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"Sulla posizione di garanzia del preposto “di diritto” e “di fatto”"
fonte www.puntosicuro.it / Sentenze
21/09/2015 - Sono
forniti sostanzialmente dalla Corte di Cassazione in questa sentenza dei
chiarimenti sulla applicazione dell’art. 299 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 con
riferimento in particolare alla posizione di garanzia del preposto in quanto
vengono precisati quelli che sono gli elementi di distinzione fra il “preposto
di diritto” e il “ preposto di
fatto”. La sentenza riguarda in particolare la individuazione della
responsabilità o meno di un capocantiere per l’infortunio occorso ad un
lavoratore nel mentre operava su di una macchina per la mancanza dei presidi di
sicurezza previsti dalle disposizioni di legge vigenti in materia. Il
capocantiere, ha sostenuto la suprema Corte, nel momento in cui impartisce
ordini e direttive ai lavoratori per lo svolgimento delle attività di loro
competenza, ricoprendo una posizione sovraordinata agli stessi, assume di fatto
una posizione di garanzia assimilabile a quella del preposto e quindi risponde
degli obblighi di sicurezza che il legislatore ha posto a carico di
quest’ultimo.
Il fatto e l’iter giudiziario
Il Tribunale ha affermata
la penale responsabilità di un capocantiere in ordine al reato di cui agli
artt. 113 e 590 II e III comma c.p. (in relazione agli artt 711 comma e 97, I
comma D.L.vo 81/2008), perché in cooperazione colposa con il rappresentante
legale dell’impresa affidataria dei lavori di costruzione di una villa e datore
di lavoro di fatto, giudicato con separato procedimento, cagionava lesioni
gravi per colpa, in violazione di specifiche norme antinfortunistiche, ad un
lavoratore cittadino straniero irregolare sul territorio nazionale. Era accaduto, infatti, che il predetto
operaio, assunto in nero una settimana prima dell'infortunio con le mansioni di
manovale per lo svolgimento di lavori di edilizia, mentre tagliava nel cantiere
sopracitato, su ordine del capocantiere, un pezzo di legno con la sega
circolare messagli a disposizione, nonostante avesse la cuffia bloccata,
rimaneva incastrato con il guanto tra la lama e il legno, così subendo uno schiacciamento
della mano sinistra e una grave lesione giudicata guaribile in un tempo
superiore a quaranta giorni con conseguente indebolimento permanente
dell'organo.
Il giudice di primo
grado ha fondato il convincimento di colpevolezza sulla deposizione della
funzionaria dell'ASL intervenuta a seguito dell'incidente, dell'agente di
polizia locale che aveva proceduto al sequestro del macchinario e del coordinatore
della sicurezza nonché sull'esame dell'imputato e sulle dichiarazioni rese sia
dalla persona offesa che da un dipendente dell’impresa. Alla stregua di tali
fonti di prova il Tribunale, accertato che effettivamente la sega circolare
descritta non risultava in regola in quanto la cuffia di protezione, anche
quando veniva alzata, non attivava l'immediato fermo della lama rotante, era
pervenuto alla conclusione che il capocantiere “
ricoprisse in fatto un'attività di coordinamento delle attività svolte
nell'ambito del cantiere che concretamente si realizzava nell'impartire ordini
e direttive ai diversi lavoratori che materialmente vi operavano per realizzare
le attività differenziate di loro competenza, in una posizione certamente
sovraordinata in quanto ricopriva di fatto una posizione di garanzia sul piano
della prevenzione" e che in ragione di tale posizione, pertanto, nonostante
fosse al corrente della circostanza che la sega circolare di cui trattasi non
era a norma, ne consentiva l'uso da parte della persona offesa.
La competente Corte
d'Appello , adita dall'imputato, ha riformato parzialmente la sentenza del
Tribunale rideterminando la pena inflitta, ritenendo infondati i motivi
relativi al merito del procedimento posti a base del gravame di merito.
