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"Storia di un incidente stradale avvenuto in occasione di lavoro"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza
06/10/2015 - l Centro regionale di Documentazione per la Promozione
della Salute della Regione Piemonte ( Dors) raccoglie
storie d'infortunio rielaborate dagli
operatori dei Servizi PreSAL delle ASL piemontesi a partire dalle inchieste di
infortunio, con la convinzione che conoscere come e perché è accaduto sia una
condizione indispensabile per proporre soluzioni efficaci per la prevenzione.
In questa storia, dal titolo “ Il buio,…..
all'improvviso”
(a cura di Michele Montresor,
Servizio PSAL della ASL di Mantova), viene affrontato il problema importante che riguarda l’organizzazione del lavoro e lo
stress di chi si trova a doversi muovere rapidamente da un luogo all’altro in
automobile o con altri mezzi aziendali.
Il buio,….. all'improvviso
a cura di Michele Montresor, Servizio PSAL della ASL di Mantova
Che cosa è successo
Un impiegato tecnico alla guida
dell’auto furgonata aziendale, durante il sorpasso di un furgone
alla velocità di 140 Km/h, si è
addormentato di colpo e ha tamponato un bilico che percorreva la corsia
autostradale a circa 80 Km/h.
Chi è stato coinvolto
Alberto, mantovano di origine e
residente in un comune limitrofo, di 32 anni, impiegato cometecnico di cantiere in un piccolo
studio di 4 addetti: il titolare, un bravo ingegnere progettista di opere in
acciaio, una giovane segretaria ed un esperto disegnatore che realizzava i vari
progetti.
Erano in quattro, ma costituivano
una squadra che, nel suo piccolo, vantava importanti clienti nei comparti
dell’edilizia, trasporti e alimentari.
Alberto, perito metalmeccanico,
all’epoca aveva una moglie e due figli di 1 e 4 anni; lavorava nello studio
professionale da 5 anni e si occupava della gestione dei cantieri, un po’ di
progettazione in ufficio e poi quasi sempre fuori, tante ore in auto per
raggiungere i fornitori, i clienti ed i cantieri, a Reggio Emilia, Varese,
Grosseto, Modena, Casalmaggiore e solo di rado a Mantova.
Alberto amava il suo lavoro, ci
metteva passione ed impegno nonostante alcune volte non sisentisse abbastanza sostenuto dal
suo capo, soprattutto quando si presentavano problemi incantiere che doveva risolvere da
solo. I margini di guadagno della ditta erano sempre risicati e se l’azienda
avesse avuto problemi economici, il suo posto di lavoro sarebbe stato a
rischio. Luicomunque dava sempre il massimo e
non di rado alcuni clienti e fornitori pensavano che fossesocio dello studio: ma così non
era.
Dove e
quando
4 maggio 1995: era una giornata ordinaria coma tante altre anche se la
notte era stata piuttosto agitata. Una bellissima giornata di maggio, un
giovedì, piena di prospettive interessanti e ricca di persone con cui lavorare,
alcune fuori dall’ordinario: per montare strutture in acciaio lassù a più di 12
metri di altezza, a volte sotto il sole cocente o nel freddo che ti spacca le
mani ci vogliono persone disponibili ad un lavoro duro e sempre lontano da
casa.
Quel giovedì, dopo essersi alzato alle sei e mezza, si è messo alla guida
dell’auto aziendale che gli serviva anche per il trasporto di piccoli materiali sui cantieri.
Quel giorno sarebbe stato in giro tutto il giorno: fornitori, il “giro”
dei cantieri ed un appuntamento da un cliente alle quattro vicino a Mantova
proprio a due passi dal casello autostradale della A22, Bagnolo san Vito,
vicino all’uscita di Mantova sud. Partito di buon mattino, ed avvisato il capo
del giro che doveva fare, si è diretto a Modena, Reggio Emilia, Montecchio
Emilia, per poi riportarsi sulla A22 in direzione Mantova per rispettare
l’appuntamento con l’agricoltore con cui la ditta aveva appena chiuso un
contratto.
Che cosa
si stava facendo
La giornata era stata decisamente intensa, soprattutto perchè aveva
avuto una accesa discussione con i montatori incontrati a Reggio Emilia su un
cantiere ove si erano riscontrati problemi di montaggio ed un possibile ritardo
nella consegna del capannone in costruzione.
