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"Quando il datore di lavoro ha adottato tutte le cautele possibili"
fonte www.puntosicuro.it / Sentenze
06/06/2016 -
La vicenda trattata dalla sentenza Cassazione Penale, Sez. 4, 03 marzo 2016, n. 8883
riguarda
l’incidente occorso ad un lavoratore infortunato, "che peraltro era un
soggetto particolarmente esperto di sicurezza sul lavoro essendo stato
egli stesso nominato responsabile della sicurezza dei lavoratori della
sua azienda” il quale “decide, forse per fare più in fretta, o comunque
incautamente, di salire sul tetto per meglio posizionare i fili,
percorre il tratto ricoperto da sottili lastre di eternit, che
inevitabilmente si sfondano, e precipita al suolo”.
La sentenza è incentrata su una domanda fondamentale: “ebbene, che tipo di rimprovero può rivolgersi ad un datore di lavoro o a un responsabile aziendale per la sicurezza che ha dotato il dipendente, esperto e formato in materia di sicurezza del lavoro, di tutti i presidi antinfortunistici e della strumentazione necessaria per effettuare il lavoro in sicurezza, analogo a quello che egli era chiamato a compiere da cinque anni, rispetto a siffatto comportamento? Hanno potuto incolpevolmente il datore di lavoro e il responsabile per la sicurezza della (omissis) fare affidamento sul fatto che un soggetto così esperto non ponesse in essere il comportamento che ha cagionato l'incidente?”.
La sentenza è incentrata su una domanda fondamentale: “ebbene, che tipo di rimprovero può rivolgersi ad un datore di lavoro o a un responsabile aziendale per la sicurezza che ha dotato il dipendente, esperto e formato in materia di sicurezza del lavoro, di tutti i presidi antinfortunistici e della strumentazione necessaria per effettuare il lavoro in sicurezza, analogo a quello che egli era chiamato a compiere da cinque anni, rispetto a siffatto comportamento? Hanno potuto incolpevolmente il datore di lavoro e il responsabile per la sicurezza della (omissis) fare affidamento sul fatto che un soggetto così esperto non ponesse in essere il comportamento che ha cagionato l'incidente?”.
La decisione della Cassazione è di una chiarezza esemplare: “le risposte da dare a simili quesiti sono che
nessun rimprovero può muoversi ad entrambi gli odierni ricorrenti in
un caso siffatto, in quanto gli stessi si sono legittimamente fidati
della professionalità del soggetto cui aveva affidato il lavoro da
compiersi.”
La Cassazione, in tal senso, “ha reiteratamente affermato - e si
ritiene di dover ribadire- che non vale a escludere la responsabilità
del datore di lavoro il comportamento negligente del lavoratore
infortunato che abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da
ricondurre comunque all'insufficienza di quelle cautele che, se
adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante
dal richiamato comportamento imprudente (cfr. ex multis questa sez. 4,
n. 7364 del 14.1.2014, Scarselli, rv. 259321). Tuttavia, quello che ci
occupa è proprio
un caso in cui tutte le cautele possibili da assumersi ex ante erano state assunte".
Corte di Cassazione - Cassazione Penale, Sez. 4 - Sentenza n. 8883
dell'03 marzo 2016 - Caduta dal tetto del capannone. Assoluzione di un datore
di lavoro e di un RSPP: tutte le cautele possibili da assumersi ex ante erano
state assunte.
Questo giudizio è
la conseguenza dell’analisi di una fattispecie riguardante “un elettricista esperto cui era stato
affidato un lavoro da svolgersi attraverso un elevatore e con una serie di
strumenti di protezione di cui era stato dotato. Quel lavoro - secondo quanto
ricostruito da un teste esperto (tecnico del Dipartimento di Prevenzione
e del Servizio di Protezione e Sicurezza degli Ambienti del Lavoro della ASL
RMF) e come ha ricordato il responsabile
del servizio di prevenzione e protezione della ditta committente - poteva e
doveva essere posto in essere in sicurezza dall'elevatore. L'elettricista in
questione, che peraltro era un soggetto particolarmente esperto di sicurezza
sul lavoro essendo stato egli stesso nominato responsabile della sicurezza dei
lavoratori della sua azienda, decide, forse per fare più in fretta, o comunque
incautamente, di salire sul tetto per meglio posizionare i fili, percorre il
tratto ricoperto da sottili lastre di eternit, che inevitabilmente si sfondano,
e precipita al suolo.