Il ricorso e le decisioni della Corte di Cassazione
L’imputato ha fatto
ricorso per cassazione adducendo varie motivazioni. Con riferimento in
particolare alla posizione di garanzia assimilabile a quella di preposto in
base alla quale era stato ritenuto responsabile del reato ascritto
attribuitagli sulla base delle dichiarazioni testimoniali indicate in sentenza,
l’imputato ha fatto presente che nella sentenza era stato omesso di considerare
che il funzionario dell'Asl aveva escluso che lui fosse capocantiere
che un teste aveva riconosciuto che il capocantiere indicato nel PSC fosse un altro
soggetto. Un altro teste, inoltre, aveva affermato che lui non aveva mai dato
direttive ai lavoratori.
I motivi esposti dal
ricorrente sono stati ritenuti infondati dalla Corte di Cassazione che ha
quindi rigettato il ricorso. Con riferimento, in particolare, alla posizione di
garanzia riconosciutagli dalla Corte di Appello la suprema Corte ha condiviso
il richiamo dalla stessa operato alla giurisprudenza costante secondo cui, “
ai fini della prova della funzione di preposto,
o comunque di supremazia rispetto al lavoratore, non è richiesto un elemento
probatorio documentale o formale, potendo il giudice del merito fondare il
proprio convincimento, così come è avvenuto nella concreta fattispecie, anche
su un compendio probatorio costituito da testimonianze e/o accertamenti fattuali,
così come precisato nella giurisprudenza di questa Corte”. “
E’ stato altresì affermato dalla Suprema
Corte”, ha così proseguito la Sez. IV, “
che
la qualifica di preposto deve essere riconosciuta con riferimento alle mansioni
effettivamente svolte nell'impresa, a prescindere da formali qualificazioni
giuridiche (Sez. 4, Sentenza n. 38691 del 28/09/2010 Ud. ,Rv. 248860)”.
Secondo la suprema
Corte, quindi, il ricorrente ha sovrapposto la figura del preposto "di
diritto", corrispondente alla definizione normativa di cui all’art. 2 del D.
Lgs. n. 81, a quella del " preposto
di fatto". Se per la prima, ha precisato la Sez. IV, è necessario, tra
l'altro, che egli abbia ricevuto un incarico dal datore di lavoro e che abbia
ricevuto direttive per l'esecuzione dei lavori, nel caso di assunzione di fatto
la posizione di garanzia deriva dal concreto espletamento dei poteri tipici del
preposto senza che vi sia una preliminare investitura da parte del datore di
lavoro. Quanto sopra si ricava, oltre che da una analisi strutturale del
fenomeno, dalla lettura dell’art. 299 del D. Lgs. n. 81/2008 in base al quale
"
le posizioni di garanzia relative
ai soggetti di cui all'art. 2, comma 1, lett. b), d) ed e), gravano altresì su
colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i
poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti". Né,
per gli stessi motivi, ha sostenuto ancora la suprema Corte, sarebbe stato pertinente
il richiamo alla disciplina della delega di funzioni di cui all’art. 16 del D. Lgs.
n. 81/2008 perché occorre tenere distinta la tematica della delega di funzioni
prevenzionistiche, la quale richiede per la sua efficacia la ricorrenza dei
requisiti esplicitamente elencati dal menzionato art. 16, da quella evocata dal
"principio di effettività". Infatti, ha così proseguito la suprema
Corte, in tema di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori può
affermarsi che il principio di effettività, se vale ad elevare a garante colui
che di fatto assume e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del
preposto, non vale a rendere efficace una delega priva dei requisiti di legge e
se nonostante tale carenza il delegato verrà chiamato a rispondere del proprio
operato sarà in quanto egli ha assunto di fatto i compiti propri del datore,
del dirigente o del preposto, e non per la esistenza di una delega
strutturalmente difforme dal modello normativo. Di conseguenza il delegante
"imperfetto" manterrà su di sé tutte le funzioni prevenzionistiche
che l'atto non è valso a trasferire ad altri e i suoi doveri non si ridurranno
all'obbligo di vigilanza di cui all'art. 16 del citato D. Lgs. n. 81/2008.
La Corte di Cassazione
ha condiviso quindi le conclusioni alle quali era pervenuta la Corte territoriale
la quale, facendo proprio l'impianto motivazionale del primo giudice, aveva
precisato analiticamente le ragioni per le quali aveva ritenuto che l’imputato,
nello svolgere le funzioni di capocantiere, avesse assunto di fatto il ruolo di preposto del
datore di lavoro e avesse assunto in concreto le sue responsabilità.
Gerardo Porreca
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