Verosimilmente a causa di alcuni elementi della struttura in acciaio
sbagliati e che si sarebbero dovuti sistemare in officina, determinando così
maggiori costi ed il rischio di non rispettare i termini contrattuali.
“…..finita
la discussione con Giuseppe (il titolare della ditta di montaggio che lavorava
a Reggio Emilia – n.d.r.) mi sono rimesso in auto per recarmi a Montecchio al
fine di ritirare delle lattonerie che avrei dovuto consegnare il giorno
successivo in un cantiere di Goito (di Mantova – n.d.r.). Si era fatta oramai
l’una e per abitudine sono solito pranzare con un caffè ed una brioches: il
dopo pranzo mi mette in crisi e se prevedo di guidare preferisco stare molto
leggero per evitare i colpi di sonno. Alle 14:00 con l’auto carica sono
ripartito in direzione Reggio per riprendere l’autostrada in direzione Mantova
per recarmi a Bagnolo San Vito dove avevo un appuntamento con un agricoltore
alle 16:00 ”
Corre sulla A22. Non sopporta di arrivare in ritardo
all’appuntamento con un cliente; anzi seriesce ad arrivare qualche minuto prima,
sicuramente, fa bella figura.
A un
certo punto
All’altezza del ponte sul Po le prima avvisaglie: una serie di abbiocchi
secchi, immediati, uno dietro l’altro. Intanto l’Autogrill “Ponte Po” è
vicinissimo e Alberto pensa di fermarsi per una sosta, ma, ……. se si fosse
addormentato nella piazzola, come avrebbe potuto rispettare l’appuntamento?
Telefonare all’agricoltore per avvisarlo di un possibile ritardo non era
il caso … e poi, in fondo, mancano solo 2 Km!
A 140 Km/h in un solo minuto sarebbe arrivato al casello, e l’azienda è
lì subito dietro.
Come è abituato a fare, faccia fuori da finestrino e musica a palla,
così si dà una svegliata,……
Intanto c’è un furgone bianco da superare e subito
dopo un tir………
All’improvviso, il buio e lo schianto.
Alberto si sveglia e l’unica cosa
che pensa di fare è suonare il clacson. L’auto, che viaggiava a 140 Km/h, guidata da un
conducente inerme ha tamponato il rimorchio del tir centrando in pieno le ruote
gemellate sinistre.
E’ rimasta schiacciata sotto
all’autotreno che non accenna a fermarsi. L’olio esce dal motore distrutto e si
riversa sulle ruote gemellate del rimorchio che prosegue la sua assurda corsa.
Un fumo nero e denso si alza.
Tutto sembra assurdo, non si ricorda nemmeno cosa stava facendo poco prima,
dove si trovasse e perchè.
Nel frattempo continua
l’allucinante corsa per qualche chilometro.
Il conducente del tir, accortosi
dal fumo e pensando che, forse, un freno si fosse cotto, accosta e, scende
dalla motrice e va a guardare sul retro del rimorchio. Vista la scena, si mette
a piangere.
L’auto ha centrato in pieno le
ruote gemellate del rimorchio e le lamiere vi si sono “agganciate” determinando così l’unione dei
due mezzi che sono stati divisi solo con l’ausilio dei pompieri intervenuti sul posto poco dopo.
Per un puro caso fortuito l’auto
ha centrato le ruote gemellate sinistre del Tir determinando così la salvezza
di Alberto; è verosimile prevedere che se invece si fosse “infilata” nello
spazio tra le coppie delle ruote, l’effetto decapitazione sarebbe stato
inevitabile.
Comunque anche così la speranza
di vita è rimasta appesa solamente all’uso delle cinture di
sicurezza che, saggiamente, ha utilizzato. Se vi fosse stato un passeggero,
la sua fine sarebbe stata certa.
Cosa si
è appreso dall’incidente
Quel giorno Alberto è stato fortunato, ma anche l’uso delle cinture di
sicurezza, all’epoca non ancora obbligatorie, ha contribuito a salvargli la vita; se non
l’avesse fatto, oggi non potrebbe raccontare la sua storia. Quel giorno pochi centimetri hanno fatto la
differenza; se l’auto si fosse infilata tra le ruote del rimorchio, sarebbe
passata sotto con conseguenze assolutamente prevedibili. Invece, centrando le ruote gemellate l’abitacolo gli si è
accartocciato intorno, tant’è che il tetto dell’auto, dal suo lato, gli ha rotto gli occhiali da sole,
mentre dall’altro si è appoggiato al sedile del passeggero.
