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"Lavoro in solitudine: il rischio del luogo di lavoro e dello stress"

fonte www.puntosicuro.it / Salute

25/02/2015 -
Pubblichiamo un articolo tratto da  “Articolo 19” n.  04/2014, bollettino di informazione e comunicazione per la rete di RLS delle aziende della Provincia di Bologna realizzato dal   SIRS  (Servizio Informativo per i Rappresentanti dei lavoratori per la Sicurezza) con la collaborazione di vari soggetti istituzionali provinciali (Provincia di Bologna, AUSL, INAIL, DPL, organizzazioni sindacali, ...).

Il lavoro in Solitudine
di Gianluca Ansaloni e Milva Carnevali
 
Analizzare il tema del lavorare in condizioni di isolamento risulta particolarmente complesso. In primo luogo perché è un argomento del quale la legislatura non si è occupata in modo organico e sistematico. Secondariamente perché, rispetto al complesso della popolazione di lavoratori, il lavoro in solitudine è sempre più presente all’interno di molteplici attività inserite in diversi comparti lavorativi.
 
I paesi nei quali questo argomento è stato maggiormente affrontato sono gli Stati del Nord America. Da ciò deriva che la maggior parte della bibliografia sull’argomento è reperibile in lingua inglese.
 
Una delle possibili definizioni del lavoro in solitudine: “Una persona è “sola” al lavoro quando non può essere vista o sentita da un’altra persona; e quando non può aspettarsi una visita da un altro lavoratore: è importante considerare con attenzione tutte le situazioni. Il lavoro in solitudine riguarda tutti i lavoratori che possono andare per un periodo di tempo in cui non hanno un contatto diretto con un collega.” (tratta da articolo della Canada’s National Occupational Health e Safety Resource)
Il lavorare in solitudine può essere affrontato in base a due possibili ricadute sulla salute di chi lo compie: da un alto il rischio vero e proprio derivante dalla mancata possibilità di venire soccorsi (sia in caso di infortunio sul lavoro, sia in caso di malore o evento accidentale) e, dall’altro, le conseguenze, meno dirette ma comunque da non trascurare, che hanno a che vedere con gli aspetti psicologici e sociali che possono avere delle ripercussioni sullo stato di benessere del lavoratore.
 
Sul primo aspetto, cioè l’ambito della sicurezza, l’interesse del mondo della tecnica e della ricerca si è esplicitato con la produzione di apparecchiature e/o sistemi di teletrasmissione (GPS, applicazioni per cellulari – APP - … ) che forniscono una parziale risposta al problema. Parziale, in quanto non sempre la tecnologia è “comoda” ed efficiente e le reti di trasmissione del segnale non sono disponibili ovunque sul territorio o in tutti i luoghi di lavoro. Ed è a questo proposito che “entra in gioco” l’organizzazione del lavoro. Il testo unico sulla sicurezza del lavoro può essere preso in esame, sia per indicazioni generali (obblighi del datore di lavoro, del rssp, del rls e dei singoli lavoratori), sia nelle specifiche sezioni dedicate alle procedure di pronto soccorso e della formazione.
 
Ricordiamo che in virtù dell’art. 17 del DLgs 81/08 la valutazione dei rischi è un obbligo che il datore di lavoro non può delegare a nessuno: riguarda tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori delle attività e luoghi in cui essa si svolge e l’organizzazione del lavoro specifica, senza alcuna differenza di genere e di età. Nel documento di valutazione è importante quindi che possano essere individuati i lavoratori che operano in solitario e l’esplicitazione della specifica valutazione dei rischi.
 
