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"Infortuni: quando il comportamento del lavoratore rompe il nesso di causalità "
fonte www.insic.it / Sentenze
17/03/2015 - La Sentenza della Cassazione Penale, Sez. 4, 02 febbraio 2015, n. 4890
vede andare assolto il datore di lavoro per insussistenza dei fatti
costituivi del reato di lesioni personali, ai sensi dell'art.590 c.p. in
collegamento all'art.583 c.p., derivante da un infortunio accaduto ad
un sua dipendente ascrivibile a titolo di colpa generica e specifica
(violazione ex art.68 del DPR.n°547/55), sul presupposto che il
comportamento della lavoratrice è stato ritenuto
esorbitante
rispetto alle svolgimento abituale delle mansioni lavorative, se pur
avvenuto all'interno del regolare svolgimento del processo produttivo
medesimo.
È stato osservato nella pronuncia che il comportamento del lavoratore perché possa qualificarsi appunto esorbitante, fonte ex se di pericolo, deve concretizzarsi, quindi, non solo nella mancata osservanza di precise norme antinfortunistiche, ma anche nel tenere una condotta, contraddistinta da un certo grado di avvedutezza tale da risultare contraria a precise direttive aziendali, a condizione però che l'evento infortunistico non sia il frutto della mancanza o dall'inidoneità delle misure di sicurezza poste in essere dal stesso datore di lavoro.
Infatti, come afferma la stessa Corte, in tutti i modi, le stesse misure per essere ritenute inidonee non devono comunque essere concretamente aggirate. Sulla scorta del principio di affidamento occorre che siano individuati quindi dei limiti ben precisi della responsabilità datoriale, al superamento dei quali gli obblighi infortunistici di ridurre al minimo i rischi vengano meno, altrimenti si configurerebbe una sorta di automatismo, trasformando il principio di garanzia in una sorta di responsabilità oggettiva per la sola posizione giuridica assunta.
Nel caso di specie, quindi, l'infortunio è accaduto nonostante gli organi lavoratori della macchina fossero opportunamente segregati con dei dispositivi di protezione e la lavoratrice formata e informata sul comportamento da tenere anche nel caso d'imprevisti malfunzionamenti nell'uso della stessa, superando le barriere dei presidi di sicurezza ha rivelato la piena consapevolezza di disattendere le prescrizioni datoriali impartitegli.
La stessa lavoratrice, infatti, allungandosi oltremodo, con il cacciavite, nella piccola feritoia di 10 cm, si esponeva di fatto al rischio per la sua stessa incolumità nel razionamento del mezzo, in assenza quindi di qualsiasi esigenza aziendale, dando vita di conseguenza ad un'azione ritenuta azzardata ed anomala, e quindi imprevedibile, qualificabile come causa sopravvenuta che di per sé ha interrotto, al fine di configurarne la responsabilità del datore di lavoro, per gli effetti di cui all'art.41, comma, 2 il nesso eziologico con l'evento infortunistico accorso alla stessa lavoratrice.
È stato osservato nella pronuncia che il comportamento del lavoratore perché possa qualificarsi appunto esorbitante, fonte ex se di pericolo, deve concretizzarsi, quindi, non solo nella mancata osservanza di precise norme antinfortunistiche, ma anche nel tenere una condotta, contraddistinta da un certo grado di avvedutezza tale da risultare contraria a precise direttive aziendali, a condizione però che l'evento infortunistico non sia il frutto della mancanza o dall'inidoneità delle misure di sicurezza poste in essere dal stesso datore di lavoro.
Infatti, come afferma la stessa Corte, in tutti i modi, le stesse misure per essere ritenute inidonee non devono comunque essere concretamente aggirate. Sulla scorta del principio di affidamento occorre che siano individuati quindi dei limiti ben precisi della responsabilità datoriale, al superamento dei quali gli obblighi infortunistici di ridurre al minimo i rischi vengano meno, altrimenti si configurerebbe una sorta di automatismo, trasformando il principio di garanzia in una sorta di responsabilità oggettiva per la sola posizione giuridica assunta.
Nel caso di specie, quindi, l'infortunio è accaduto nonostante gli organi lavoratori della macchina fossero opportunamente segregati con dei dispositivi di protezione e la lavoratrice formata e informata sul comportamento da tenere anche nel caso d'imprevisti malfunzionamenti nell'uso della stessa, superando le barriere dei presidi di sicurezza ha rivelato la piena consapevolezza di disattendere le prescrizioni datoriali impartitegli.
La stessa lavoratrice, infatti, allungandosi oltremodo, con il cacciavite, nella piccola feritoia di 10 cm, si esponeva di fatto al rischio per la sua stessa incolumità nel razionamento del mezzo, in assenza quindi di qualsiasi esigenza aziendale, dando vita di conseguenza ad un'azione ritenuta azzardata ed anomala, e quindi imprevedibile, qualificabile come causa sopravvenuta che di per sé ha interrotto, al fine di configurarne la responsabilità del datore di lavoro, per gli effetti di cui all'art.41, comma, 2 il nesso eziologico con l'evento infortunistico accorso alla stessa lavoratrice.
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