priva dei requisiti richiesti
dall'art. 32 della medesima legge, nonché dell’art.45 comma 1 dello stesso
decreto legislativo per avere omesso di classificare l'azienda e di avviare alla
specifica formazione i lavoratori designati a compiti di primo soccorso e
dell’art.71 comma 1 per avere messo a disposizione dei lavoratori un
macchinario non conforme ai requisiti di sicurezza perché privo di una griglia
di protezione. Il Tribunale ha mandato assolto l’imputato con riferimento alla
violazione dell’art. 71 comma 1 e lo ha condannato per le restanti violazioni
alla pena di 5.000,00 euro di ammenda.
Avverso la decisione del Tribunale
l’imputato ha proposto ricorso lamentando una errata applicazione di legge ex
art.606, lett. b) cod. proc. pen. con riferimento all'art. 55 del D. Lgs. n.
81/2008 in quanto tale articolo punisce la mancata individuazione del responsabile
del servizio di prevenzione e protezione e non la individuazione di una persona priva dei
requisiti previsti dall'art.32 della medesima legge. L’imputato ha fatto
presente che l'art. 4, lett. b) del D. Lgs. n. 626/1994 aveva indicato fra gli
obblighi del datore di lavoro la individuazione di un responsabile
"secondo le regole di cui all'art.8'' e aveva così fissato una regola
soggetta, in caso di inosservanza alla sanzione ex art. 89. Tale impostazione,
che è stata poi rafforzata dalla previsione dell'art.8-bis introdotto dal D.
Lgs. n.195/2003, ha fatto altresì osservare l’imputato, è stata invece
abbandonata dal D. Lgs. n. 81/2008 che nell'art. 55 dello stesso decreto relativo
alle sanzioni non richiama l'art. 32, che ha fissato i requisiti del RSPP, ma
solo l’art. 17.
Le decisioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha ritenuta
infondata la censura avanzata dal ricorrente. “
E' ben vero”, ha sostenuto la suprema Corte, “
che la disciplina introdotta con il decreto legislativo n. 81 del 2008
agli artt. 55 e 17 presenta una formulazione diversa rispetto a quella
contenuta nel decreto legislativo n. 626 del 1994 e tale differenza viene
invocata dal ricorrente per escludere che la condotta di cui al capo a)
conservi natura di illecito penale; tuttavia, l'esame sistematico della
disciplina in vigore impone di giungere a un risultato diverso”. La stessa Corte
ha ricordato che il testo contenuto nell'art. 8 comma 3 del D. Lgs. n. 626/1994,
prevedendo condizioni soggettive assolutamente generali, si era posto in
contrasto con gli obblighi di specificità dei requisiti della persona
incaricata contenuti nel paragrafo 8 dell'art. 7 della Direttiva 12/6/1989 n.
89/391/CEE che invitava infatti gli Stati membri a precisare le capacità e le
attitudini della persona incaricata della sicurezza e che a tale disposizione è
seguita la decisione con cui la Corte di Giustizia CE (sentenza 15/11/2001,
causa C-49/00) ha condannato lo Stato italiano per essere inadempiente per cui
con il D. Lgs. n.195 del 2003 è stato introdotto nel D. Lgs. n. 626/1994
l'art.8-bis che poneva così rimedio al deficit normativo sanzionato dalla Corte
di Giustizia.
La Corte di Cassazione ha fatto altresì
presente che, in continuità con lo sviluppo legislativo sopraindicato, l'art.
32 del D. Lgs. n. 81/2008, riguardante le "
capacità e requisiti professionali degli addetti e responsabili dei
servizi di prevenzione e protezione interni ed esterni") ha fissato con
il comma 2 quali sono gli specifici requisiti necessari per lo svolgimento
delle funzioni da parte degli RSPP. E’ risultato così inequivoco quali fossero
le condizioni soggettive richieste alla persona
nominata come RSPP e
necessarie per lo svolgimento delle sue funzioni per cui, ha sostenuto la Sez.
IV, “
si può affermare che l'assenza dei
requisiti soggettivi necessari rende la designazione inefficace perché incapace
di offrire la necessaria e richiesta tutela agli interessi protetti, interessi
che coinvolgono il diritto del lavoratore alla salubrità e sicurezza del lavoro
e, in ultima istanza, il suo diritto alla salute”.
Per quanto riguarda la disciplina
sanzionatoria da applicare la Corte suprema ha fatto presente che gli artt. 55
e seguenti del D. Lgs, n. 81/2008 hanno sostituito gli artt. 89-94 del D. Lgs.
n. 626/1994 secondo una struttura di fattispecie che la dottrina non ha esitato
a definire "disarticolata e carente di un ordine preciso". Nonostante
tali limiti, ha fatto osservare la Sez. IV, non ci sono dubbi circa la sanzione
da applicare per il mancato rispetto dell’art. 32. L'art. 55, comma 1, lett. b),
infatti, sanziona l'ipotesi che il datore di lavoro non provveda ai sensi
dell'art. 17, comma 1, lett. b) che prevede la non delegabilità dell'atto di
designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Il
rispetto di tale obbligo comunque, ha sostenuto la Sez. IV, “
deve essere valutato in relazione alle
definizioni contenute nell'art. 2, comma 1, lett. g) e lett. l) della medesima
legge. Se la lett. l) definisce il ‘servizio di prevenzione e protezione dai
rischi’ come ‘l'insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interno
all'azienda finalizzati’ alla tutela dei lavoratori dai rischi, la lett. e)
chiarisce che l'addetto a tale servizio è ‘persona in possesso delle capacità e
dei requisiti professionali di cui all'art.32’".
“
Dall'insieme
di queste disposizioni”, ha così concluso la suprema Corte, “
emerge in modo inequivoco che l'unico modo
per il datore di lavoro di rispettare l'obbligo ex art. 17, comma 1, lett. b),
è quello di incaricare una persona in possesso dei requisiti previsti dagli
artt. 2 e 32 della medesima legge, con la conseguenza che la nomina di persona
inidonea comporta in radice la violazione dell'obbligo e deve essere considerata
inefficace. In tali termini la violazione assume rilevanza ai fini
dell'applicazione dell'art. 55” e del resto
“solo l'interpretazione qui adottata si presenta rispettosa della
disciplina contenuta nella Direttiva citata e dell'interpretazione che del
regime comunitario ha dato, con efficacia vincolante, la Corte di Giustizia
nella sentenza citata. Il che impone di considerare l'art. 55 del d.lgs. 9
aprile 2008, n. 81 in continuità con la previsione degli artt. 4 e 8-bis e
dell'art. 89 del 626/1994”.
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