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"L’RSPP che organizza la manutenzione e le emergenze è dirigente di fatto"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza
28/10/2014 -
Quando l’RSPP è dirigente di fatto
“L’aver agito
operativamente e gerarchicamente nell’organizzazione della manutenzione e dell’emergenza
fa dell’imputato un dirigente di fatto, come tale titolare di posizione di
garanzia.”
Così la sentenza di Cassazione
sul caso Thyssenkrupp
(Cass. Pen., Sez. Un., 18 settembre 2014 n.38343) sintetizza la posizione di C., l’RSPP dell’acciaieria.
La cui
“posizione di garanzia deriva, al di là dell’assenza della formale
qualifica di dirigente, dall’ampiezza delle funzioni e dei poteri all’interno
dello stabilimento torinese.”
Vediamo sulla base di quali
valutazioni.
1)
L’organizzazione
della manutenzione degli impianti
Il C.
“era responsabile, e dotato di
poteri
gerarchici, in un settore che si occupava anche di organizzare il
monitoraggio per la manutenzione degli impianti, con la collaborazione dell’ing.
L.”
Tale ruolo risultava dalla
deposizione di L. ed era stato ammesso anche dall’imputato stesso allorché
aveva
“riferito di aver messo a punto il
programma di ispezione degli impianti eseguito da L. fino alla data delle sue
dimissioni e poi passato all’ing. G.”
In particolare L.,
“oltre che responsabile della manutenzione”,agiva quale
“collaboratore di C.C.”; dunque
“l’imputato era nei fatti una figura di
primo piano nel settore della sicurezza.”
Con riferimento all’evento che
si è poi verificato, la sentenza sottolinea che
“la corretta manutenzione degli impianti rileva nella fattispecie anche
per la mancata riparazione dei due centratori del nastro sulle linee aspo 1 e
aspo 2.”
2)
La
responsabilità dell’organizzazione del personale e dei mezzi di emergenza
Oltre ad avere un ruolo di
primo piano nell’organizzazione della manutenzione,
“l’imputato era responsabile dell’organizzazione del personale e dei
mezzi di emergenza in caso di incendio”, come risulta dal fatto ad esempio
che
“da lui dipendevano i componenti
delle squadre di emergenza.”
Un ruolo che, secondo la
sentenza,
“ha una evidente connessione
con le funzioni operative di prevenzione primaria e secondaria” e che si
esplicava anche mediante precise disposizioni aziendali in materia di
organizzazione delle emergenze.
In particolare,
“si rammenta la disposizione impartita ai
capi turno di assumere su di sé anche la responsabilità dell’emergenza:
disposizione che costituisce ordine
gerarchico con il quale il dirigente
attua le direttive del datore di lavoro.”
E, anche se
“non vi è dubbio che la decisione di
attribuire al capo turno anche il governo dell’emergenza fu adottata dal
vertice dello stabilimento”, tuttavia
“l’attuazione della statuizione
costituisce tipica esplicazione del
ruolo
di collaborazione proprio del dirigente.”
Maggiori dettagli su questo punto venivano forniti dalla
sentenza di primo grado la quale, nell’attribuire al C. l’esercizio di
“poteri decisionali manifestatisi
ufficialmente all’esterno”, faceva riferimento all’
“ordine” […] intitolato “modifica
del piano di emergenza interno,
emesso
proprio da C. da lui inviato a[i colleghi]
del seguente tenore: “in allegato le nuove disposizioni sul piano di
emergenza. Se ritenete necessario, sono disponibile ad effettuare una riunione
con tutti i sorveglianti per chiarire ulteriormente le modifiche in oggetto”;
in allegato a tale e-mail, troviamo la “Comunicazione interna”, avente ad
oggetto appunto: “modifica del piano di emergenza interno” del seguente tenore:
“A seguito delle dimissioni dei Capi turno manutenzione, è stato necessario
modificare il piano di emergenza interno. In particolare è stata data la
responsabilità del piano di emergenza al capo turno produzione…”
[1]
In conclusione,
secondo la Corte,
“che egli fosse formalmente
dirigente o lo fosse solo di fatto non muta lo stato delle cose, perché
“resta
il fatto decisivo che egli è continuamente presente nei fatti che
riguardano la sicurezza”.
La differenza in termini di ruolo tra l’esercizio di fatto
del ruolo di dirigente da parte di un RSPP e lo svolgimento del ruolo
proprio dell’RSPP secondo la normativa
prevenzionale si coglie anche dal differente modo in cui la giurisprudenza
descrive ed inquadra le responsabilità dell’uno e dell’altro.
Un esempio ci viene fornito sempre dalla sentenza in
analisi, che ha condannato il C., oltre che come dirigente di fatto, anche - e
soprattutto - in qualità di RSPP.