Quella notte Alberto aveva dormito solo 2 ore e mezza poiché il caffè
preso la sera prima per poter partecipare ad una riunione associativa (non lo beveva da tre
mesi) lo aveva tenuto sveglio fino alle quattro.
La frenesia del lavoro, il senso di responsabilità nel rappresentare
l’azienda e nei confronti dei suoi collaboratori, hanno influito negativamente nella gestione della
giornata di Alberto di cui era sicuramente attore protagonista ma, forse, non
l’unico responsabile.
Spesso i lavoratori tendono a dare il massimo, non avvedendosi del
pericolo che incombe, nonostante le migliori intenzioni, ritenendo di governare
le possibili difficoltà ed imprevisti.
Quel 4 maggio del 1995 Alberto si è salvato, ma quanti altri, purtroppo,
non possono più raccontare cosa è successo e come sia potuto accadere; quali le
ragioni di una svista, di una distrazione, una leggerezza, spesso anche
determinata da un contesto lavorativo difficile, incerto e faticoso, che
chiede, senza dirlo, sempre di più.
Come è
andata a finire
Da quell’incidente che, fortunatamente, non ha determinato alcun danno
fisico al lavoratore (prognosi di tre giorni), non è scaturita alcuna inchiesta
da parte dei servizi pubblici di sicurezza sui luoghi di lavoro dell’ASL di
Mantova, mentre invece l’evento ha comportato un’inchiesta amministrativa da
parte dell’ispettorato della sede mantovana dell’INAIL.
Infatti nell’anno precedente Alberto era stato coinvolto in un altro
infortunio: una caduta
da una scala in ferro all’interno di un cantiere, dalla quale ha riportato
una contusione alla colonna vertebrale con prognosi di 8 giorni. A seguito di questi due eventi,
l’Inail ha avviato un’indagine per stabilire se il premio assicurativo, in
carico alla ditta, fosse adeguato alle effettive prestazioni lavorative di
Giuseppe e, quindi, al profilo di rischio dello stesso.
(estratto dell’interrogatorio dell’ispettrice Inail del 3 luglio 1995)
“…..preciso
inoltre che sono perito metalmeccanico e da quando sono stato assunto
l’11.06.1990, svolgo mansione di impiegato tecnico. Mi occupo delle gestione
dei preventivi, ordini dei materiali, della contabilità di cantiere, una parte
di progettazione delle opere complementari alla costruzione dei capannoni
industriali in acciaio e dell’organizzazione dei trasporti e del montaggio
delle varie commesse. Per quando riguarda l’attività esterna, vado sui
cantieri, o del cliente o della ditta che ha in appalto l’opera, per fare le verifiche
di buona esecuzione e di montaggio per la buona esecuzione dell’opera;
occasionalmente mi occupo anche dei rilievi, ma sempre in appoggio all’ingegnere,
titolare della ditta. Per l’attività estera uso l’autovettura aziendale per
recarmi sui cantieri che in genere sono in provincia di Mantova, ma anche sul
Reggiano. Non segno orari per gli spostamenti su alcun registro, ma solamente
le ore che mi capita di fare in più oltre le 8 giornaliere, per recuperarle
possibilmente nella settimana; la mia attività è difficilmente programmabile.”
L’inchiesta non ha avuto ripercussioni per la ditta, l’indagine è stata
archiviata da parte dell’Istituto assicurativo. Su Alberto invece ci sono state
conseguenze soprattutto psicologiche:
per diversi anni quando si trovava in auto e alla guida c’era sua
moglie, soprattutto la sera, se gli capitava di appisolarsi sul sedile
anteriore dell’auto, improvvisamente, percependo di essere in un veicolo in movimento
e di dormire, sobbalzava di scatto con gli occhi sgranati e le mani che brandivano
in avanti – stringendo con forza le mani dell’ipotetico volante – con l’idea di
riprendere il controllo del mezzo. Ci sono voluti anni per perdere tale patologia.
