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"La responsabilità del direttore tecnico di cantiere e del capocantiere"
fonte www.puntosicuro.it / Sentenze
01/02/2016 - In più
occasioni la Corte di Cassazione ha sostenuto che in tema di infortuni sul
lavoro, qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascun
garante risulta per intero destinatario dell'obbligo di impedire un evento,
fino a che non si esaurisca il rapporto che ha legittimato la costituzione
della singola posizione di garanzia. In questa circostanza i soggetti ritenuti
garanti entrambi della sicurezza sono stati il direttore
tecnico di cantiere ed il capocantiere, figure inquadrabili rispettivamente
in quella del dirigente e del preposto. Questi ultimi, ha sostenuto la suprema
Corte, sono, seppure a distinti livelli di responsabilità, titolari di autonome
posizioni di garanzia dell'obbligo di dare attuazione alle norme in materia di
salute e di sicurezza sul lavoro per cui ne consegue che la nomina di un
capocantiere non implica di per sé il trasferimento a quest'ultimo della sfera
di responsabilità propria del ruolo dirigenziale del direttore tecnico. Alla
luce di tali considerazioni il direttore
tecnico di cantiere è stato ritenuto nel caso in esame responsabile
dell’infortunio occorso al capocantiere, a seguito di una sua errata
valutazione, per non essere intervenuto a verificare il rispetto delle norme di
sicurezza ed a far osservare quanto previsto nel POS e nel piano di demolizione.
Il fatto e l’iter giudiziario
La Corte d'Appello ha confermata la sentenza di condanna
emessa del locale Tribunale nei confronti del direttore tecnico di un’impresa
edile alla pena di giustizia per il reato di cui all'art. 590, III comma, c.p.
per avere cagionato ad un dipendente dell’impresa stessa quale capocantiere delle
lesioni personali consistite in una "frattura radio/ulna dx" con
prognosi iniziale di 35 giorni, prolungata fino a un totale di 73 giorni a
seguito di certificati medici rilasciati dall'INAIL alle successive visite di
controllo, per imprudenza, negligenza e imperizia e per la violazione delle
norme antinfortunistiche di cui all'art. 18 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81.
La Corte era pervenuta alla pronuncia di condanna rilevando
che l'infortunio si era verificato a seguito del cedimento, per eccessivo
carico (costituito da una benna carica appoggiata per l'asportazione dei
detriti) del solaio ove il lavoratore infortunato stava lavorando unitamente ad
altro operaio ed a seguito di un rischio del tutto prevedibile che andava
fronteggiato con le opportune e specifiche cautele, del tutto omesse. Nonostante,
infatti, il piano delle demolizioni prevedesse che l'abbattimento dei solai in
legno avrebbe dovuto essere eseguita "con gli addetti imbracati ed
ancorati a funi opportunamente tesate", tale minima misura di
salvaguardia, che avrebbe evitato l'incidente, non era stata predisposta per
cui era stata attribuita la responsabilità dell'evento all’imputato, indicato
nel POS
e nel piano di demolizione come direttore tecnico di cantiere, il quale avrebbe
dovuto in questa sua veste vigilare le attività quotidianamente svolte e
pretendere che gli operai lavorassero ancorati a funi di sicurezza.
Il ricorso per
cassazione e le decisioni della suprema Corte di Cassazione
L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo
del difensore di fiducia, sostenendo
in particolare che era stata configurata a suo carico una posizione di garanzia
che invece spettava allo stesso capocantiere (preposto) che si era infortunato
e che è stato riscontrato un vizio di motivazione ed una violazione di legge in
relazione all'art. 40, primo comma, e 41 c.p. per mancanza del nesso di
causalità tra la sua condotta omissiva e l'evento lesivo. Il ricorso è stato
però ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione che lo ha pertanto rigettato.
Quanto alla presunta infondatezza dell’accusa la Corte
suprema ha messo in evidenza che carico dell’imputato è stata attribuita sia
una colpa generica sia un profilo di colpa specifica segnatamente per la
violazione dell'art. 18 lett. f) del D. Lgs. n. 81/2008, applicabile a tutti i
settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio, che
impone ai datori di lavoro e ai dirigenti di richiedere l'osservanza da parte
dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali
in materia di sicurezza ed igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione
collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro
disposizione. L’imputato pertanto è stato posto nelle condizioni di svolgere,
così come ha svolto, ogni opportuna ed ampia attività difensiva relativamente
alla sua responsabilità.