Infatti
“il C.C. era inoltre e soprattutto responsabile
del servizio di prevenzione e protezione e tale ruolo contribuisce in modo
prioritario a fondare la sua responsabilità concorrente nei reati. Si è visto,
infatti, che in tale veste predispose i documenti di valutazione del rischio
che trascurarono il pericolo di flash fìre e le pertinenti istruzioni ai
lavoratori.”
L’RSPP riveste una “posizione di garanzia” e deve
svolgere i suoi compiti “in autonomia, nel rispetto del sapere scientifico e
tecnologico”
Un passaggio importante della
pronuncia è quello in cui la Cassazione sottolinea che il responsabile del
Servizio di Prevenzione e Protezione riveste una vera e propria “posizione di
garanzia”, illustrando in cosa essa consista concretamente.
Allorché
“la difesa contesta che egli [C.] avesse un ruolo di garante in tale
qualità [di RSPP, n.d.r.]”, infatti,
“la
pronunzia rammenta la consolidata giurisprudenza che ravvisa la responsabilità
anche in capo questa figura qualora si accerti che la mancata adozione di una
misura precauzionale da parte del datore di lavoro è il frutto dell’omissione
colposa di un suo compito professionale.”
La Cassazione specifica a questo
punto in cosa consista la posizione di garanzia dell’RSPP, premettendo che
questa
“peculiare
figura istituzionale del sistema prevenzionistico […], insieme al
medico competente, svolge un importante ruolo di collaborazione con il datore
di lavoro” e che
“il servizio, ora
previsto dagli artt. 31 e ss. del T.U, deve essere composto da persone munite
di specifiche capacità e requisiti professionali adeguati ai bisogni dell’organizzazione;
ed ha rilevanti compiti...”
E prosegue: l’RSPP
“svolge una delicata
funzione di supporto informativo, valutativo e programmatico ma è
priva di autonomia decisionale: essa, tuttavia coopera in un contesto che vede
coinvolti diversi soggetti, con distinti ruoli e competenze. In breve,
un lavoro in équipe. Alla luce di tali
considerazioni è possibile rispondere alla ricorrente domanda se i componenti
dell’organo possano assumere la veste di garante.”
E la risposta della Corte è
positiva: i membri del Servizio di Prevenzione con l’incarico assumono una vera
e propria posizione di garanzia.
Anche l’obiezione che fa
presente che l’RSPP non è destinatario di sanzioni penali in via
contravvenzionale, infatti,
“non è risolutiva
per escludere il ruolo di garante”, dal momento che
“
ciò che importa è che i
componenti del SPP siano destinatari di obblighi giuridici; e non può
esservi dubbio che,
con l’assunzione
dell’incarico, essi assumano l’obbligo giuridico di svolgere
diligentemente le funzioni che si sono
viste.”
Il soggetto che assume l’incarico
di RSPP infatti, sulla base di un contratto sottoscritto con un datore di
lavoro, si impegna a svolgere i compiti tassativamente previsti dall’art. 33
del D.Lgs.81/08 con la diligenza prevista dal codice civile.
La posizione di garanzia dei
componenti del SPP, poi, è strettamente connessa al fatto che il
“ruolo
svolto da costoro è parte inscindibile di una procedura complessa che sfocia
nelle scelte operative sulla sicurezza compiute dal datore di lavoro.
La loro attività può ben rilevare ai fini della
spiegazione causale dell’evento illecito. Si pensi al caso del SPP che manchi
di informare il datore di lavoro di un rischio la cui conoscenza derivi da
competenze specialistiche.”
Diversamente, aggiunge la
Corte, si
“rischierebbe di far gravare sul
datore di lavoro una responsabilità che esula dalla sfera della sua competenza
tecnico-scientifica. La responsabilità di tale figura è stata del resto ammessa
da diverse pronunzie della Corte di cassazione ...”
Da questo principio, in
conclusione,
“emerge la sicura
riferibilità del
ruolo di garante in
capo al C.C. ;
e l’obbligo conseguente
di svolgere in autonomia, nel rispetto del sapere scientifico e tecnologico, il
compito di informare il datore di lavoro e di dissuaderlo da scelte magari
economicamente seducenti ma esiziali per la sicurezza.”
Anna Guardavilla
[1]
Per ulteriori dettagli ed esempi sull’esercizio da parte di C. di poteri
gerarchici e decisionali manifestati all’esterno, si veda A. Guardavilla,
La condanna dell’RSPP della Thyssen e la sua
qualificazione come “dirigente di fatto”, in Puntosicuro n. 2767 del 23
dicembre 2011.
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