In compenso Alberto ha imparato la lezione e a gestire i colpi di sonno
durante la guida degli autoveicoli; non si permette più di arrivare al
limite delle proprie possibilità ed al primo segnale di perdita di attenzione,
l’unica misura possibile è prendersi il tempo necessario per recuperare le energie
per la guida e mettersi a riposo.
Sebbene un caffè o un altro intruglio energetico potrebbero
rappresentare un aiuto a spostare l’asticella delle proprie possibilità, il rischio che tale “aiuto esterno” possa non
arrivare per tempo o non essere adeguato alla situazione, appare troppo
elevato. In fondo che cosa sono 15 minuti di fronte al resto della vita?…….. ma
bisogna passarci per rendersene conto!
Non
sarebbe successo se…
Sebbene l’attore protagonista di questa storia sia stato Alberto, è
possibile intravedere, sfumata, sullo sfondo, l’organizzazione aziendale che,
forse, ha dato un contributo alla costruzione di un ambiente
prono all’evento.
Eravamo nella prima metà del 1995, distanti solo 13 mesi dalla promulgazione
del D.lgs 19 aprile 1994, n°626. Una norma in materia di salute e sicurezza sul
lavoro che, nonostante i numerosi dispositivi, per molti aspetti rivoluzionari,
ancora stenta, culturalmente, a mantenersi in volo; non solo da parte degli
imprenditori, ma anche da parte degli altri lavoratori, autonomi compresi.
Sebbene con dovuti e diversi livelli di responsabilità. Certamente nella
ditta di Alberto, nei mesi antecedenti al maggio 1995, di “626”, degli attori
della prevenzione e di corsi di formazione, non se ne era mai sentito
parlare.
Quanto avrebbe positivamente influito nel
determinarsi dell’incidente l’attuazione di tale normativa e di una diversa
organizzazione delle giornate di Alberto, non è possibile dire con certezza; colpisce
però, oggi, la valutazione contenuta nel rapporto “Work and Commuting related
Road Accidents, 2005 & 2006” del Galles: “The main aim of collecting this
information was to identify vehicles in road accidents that were on a journey
as part of work. This is because the safety of people in the course of work can
be considered to be the responsibility of their employers.”
Traduzione “Lo scopo principale di raccogliere
questa informazione è identificare i veicoli coinvolti in incidenti
stradali avvenuti in occasione del lavoro. “Questo perché la sicurezza
delle persone che viaggiano per lavoro può essere considerata responsabilità
del datore di lavoro”.
Forse un’affermazione forte, ma che ci riporta, da
un lato all’importanza di instaurare, all’interno di ogni organizzazione (per
quanto piccola possa essere), un clima lavorativo favorevole al rispetto delle
procedure aziendali e, soprattutto, alla presa di coscienza che la sicurezza a
lungo termine rappresenta un vantaggio anche economico per l’impresa; dall’altro
che anche ai lavoratori è richiesto un salto di qualità nella partecipazione
attiva nel processo di crescita dell’azienda verso un obiettivo sicurezza che sia patrimonio dell’intera organizzazione.
Ognuno per quanto di competenza.
Oggi, a differenza del 1995, oltre alla tecnologia (vedi box 1) può venire in aiuto un insieme di
strumenti di tipo organizzativo:
· gestione adeguata dei turni e delle pause di lavoro
· attenzione generale ai segnali premonitori di quasi
incidenti o eventi di lieve entità che possono allertare il datore di lavoro
circa una ipersuscettibilità al colpo di sonno e poter stabilire, con il
lavoratore, un’adeguata strategia per limitarne i possibili danni;
comportamentali:
· corsi di guida
sicura e/o inserimento di specifici argomenti legati alla guida dei mezzi
nei corsi di formazione ex art. 37 del D.Lgs 81/08;
normativi
· attenzione all’argomento da parte dei medici
competenti in fase di visita periodica, in particolare nella redazione del
protocollo di sorveglianza sanitaria ex art. 41 del D.Lgs 81/08 il quale
potrebbe tenere in considerazione non solo le procedure di accertamento della tossicodipendenza
e dell’alcol dipendenza ma anche dell’eventuale uso di farmaci e/o comportamenti
alimentari che possono avere conseguenze sui livelli di attenzione di un
soggetto alla guida dei mezzi, di qualunque genere o natura.
