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"Il controllo medico dei lavoratori a rischio di tumori professionali"
fonte www.puntosicuro.it / Sorveglianza Sanitaria
29/06/2016 -
La Regione Toscana ha pubblicato l’aggiornamento delle “ Linee guida di prevenzione oncologica. Cancerogeni occupazionali: prevenzione ed emersione dei tumori professionali”, un’edizione che offre un contributo più ampio al tema della prevenzione e all'emersione dei tumori professionali e
che è stato elaborato da un gruppo di lavoro coordinato da Lucia Miligi
(SS di Epidemiologia ambientale e occupazionale, Istituto per lo studio
e la prevenzione oncologica, Firenze).
Ne riportiamo un brano che affronta il tema della sorveglianza sanitaria degli esposti a cancerogeni e il ruolo dei medici competenti.
Il controllo medico dei lavoratori a rischio di tumori professionali; rapporto
con i medici competenti
La sorveglianza sanitaria degli
esposti a cancerogeni è obbligatoria ai sensi del D.Lgs. 81/08 e il medico
competente è chiamato a confrontarsi con le note difficoltà legate alla
latenza, alla molteplicità delle esposizioni e degli organi bersaglio,
all’abituale mancanza di test di screening validati, soprattutto in assenza di
condizioni di rischio elevato e di esami idonei a evidenziare condizioni precoci
di danno o lesioni precancerose.
L’art. 225 inserisce la
sorveglianza sanitaria fra le misure specifiche di protezione dagli agenti
chimici da adottarsi affinché il rischio sia ridotto, sottolineando che il
significato della sorveglianza sanitaria deve andare ben oltre la sola
espressione del giudizio d’idoneità individuale. L’art. 237 chiede al medico
competente di indicare al datore di lavoro le misure protettive particolari da
disporre per quelle categorie di lavoratori per i quali l’esposizione a
particolari cancerogeni o mutageni presenta rischi particolarmente elevati.
Il compito del medico competente
non può limitarsi all’allontanamento dei lavoratori a rischio, ma deve essere
quello di fornire indicazioni per ridurre l’esposizione specifica. L’art. 242
richiama i principi da applicare per la protezione dei lavoratori tramite la
sorveglianza sanitaria:
- collegamento fra risultati
sanitari e azione preventiva: adozione di esami clinici e biologici le cui
risultanze possano indicare per i singoli lavoratori la necessità di adottare
misure preventive e protettive;
-
utilizzo di dati collettivi: attenzione ad anomalie imputabili a
esposizione di più lavoratori a uno stesso agente che indichino al datore di
lavoro l’aggiornamento nella valutazione e gestione del rischio;
- coinvolgimento della medicina
di base: indirizzo verso l’esecuzione di sorveglianza sanitaria anche dopo la
cessazione dell’attività lavorativa;
- approccio epidemiologico:
l’invio a INAIL di dati d’esposizione a fini epidemiologici a ogni cessazione.
Il valore degli enunciati sopra
richiamati è elevato, ma si scontra con obiettive difficoltà, tra cui la mancanza
d’indicatori clinici e biologici soddisfacenti, la complessità del sistema informativo
nazionale, la disomogeneità qualitativa nella valutazione delle esposizioni,
pensata più per le grandi aziende che le piccole imprese, caratterizzate dalla
precarietà del lavoro e delle esposizioni.
A questo si aggiunga la
difficoltà di reperire risorse da dedicare alla sorveglianza degli ex esposti. Il
principale strumento di registrazione dei dati sanitari e di esposizione è la
cartella sanitaria e di rischio che, adeguatamente compilata e, al momento
della cessazione del lavoro, consegnata al lavoratore, costituisce il documento
attestante le esposizioni a livello individuale effettive o potenziali,
storiche e attuali. In linea generale, lo strumento maggiormente efficace nella
sorveglianza sanitaria per il controllo del rischio degli esposti o
potenzialmente esposti a cancerogeni è l’anamnesi lavorativa, soprattutto se
corredata dalla conoscenza e dalla registrazione dei livelli di esposizione
caratterizzati anche solo in modo semi quantitativo. Solo l’anamnesi può
rendere conto di esposizioni che il D.Lgs. 81/08 definisce “anomale”, termine
che comprende non solo le “esposizioni non prevedibili” (art. 240), ma anche
quelle legate a interventi non continuativi, tipici, per esempio, delle
manutenzioni ordinarie o straordinarie, durante le quali è possibile o addirittura
prevedibile il realizzarsi di condizioni d’esposizione aggiuntiva, anche
lavorando su cicli chiusi.
Gli obiettivi della raccolta
anamnestica sono:
- ottenere dati utili a orientare
il datore di lavoro nella riduzione del rischio;
- informare il lavoratore sul suo
specifico rischio e formarlo sulle azioni per governarlo;
- orientare l’uso dei DPI in
funzione dei compiti da svolgere e delle esigenze di ergonomicità;
- gestire le problematiche
dell’idoneità con cognizione di causa, consapevoli anche dei rischi legati
all’espressione di limitazioni o di inidoneità;
- raccogliere le informazioni
necessarie a definire il possibile nesso di causa con eventuali patologie, a
fini previdenziali, medico legali e scientifici.