Ebbene, che tipo di rimprovero può rivolgersi ad un datore di lavoro o a un responsabile aziendale per la sicurezza che ha dotato il dipendente, esperto e formato in materia di sicurezza del lavoro, di tutti i presidi antinfortunistici e della strumentazione necessaria per effettuare il lavoro in sicurezza, analogo a quello che egli era chiamato a compiere da cinque anni, rispetto a siffatto comportamento? Hanno potuto incolpevolmente il datore di lavoro e il responsabile per la sicurezza della ditta dell’infortunato fare affidamento sul fatto che un soggetto così esperto non ponesse in essere il comportamento che ha cagionato l'incidente?
Le risposte da dare a simili quesiti sono che nessun rimprovero può muoversi ad entrambi gli odierni ricorrenti in un caso siffatto, in quanto gli stessi si sono legittimamente fidati della professionalità del soggetto cui aveva affidato il lavoro da compiersi”.
Ebbene, che tipo di rimprovero può rivolgersi ad un datore di lavoro o a un responsabile aziendale per la sicurezza che ha dotato il dipendente, esperto e formato in materia di sicurezza del lavoro, di tutti i presidi antinfortunistici e della strumentazione necessaria per effettuare il lavoro in sicurezza, analogo a quello che egli era chiamato a compiere da cinque anni, rispetto a siffatto comportamento? Hanno potuto incolpevolmente il datore di lavoro e il responsabile per la sicurezza della ditta dell’infortunato fare affidamento sul fatto che un soggetto così esperto non ponesse in essere il comportamento che ha cagionato l'incidente?
Le risposte da dare a simili quesiti sono che nessun rimprovero può muoversi ad entrambi gli odierni ricorrenti in un caso siffatto, in quanto gli stessi si sono legittimamente fidati della professionalità del soggetto cui aveva affidato il lavoro da compiersi”.
Qui
di seguito i
principi fondamentali
di questa lunga e interessantissima sentenza.
Massima
Il sistema della normativa antinfortunistica si è lentamente trasformato
da un
modello "iperprotettivo", interamente incentrato sulla
figura del datore di lavoro che, in quanto soggetto garante era investito di un
obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori (non soltanto fornendo i
dispositivi di sicurezza idonei, ma anche controllando che di questi i
lavoratori facessero un corretto uso, anche imponendosi contro la loro
volontà), ad un
modello "collaborativo" in cui gli obblighi
sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori (Cass. Pen. sez. 4,
n. 41486 del
5.5.2015, Viotto, non mass.).
Tale principio, normativamente affermato dal Testo Unico della Sicurezza
sul Lavoro di cui al D.Lgs
9.04.2008 n. 81, naturalmente non ha escluso che permanga la
responsabilità del datore di lavoro, laddove la carenza dei dispositivi di
sicurezza, o anche la mancata adozione degli stessi da parte del lavoratore,
non può certo essere sostituita dall'affidamento sul comportamento prudente e
diligente di quest'ultimo (Cass. Pen. sez. 4, n. 41486 del
5.5.2015, Viotto, non mass.).
In giurisprudenza, dal principio "dell'
ontologica irrilevanza
della condotta colposa del lavoratore" (che si rifà spesso all'art.
2087 del codice civile), si è passati - a seguito dell'introduzione del D. Lgs.