L’Accordo Stato-Regioni che implementa l’art. 37 comma 2 del D.Lgs 81/08 sulla formazione dei lavoratori indica i titoli dei contenuti della formazione specifica per i lavoratori; tra questi non viene esplicitamente menzionato il lavoro in solitudine (anche se l’ultimo punto “altri rischi” potrebbe ricomprenderlo) in quanto non rappresenta di per sé un rischio, bensì una condizione di lavoro per la quale però il lavoratore deve essere idoneamente formato. In particolare la formazione dovrà riguardare le misure di protezione da attuare in caso di emergenza, le misure di prevenzione atte ad evitare il disagio di una condizione di lavoro che lo pone per tutto l’orario o larga parte di esso in assenza di contatti con altri esseri umani. Nelle organizzazioni quindi in cui è previsto che vi siano uno o più lavoratori che operano da soli, la formazione sui rischi specifici è fondamentale. Inoltre deve essere posta particolare attenzione al “ Piano di evacuazione”. All’interno di detto piano è importante venga inserito uno specifico paragrafo in cui siano individuate le procedure di evacuazione in caso di emergenza e di necessità di primo soccorso per chi opera in solitario.
 
In questo senso il Decreto Interministeriale 24 gennaio 2011, n. 19 Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Regolamento sulle modalità di applicazione in ambito ferroviario, del decreto 15 luglio 2003, n. 388, ai sensi dell’articolo 45, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 -  pur essendo specifico per le attività del trasporto ferroviario è un esempio pratico e utile per meglio comprendere alcune delle misure che possono essere inserite nel piano di evacuazione. Misure utili a garantire idonee misure di protezione in situazioni di emergenza nell’ambito di questa particolare condizione lavorativa. Il decreto prevede la presenza del pacchetto di medicazione, di un mezzo di comunicazione idoneo e una procedura adatta ad attivare in ogni caso la richiesta di pronto soccorso con la conseguente la formazione del personale al fine di fornire adeguate informazioni, prevede di dotare il personale impiegato di idonei sistemi di telefonia fissa o di apparati radio su rete pubblica o privata, compresa la comunicazione interna, idonei a garantire la comunicazione del personale ivi presente l’attivazione della richiesta di soccorso ed a predisporre contestualmente una procedura idonea per tale attivazione anche con i servizi pubblici di pronto soccorso.
 
Non c’è dubbio quindi che accanto alle procedure e alle misure di protezione, la formazione dei lavoratori abbia un ruolo determinante per la tutela della loro salute e sicurezza; pertanto ribadiamo l’importanza di prevedere nei corsi di formazione specifica previsti dall’Accordo Stato- Regioni espliciti riferimenti al lavoro in solitario ed ai rischi ad esso correlati.
 
Il lavoro in solitudine può anche, come abbiamo già detto, comportare una sorta di disagio maggiormente riconducibile a percezioni e sensazioni che ciascun individuo “avverte” in modo differente se in presenza o meno di altri soggetti. Prima di affrontare questo argomento riteniamo utile prendere in esame alcune situazioni lavorative in cui si può ravvisare il lavoro in solitudine. 
 
RUOLI LAVORATIVI CHE PREVEDONO IL LAVORO IN SOLITUDINE (esempi)
• Autotrasportatori
• Addetti alle guardianie sia notturne, sia diurne
• Tecnici di pronto intervento per servizi di pubblica utilità che svolgono il proprio lavoro sul territorio nazionale (energia elettrica, gas, acqua, ecc.)
Addetti alle pulizie che operano in orari in cui i locali da pulire non sono “abitati”
• Addetti al controllo del funzionamento di impianti a ciclo continuo
• Addetti ai servizi di vigilanza (che spesso presidiano ampie aree attraverso monitor e telecamere …)
• Addetti al Telelavoro
 
MANSIONI CHE POSSONO ESSERE SVOLTE ANCHE IN ASSENZA DI ALTRE PERSONE (esempi)
• Lavorazioni in agricoltura
• Lavorazioni del commercio
• Lavorazioni di assistenza impianti e/o di magazzinaggio
• Addetti a particolari attività di riscossione di denaro (esempio addetti al pedaggio autostradale e/o distributori di carburante)
 
In alcuni di questi ambiti sono stati eseguiti degli approfondimenti. A titolo informativo si rimanda all’indagine svolta della Cattedra di Psicofisiologia Clinica dell’Università Sapienza di Roma (scaricabile in formato PDF dal sito Inmarcia)
 