Deve essere, inoltre, ben chiaro
anche ai lavoratori ciò che la sorveglianza sanitaria non può offrire. Innanzitutto,
di fronte a un rischio d’esposizione a cancerogeni, non può essere uno
screening se non ne esistono i criteri necessari, che lo configurano, cioè,
come un programma di sanità pubblica rivolto a una ben definita popolazione,
considerata a particolare rischio per età o per altre caratteristiche, alla
quale è attivamente offerto un test di facile esecuzione, innocuo, ripetibile e
facilmente accettabile, al fine di cogliere una malattia pre-tumorale o
tumorale nelle sue prime fasi di sviluppo, in modo da garantire un tempestivo
intervento terapeutico.
Possono, però, essere presi in
considerazione, altri strumenti che non hanno le caratteristiche dei programmi
di screening, come, per esempio, la visita dermatologica periodica agli esposti
alle radiazioni ultraviolette o la somministrazione del questionario
sintomatologico agli esposti a polveri di legno e cuoio (utile a selezionare i
casi da inviare alla fibroscopia delle fosse nasali posteriori) o, ancora,
l’esecuzione e la lettura di indagini radiografiche secondo ILO negli esposti a
polveri silicotigene, per la ricerca di segni iniziali di silicosi, che
costituisce una condizione di più elevato rischio per il cancro del polmone e
può indirizzare verso la selezione di una popolazione a rischio per la quale
valutare l’opportunità di screening secondo i protocolli sull’esecuzione della
TC a basse dosi in gruppi ad elevato rischio (compatibile con quello di
fumatori od ex fumatori di >30 pack/year).
Ottimizzare la sorveglianza
sanitaria per i lavoratori a rischio di tumori professionali significa, in buona
sostanza, porre il medico competente nelle condizioni di raccogliere tutte le
informazioni necessarie a contribuire a migliorare il controllo delle
esposizioni. Il medico competente ha anche il compito di esprimere un giudizio
d’idoneità.
La latenza delle neoplasie porta
ad attribuire i casi insorti oggi a condizioni espositive lontane, spesso non
più esistenti o profondamente modificate.
Tuttavia, capita anche di doversi
esprimere sull’idoneità al rientro al lavoro in mansioni con esposizione
analoga a quella eziologicamente rilevante: è il caso, per esempio, del tumore
del naso in un falegname, che, vista la professionalità richiesta da questo
mestiere, chiederà di rientrare in ambienti dove, per quanto si possa
rispettare gli attuali TLV, difficilmente si potrà garantire l’assenza del
rischio. In questo, come in altri casi analoghi, il rientro in lavori con
rischio d’esposizione residuo dovrebbe essere sconsigliato in via precauzionale,
soprattutto nei soggetti più giovani e con maggior aspettativa di anni di
lavoro. In alcuni casi, gli esiti
chirurgici possono di per sé controindicare il rientro, in presenza di rischio residuo.
Al contempo, non può essere ignorata la ricaduta di una dichiarazione
d’inidoneità a una mansione, che potrebbe espellere dal mondo del lavoro
soggetti che, per età e per professionalità, sono difficilmente ricollocabili
in altro settore, con un rischio di danni sociali e sanitari da disoccupazione assai
più elevati rispetto al rischio di una eventuale recidiva.
Da questo punto di vista, ogni
caso ha una sua storia, sia per la particolarità della patologia sia per le
differenti condizioni di lavoro e di esposizione e non esiste un criterio di
giudizio univoco.
Si può, però, indicare una serie
di variabili di cui tenere conto e da soppesare, per l’espressione finale del
giudizio d’idoneità, tenendo presente che il ruolo del medico competente deve
essere, anche in questi casi, orientato più a indirizzare il lavoratore verso
la scelta autonoma e consapevole più consona alle sue esigenze che non a
imporre, con un rigido giudizio d’idoneità, condizioni che ne sconvolgano
l’esistenza stessa:
- condizioni generali del
lavoratore: età, attesa di vita, condizioni psicofisiche;
- valutazione del rischio
d’esposizione e delle possibilità di contenimento del rischio residuo, compreso
l’uso di DPI;
- possibilità di limitazioni nei
compiti, cambi mansione o ricollocazione.
Regione Toscana - Consiglio
Sanitario Regionale - Linee guida di prevenzione oncologica. Cancerogeni occupazionali:
prevenzione ed emersione dei tumori professionali , edizione 2016 (formato PDF, 416 kB).
Appendice A - Elenco degli agenti classificati con sufficienti o
limitate prove negli esseri umani per le diverse sedi tumorali, volumi da 1 a
113 (da classificazioni IARC modificata, ultimo accesso 22 agosto 2015).
(formato PDF, 54 kB)
RPS
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