626/94 e, poi del T.U. 81/2008 -
al concetto di "
area di rischio" (cfr. sez. 4, n. 36257 del
1.7.2014, rv. 260294; sez. 4, n. 43168 del
17.6.2014, rv. 260947; sez. 4, n. 21587 del
23.3.2007, rv. 236721)
che il datore di lavoro è chiamato a valutare in via
preventiva (Cass. Pen. sez. 4, n. 41486 del
5.5.2015, Viotto, non mass.). Strettamente connessa all'area di rischio che
l'imprenditore è tenuto a dichiarare nel DVR, si sono, perciò, andati ad
individuare i criteri che consentissero di stabilire se la condotta del
lavoratore dovesse risultare appartenente o estranea al processo produttivo o
alle mansioni di sua specifica competenza. Si è dunque affermato il
concetto
di comportamento "esorbitante", diverso da quello "abnorme"
del lavoratore. Il primo riguarda quelle condotte che fuoriescono
dall'ambito delle mansioni, ordini, disposizioni impartiti dal datore di lavoro
o di chi ne fa le veci, nell'ambito del contesto lavorativo, il secondo,
quello, abnorme, già costantemente delineato dalla giurisprudenza di questa
Corte di legittimità, si riferisce a quelle condotte poste in essere in maniera
imprevedibile dal prestatore di lavoro al di fuori del contesto lavorativo,
cioè, che nulla hanno a che vedere con l'attività svolta. La recente normativa
(T.U. 2008/81) impone anche ai lavoratori di attenersi alle specifiche
disposizioni cautelari e comunque di agire con diligenza, prudenza e perizia. Le
tendenze giurisprudenziali si dirigono anch'esse verso una maggiore
considerazione della responsabilità dei lavoratori (c.d. "
principio di
autoresponsabilità del lavoratore”). In buona sostanza, si abbandona il
criterio esterno delle mansioni e "si sostituisce con il parametro della
prevedibilità intesa come dominabilità umana del fattore causale" (Cass.
Pen. sez. 4, n. 41486 del
5.5.2015, Viotto, non mass.).
Il datore di lavoro non ha più, dunque, un obbligo
di vigilanza assoluta rispetto al lavoratore, come in passato, ma una volta che
ha fornito tutti i mezzi idonei alla prevenzione ed ha adempiuto a tutte le
obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, egli non risponderà
dell'evento derivante da una condotta imprevedibilmente colposa del lavoratore.
Questa Corte Suprema ha reiteratamente affermato - e si ritiene di dover
ribadire- che non vale a escludere la responsabilità del datore di lavoro il
comportamento negligente del lavoratore infortunato che abbia dato occasione
all'evento, quando questo sia da ricondurre comunque all'insufficienza di
quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il
rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente (cfr. ex multis questa
sez. 4, n. 7364 del
14.1.2014, Scarselli, rv. 259321). Tuttavia, quello che ci occupa è proprio un
caso in cui tutte le cautele possibili da assumersi ex ante erano state assunte
dal datore di lavoro e per quanto di competenza dal Responsabile del Servizio
di Prevenzione e protezione, imputato.
Il giorno dei fatti il dipendente infortunato della ditta ove lavorava da
5 anni con la qualifica di elettricista manutentore, si è recato su incarico
della propria azienda presso un capannone della azienda cliente ove doveva,
all'esterno, montare dei faretti; qui lo stesso era salito, a mezzo di un
elevatore oleodinamico (trattasi del cestello
con braccio meccanico che porta gli operai nelle parti alte ove si deve
operare) messogli a disposizione dalla Omissis, sopra il tetto; una volta sul
tetto il (omissis) ha camminato sopra delle lastre
di fibrocemento ivi presenti - poste ad unire i cordoli di cemento che
costituiscono l'ossatura del tetto - che cedendo ne hanno provocato la sua
caduta, da un'altezza di circa 6/7 metri, che ha prodotto le gravi lesioni
indicate nel capo a) di imputazione. In particolare, dalle dichiarazioni rese
dal un teste ed anche dal responsabile per la sicurezza della azienda
dell’infortunato, è emerso che il lavoratore infortunato si era recato presso
la ditta cliente su incarico del suo datore di lavoro, amministratore unico
della ditta di cui era dipendente in quanto doveva fare un sopralluogo in
relazione a dei lavori di manutenzione ed installazioni di fari sul capannone
ivi presente.