Per quanto riguarda il nesso di causalità la Sez. IV ha
fatto presente che la Corte di merito aveva analizzato la causa del crollo del
solaio ed aveva accertato, fornendone adeguata e logica motivazione in base
alle testimonianze assunte, che non vi era stato alcun puntellamento, che vi
era stata appoggiata una benna (traslata a mezzo gru) per l'asportazione dei
materiali di risulta della demolizione, che non era stata verificata la
presenza di travi logorate per cui ha ritenuto valida la tesi del sovraccarico
concentrato, non mancando tuttavia di evidenziare come in ogni caso un solaio
risalente nel tempo e che non consentiva una precisa intelligibilità della sua
consistenza, avrebbe dovuto indurre ad adottare le misure di salvaguardia
minime, destinate a garantire la sicurezza degli operai che vi lavoravano
rispetto ai pericoli oggettivamente incombenti, perché insiti nella vetustà
dell'immobile e nella insondabilità di insidie non immediatamente percepibili. Malgrado
ciò e nonostante l'espressa previsione nel piano di demolizione sia
l’infortunato che un altro operaio lavoravano senza alcuna imbracatura e senza
alcun sistema
di ancoraggio, che ne avrebbe evitato la caduta sotto il cedimento del
piano di appoggio.
La dinamica del fatto così come individuata quindi, secondo
la Sez. IV, ha reso evidente il nesso di causalità tra l'omessa adozione della
misura di prevenzione antinfortunistica e l'evento lesivo per cui se l'operaio
fosse stato imbracato ed ancorato a funi opportunamente tese, come richiesto
dal piano delle demolizioni, sarebbe rimasto "sospeso" e non sarebbe
precipitato a terra. E’ stata quindi raggiunta la prova, oltre ogni ragionevole
dubbio, che se fosse stata attuata la condotta omessa il sinistro non si
sarebbe verificato, così come ritenuto dalla Corte territoriale.
In merito alla individuazione delle responsabilità la
Corte suprema ha quindi rammentato che “
in
tema di infortuni sul lavoro, qualora vi siano più titolari della posizione di
garanzia, ciascun garante risulta per intero destinatario dell'obbligo di
impedire l'evento, fino a che non si esaurisca il rapporto che ha legittimato
la costituzione della singola posizione di garanzia: in particolare, il
direttore tecnico ed il capo cantiere, figure inquadrabili rispettivamente in
quella del dirigente e del preposto, sono titolari di autonome posizioni di
garanzia, seppure a distinti livelli di responsabilità, dell'obbligo di dare
attuazione alle norme dettate in materia di sicurezza sul lavoro. Ne consegue
che la nomina di un capo cantiere non implica di per sé il trasferimento a
quest'ultimo della sfera di responsabilità propria del ruolo dirigenziale del
direttore tecnico”.
Dunque, se è vero, ha così proseguito la suprema Corte, che
il capocantiere è destinatario diretto dell'obbligo di verificare che le
concrete modalità di esecuzione delle prestazioni lavorative all'interno del
cantiere rispettino le normative antinfortunistiche si deve rilevare che nel
caso in esame il capo cantiere ha affermato di aver deciso autonomamente che
quel solaio poteva sopportare il carico della benna piena senza bisogno di
particolare accorgimenti di sicurezza, compiendo così una valutazione che si è
rivelata errata, ed è in ciò, ad avviso della Corte di merito, che si è incentrata
la responsabilità del direttore tecnico di cantiere il quale aveva il preciso
obbligo di verificare il minuto rispetto delle norme di sicurezza e di far
osservare quanto previsto dal POS e dal piano di
demolizione e non rimettere agli stessi dipendenti la salvaguardia della loro
incolumità.
Giuste sono state quindi ritenute in definitiva le
conclusioni alle quali è pervenuta la Corte territoriale rilevando che l'imputato
avrebbe dovuto vigilare e tenere sotto controllo le attività quotidianamente
svolte nel cantiere, evitando di consentire ai dipendenti di operare scelte
spettanti alla dirigenza e di assumere iniziative operative proprie e avrebbe
dovuto nella specie accertarsi e pretendere che gli operai lavorassero ancorati
alle funi di sicurezza come previsto dal ripetuto piano delle demolizioni e non
rimanere assente dal cantiere, sebbene informato del lavoro da svolgere, senza
aver imposto le osservanze di salvaguardia.
Gerardo Porreca
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