Come abbiamo già visto dall’esame della normativa vigente in materia di lavoro in solitudine l’aspetto psicologico non viene considerato in modo lineare e diretto. Un possibile e lecito collegamento può essere riscontrato dall’obbligo di redigere un documento di valutazione sul rischio stress lavoro - correlato. Detto documento risulta essere parte integrante del documento di valutazione dei rischi (art. 28 comma 1 del D.L.gs 81/08). Per la specifica valutazione del rischio stress lavoro - correlato occorre fare riferimento ai principi generali contenuti nell’Accordo Europeo dell’8/10/2004 e ad un percorso metodologico che tenga in considerazione: gli eventi sentinella, i fattori di contenuto del lavoro e i fattori di contesto del lavoro. Tra i fattori di “contenuto” del lavoro ci preme focalizzare l’attenzione sul concetto di orario di lavoro, dato che molte delle tipologie di impiego oggetto del presente articolo fanno riferimento al lavoro notturno o articolato su turni. Mentre tra i fattori di “contesto” del lavoro, la nostra attenzione è rivolta ai concetti di autonomia decisionale. Entrambe le tematiche, l’orario e l’autonomia possono avere un forte impatto sul benessere individuale.
 
Esaminando le lavorazioni che abbiamo inserito nell’elenco possiamo pensare a cosa può comportare il lavorare in orari nei quali l’alternanza dei ritmi sonno/veglia può venire intaccata e Il dovere affrontare situazioni non sempre previste e dovere prendere delle decisioni in completa autonomia.
In particolare ci preme sottolineare quest’ultimo punto, quando cioè il lavoratore ha a che fare con scelte e/o decisioni che riguardano la sicurezza del lavoro (esempio manutenzione /riparazione/controllo di impianti e/o attrezzature pericolose). In questo caso non dovrebbe essere lasciato solo nel decidere, ma ad esso dovrebbero essere affidate tutte le indicazioni necessarie preventivamente valutate ed esplicitate nel documento di valutazione dei rischi.  
 
Conclusioni
È nostro parere che il problema analizzato risulta essere di difficile soluzione e che non esiste una “ricetta” applicabile in modo trasversale e generica per tutti gli ambienti di lavoro. Data la disomogeneità di tali ambienti e di come il lavoro viene organizzato al loro interno riteniamo che possa essere rilevante il documento di valutazione dei rischi (DVR), previsto dagli artt. 17 comma 1 e 28 del D.L.gs 81/08. Il DVR rappresenta, se redatto in modo opportuno, l’elemento fondamentale di prevenzione. L’analisi di un problema che sia di sicurezza o di attenzione alle condizioni di benessere, deve obbligatoriamente partire dall’esame della realtà operativa in cui il lavoro viene svolto. Detta realtà è rappresentata da più elementi che si interfacciano tra loro: i compiti, le responsabilità, l’ambiente, le attrezzature e gli impianti, e non ultimo, il sistema di relazione che ciascun addetto “percepisce e pratica” nel proprio ambiente lavorativo.
 
Non possiamo infine trascurare che il procedere con le scoperte tecnologiche (esempio droni, app, ecc.) se da un lato concorrono alla proliferazione di nuovi lavori da svolgersi in solitudine, dall’altro, aiutano a mettere in atto sistemi di allerta e di soccorso, così come modalità di contatto virtuali (es, teleconferenze, videochiamate, ecc.). Non dobbiamo però dimenticare la fondamentale e imprescindibile importanza di come dette attrezzature vengono poi impiegate. Chi le usa / subisce è sempre un soggetto umano inserito all’interno di un contesto lavorativo, costituito da ambienti, ruoli, compiti e regole anch’essi abitati, ricoperti, svolti e seguite da esseri umani. In definitiva il lavoro in solitudine non è di per sé “nocivo” ma lo può diventare quando le persone oltre che isolate si sentono insicure e sole.
 

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