In questa occasione, due operai, tra cui l’infortunato, erano saliti
sull'elevatore per effettuare una ricognizione sui lavori che dovevano essere
realizzati.
Al riguardo vi è
una differenza tra il racconto dei due in quanto, a detta dell’infortunato, i
due salivano anche sul tetto passando sopra quelle lastre che il giorno dopo
sarebbero cedute provocando l'infortunio per cui è processo; diversamente a
detta dell’altro operaio, lui saliva sul tetto per altri motivi (doveva
controllare i condizionatori), ma senza camminare sulle lastre restando nei
cordoli di cemento.
Correttamente, nel caso di specie, il giudice di primo
grado aveva individuato come punto centrale del
thema decidendi, nelle diverse versioni ascoltate dai testi, quello
di capire la
necessità o meno per l’infortunato, di salire su quel tetto.
E di comprendere se avesse detto il vero l'elettricista, che poi era caduto
sfondando il tetto, quando aveva riferito che nel sopralluogo del giorno prima
fatto con il collega si era capito che era necessario fare i lavori salendo sul
tetto e che di questa esigenza ne aveva parlato con il responsabile del
servizio prevenzione e protezione dei lavoratori della ditta. L’infortunato
aveva aggiunto, poi, che l’elevatore doveva servire solo a portarlo sul tetto
dal quale avrebbe dovuto svolgere tutti i lavori.
Ebbene, il giudice di primo grado, con motivazione assolutamente logica, aveva, però, rilevato che tale ricostruzione dei fatti risultava dalle sole dichiarazioni della parte lesa, mentre ad una soluzione diversa portavano le altre testimonianze e la logica dei luoghi. Innanzitutto, veniva posto il rilievo come il RSPP avesse indicato che, dovendo i lavori avere ad oggetto l'installazione di faretti da apporre nella parte frontale - perimetrica esterna - del capannone, non era possibile svolgere gli stessi dal tetto ma era necessario, come verificato anche in loco, usare unicamente l'elevatore.
Ebbene, il giudice di primo grado, con motivazione assolutamente logica, aveva, però, rilevato che tale ricostruzione dei fatti risultava dalle sole dichiarazioni della parte lesa, mentre ad una soluzione diversa portavano le altre testimonianze e la logica dei luoghi. Innanzitutto, veniva posto il rilievo come il RSPP avesse indicato che, dovendo i lavori avere ad oggetto l'installazione di faretti da apporre nella parte frontale - perimetrica esterna - del capannone, non era possibile svolgere gli stessi dal tetto ma era necessario, come verificato anche in loco, usare unicamente l'elevatore.
Anche la presa della
corrente alla quale collegare questi faretti era poi presente sempre in questa
parte esterna del capannone, per cui era assolutamente verosimile che tutto il
lavoro potesse e dovesse essere effettuato a
mezzo dell'elevatore messo a disposizione, a mezzo anche di un operatore,
dal una ditta specializzata. Per quanto riguarda i fili si era stabilito che
gli stessi sarebbero stati posati sul tetto dall'elevatore dietro il muretto
presente nella parte periferica del capannone. In ordine alla possibilità che i
fili potessero essere collocati dall'elevatore e senza salire sul tetto -
ricordava ancora il giudice di primo grado - si era espresso anche l'ispettore
della ASL, (omissis) intervenuto sul posto nella immediatezza dei fatti, che
aveva indicato come l'impianto interessasse la parte perimetrica del capannone
e come, per la sua posa in opera, fosse necessario iniziare dalla parte bassa
dell'edificio, per poi salire in quota. Aveva poi aggiunto che per svolgere
quei lavori era necessario e sufficiente usare l'elevatore oleodinamico con
piattaforma che, in effetti, era presente sul posto.