Strumenti che potrebbero, se ragionevolmente applicati,
contrastare il fenomeno dell’ incidentalità
stradale in occasione di lavoro la quale, a differenza dell’incidentalità
stradale in generale, ha la possibilità di potenti strumenti di riduzione della
frequenza e del danno subito da chi sulle strade ci lavora, non solo nel
proprio interesse, ma nell’interesse dell’intera collettività.
Questa storia è dedicata a tutti quei lavoratori che non possono più raccontarci
i loro perché.
Box 1: Esempi di dispositivi da utilizzare per evitare colpi di sonno
Collare "Grillo Drinn"1: accessorio
simile ad un collare applicato al collo del guidatore; non appena la testa si
abbassa più del dovuto il collare emette un suono che richiama all’attenzione
il conducente.
Anti-Sleep Pilot1: piccolo apparecchio da
attaccare al cruscotto della macchina e che tenta di evitare i colpi di
sonno. Può essere impostato in modo da interagire con il conducente,
ponendogli delle domande e pretendendo delle risposte in tempi brevi; è anche
in grado di capire se l'automobile sta deviando pericolosamente oppure se
procede in modo "normale" e se il tempo di risposta dell’autista è
troppo lungo; in questi casi emette dei segnali di allarme per avvisare del
pericolo.
Anti sleep driving alarm1: allarme che si
posiziona sopra all'orecchio grazie ad un archetto e, nel caso la testa si
inclini per più di 30 gradi, inizia a "martellare" l'orecchio del
guidatore con un suono potente riportandolo alla realtà forzatamente.
Lane Departure Warning1 (sistema di segnalazione
di cambio corsia) con Lane Keeping Aid (ausilio al mantenimento della
corsia): una telecamera a lungo raggio monitora costantemente lo spazio
davanti alla vettura valutando la posizione dell'automobile rispetto alle
linee di demarcazione della corsia. Se le ruote del veicolo si avvicinano
alle linee di demarcazione della corsia, il conducente è avvertito tramite
una vibrazione del volante che gli permette di reagire velocemente.
Driver Alert1 (sistema di allerta del
conducente): calcola il livello di attenzione del conducente indicandolo, su
richiesta, sul cruscotto. Il livello indicato si basa sull'analisi statistica
delle informazioni relative alla corsia raccolte dalla telecamera a lungo
raggio oltre che sul comportamento del veicolo in termini di imbardata.
Inoltre, se l'attenzione del conducente scende sotto un determinato livello,
ad esempio in caso di stanchezza o colpi di sonno, il veicolo emetterà un segnale
di avvertimento.
Attention assist1: il sistema di assistenza alla
guida, basato su telecamere, rileva il battito della palpebra del conducente
tramite una telecamera a infrarossi collocata frontalmente nella zona del
volante. Se il battito rallenta, il sistema si sensibilizza. Se l'occhio
resta chiuso per più di 1,5 secondi durante la marcia viene emesso un
cicalino o altro segnale acustico di sveglia.
Volvo ha messo a punto un sistema che riconosce
il conducente e rileva se è stanco o distratto, se ha gli occhi chiusi o cosa
sta guardando.
Un sistema elettronico per rilevare i segni di
stanchezza del conducente ed invitarlo ad accostare quando necessario: si
chiama Driver Attention Alert2 ed è la soluzione sviluppata da Nissan per
limitare le conseguenze dei colpi di sonno durante la guida. Driver Attention
Alert esegue il monitoraggio degli input dell'automobilista attraverso i
sensori dell'angolo di sterzo. Il sistema ricostruisce un "modello"
di guida personalizzato ed è in grado di confrontarlo con tutti i dati
successivi, tenendo in considerazione curve, condizioni stradali, cambi di
corsia, utilizzo dei freni e persino la presenza di "falsi
positivi". Quando i dati descrivono una situazione
"compatibile" con un calo dell'attenzione, la vettura emette un
suono, mentre sul cruscotto digitale appare una tazza di caffè con un
suggerimento che invita al riposo. Il sistema (disattivabile a piacimento) si
resetta ogni volta in cui il motore si spegne.
Fonti
|
La storia “Il buio,
all’improvviso” sarà rappresentata in un cortometraggio che verrà presentato a
Mantova il 3 novembre in occasione del Convegno “Incidenti stradali in
occasione di lavoro e itinere: analisi delle circostanze e proposte operative”.
Per avere maggiori informazioni sull'evento è possibile scrivere a michele.montresor@aslmn.it
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