Dunque il giudice di primo grado aveva anche ricordato
come l'ispettore della ASL avesse
precisato specificamente che anche la canalizzazione dei fili poteva avvenire
dall'elevatore senza necessità di salire
sul tetto. Inoltre, la corrente doveva essere presa da una parte esterna
del fabbricato, sempre accessibile a mezzo dell'elevatore messo a disposizione
da ditta specializzata e che rispettava gli standard di sicurezza anche in
relazione al lavoro da effettuare.
La Corte d’Appello che
aveva ribaltato la decisione di primo grado condannando gli imputati ha effettivamente
omessa o comunque travisata la valutazione di una prima prova decisiva: la
possibilità che tutte le operazioni fossero svolte dall'elevatore Manitou di
cui l'operaio era dotato e che tale modalità era quella concordata con l’imputato
RSPP. Dunque gli imputati avevano scelto di far eseguire il lavoro a bordo
dell'elevatore, mettendo a disposizione tutte le necessarie attrezzature ed
impartendo le direttive organizzative e le precise modalità con cui svolgere il
lavoro.
Era da prevedersi che un operaio dotato di
siffatta qualificazione ponesse in essere un comportamento del genere?
Sul punto va ricordato
che, come affermato nella recente sentenza
delle Sezioni Unite n. 38343/2014 sul
c.d. caso Thyssenkrupp, in tema di colpa, la necessaria prevedibilità
dell'evento - anche sotto il profilo causale - non può riguardare la
configurazione dello specifico fatto in tutte le sue più minute articolazioni,
ma deve mantenere un certo grado di categorialità, nel senso che deve riferirsi
alla classe di eventi in cui si colloca quello oggetto del processo (Cass. Sez.
Un., n. 38343 del
24.4.2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, rv. 261103 nella cui motivazione la
Corte ha precisato che, ai fini della imputazione soggettiva dell'evento, il
giudizio di prevedibilità deve essere formulato facendo riferimento alla
concreta capacità dell'agente di uniformarsi alla regola, valutando le sue
specifiche qualità personali).
Inoltre, è stato
precisato che nel reato colposo omissivo improprio,
il rapporto di causalità
tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo
coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua
di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta deve essere
fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle
generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato
sull'analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità
del caso concreto (Cass. Sez. Un., n. 38343 del
24.4.2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, rv. 261103; conf. sez. 4, n. 49707
del 4.11.2014, Incorcaia ed altro, rv. 263284; sez. 4, n. 22378 del
19.3.2015, PG in proc. Volcan ed altro, rv. 263494).
Ebbene, la risposta in
termini di possibile prevedibilità dell'evento non può che essere che il
comportamento posto in essere dall’operaio infortunato non era azoicamente (e
pienamente) prevedibile.
Il datore di lavoro non ha più, dunque, un obbligo
di vigilanza assoluta rispetto al lavoratore, come in passato, ma una volta che
ha fornito tutti i mezzi idonei alla prevenzione ed ha adempiuto a tutte le
obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, egli non risponderà
dell'evento derivante da una condotta imprevedibilmente colposa del lavoratore. Questi principi si attagliano specificamente al caso di specie, essendo
rimaste provate non solo la valutazione preventiva del rischio derivante dallo
svolgimento in quota dei lavori di sostituzione dei faretti e di posizionamento
dei fili, ma anche la concreta dotazione al lavoratore, nel frangente
dell'Infortunio, degli strumenti idonei ad effettuare tali tipi di lavoro in
sicurezza. Ne deriva, l'assenza di violazione della norma cautelare che, idonea
forse, ad influire sotto il profilo della tipicità oggettiva del reato, lo è
certamente sotto il profilo soggettivo dell'assenza di colpa.
Rolando Dubini, avvocato in
Milano
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