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"Il sovraccarico biomeccanico e la valutazione del rischio"
fonte www.puntosicuro.it / Rischio Movimentazione dei Carichi
27/07/2016 - Diversi articoli di PuntoSicuro hanno sottolineato come nei paesi industrializzati le
patologie muscoloscheletriche rappresentino
ormai una delle più diffuse malattie da lavoro. E in relazione ad “un
più sensibile e diffuso meccanismo di riconoscimento della natura
professionale di tali malattie, negli ultimi anni si è assistito ad un
progressivo aumento del numero di denunce di tali patologie lavoro
correlate (Work-related Musculoskeletal Disorders, WMSDs) presentate
all'INAIL”. E i settori/comparti lavorativi che sono interessati a
questa tipologia di rischio sono numerosi, generalmente caratterizzati
“da un elevato grado di impegno diretto di manualità da parte degli
addetti”. Ad esempio nelle attività caratterizzate da “processi che
prevedono montaggio, assemblaggio, microassemblaggio, cablaggio a ritmi
prefissati e/o elevati”. E ci sono poi settori caratterizzati da
cicli produttivi ripetitivi,
“non uniformabili ad un processo tipo ‘catena di montaggio’, ma
costituiti da sequenze di operazioni complesse e non pienamente
automatizzabili”.
A parlare in questi termini del sovraccarico biomeccanico
nei luoghi di lavoro, con particolare riferimento alla valutazione dei
rischi, è uno dei contributi presenti nella pubblicazione “ Le malattie professionali. Aspetti clinici ed assicurativi”,
curata dalla Direzione regionale Campania dell’Inail. Una pubblicazione
che raccoglie gli atti di un corso quadrimestrale di formazione sulle
malattie professionali per operatori sanitari e consulenti delle parti
che si è tenuto nel 2012 a Napoli.
L’intervento “
Malattie da sovraccarico biomeccanico di origine professionale. La valutazione del rischio specifico”,
a cura di Daniela Ferrante e Manrico Casale (Professionisti Contarp -
INAIL Campania), ricorda che le malattie da sovraccarico biomeccanico
sono patologie a carico delle strutture osteomuscolo-tendinee che
“possono essere correlate ad attività lavorative caratterizzate da un
costante impegno funzionale del distretto corporeo interessato. Lo
sviluppo di queste tecnopatie è legato prevalentemente alla movimentazione manuale di carichi, all’effettuazione di compiti ripetitivi, all’assunzione di posture incongrue e all’esposizione a vibrazioni”.
Gli autori indicano che in questo caso la
valutazione del rischio
“si fonda principalmente sull'analisi delle modalità di svolgimento
dell'attività lavorativa, con particolare riguardo ai fattori di rischio
principali quali: elevata ripetitività/frequenza dei movimenti, impegno
di forza elevato, presenza di posture incongrue, inadeguati periodi di
recupero, utilizzo di strumenti vibranti, eventuali fattori di rischio
secondari (microclima sfavorevole, presenza di contraccolpi e movimenti
bruschi, compressioni localizzate su segmenti anatomici da parte di
utensili, oggetti o piani di lavoro, ecc.)”. E in letteratura sono
disponibili varie procedure di valutazione del rischio “ognuna delle quali tenta di quantificare, sia pure con diverse concezioni metodologiche, il contributo dei singoli fattori”.
In particolare accanto alle liste di controllo (le check list) che
permettono di “inquadrare rapidamente le postazioni di lavoro (o le fasi
lavorative) su cui è necessario intervenire con opportune misure di
prevenzione, si trovano protocolli di analisi più complessi che
conducono alla definizione di un indice di esposizione, derivato
dall’integrazione delle informazioni di natura organizzativa, ottenute
tramite l’elaborazione di elementi raccolti sui luoghi di lavoro, con
dati di natura biomeccanica relativi al gesto tecnico preso in esame”.
In questo panorama di riferimento – continuano gli autori – “assumono particolare rilievo le norme tecniche della
serie ISO 11228, espressamente citata dall’Allegato XXXIII del D.Lgs. 81/2008, che adotta metodi di analisi già adeguatamente validati: il
metodo NIOSH per la misura degli indici di rischio nelle attività di sollevamento dei carichi (ISO 11228 Parte 1); il
metodo Snook e Ciriello per la valutazione del rischio nelle attività di traino e spinta (ISO 11228 Parte 2); il
metodo OCRA per la valutazione del rischio nelle attività che comportano movimenti ripetuti (ISO 11228 Parte 3)”.
Nell’analisi del rischio da sovraccarico biomeccanico assume
inoltre un peso rilevante la “misura dell’esposizione a vibrazioni
meccaniche, derivanti dall’utilizzo di utensili manuali (vibrazioni del
sistema mano-braccio) oppure di automezzi di vario tipo (vibrazioni al
corpo intero)”.
Rimandando ad una lettura integrale del contributo riportiamo brevemente alcune indicazioni relative alle tre parti della
serie ISO 11228:
-
ISO 11228 Parte 1. Sollevamento e trasporto: la
parte 1 delle norme tecniche della serie ISO 11228 “fa riferimento al
metodo predisposto da NIOSH al fine di valutare il contributo al
sovraccarico biomeccanico dovuto alle singole azioni di sollevamento
manuale di carichi. Per ogni azione di sollevamento, infatti, il metodo
calcola il cosiddetto ‘peso limite raccomandato’. Tale calcolo viene
effettuato a partire dal massimo peso sollevabile in condizioni ideali
(Massa di Riferimento – Mref). A tale peso si applica una equazione che
considera l’eventuale esistenza di elementi sfavorevoli durante il
sollevamento”;
-
ISO 11228 Parte 2. Spinta e traino: “la analisi
del rischio di sovraccarico biomeccanico nelle attività di traino e
spinta è legata principalmente alla valutazione di due forze che
l’operatore applica per lo svolgimento del compito: la forza iniziale
(FI), necessaria per vincere l’inerzia dell’oggetto, e la forza di
mantenimento (FM) che deve prevalere sulle forze di attrito che si
oppongono al movimento. La valutazione viene effettuata confrontando il
valore delle forze effettivamente sviluppate dall’operatore in fase
iniziale e di mantenimento, così come rilevate con l’impiego di
dinamometri, con i valori riportati nelle cosiddette “Tabelle
Psicofisiche”. Tali tabelle, che rappresentano il risultato di
un’approfondita indagine condotta dai ricercatori Snook e Ciriello,
riportano i valori delle forze raccomandate nelle azioni di traino e di
spinta, per una popolazione lavorativa adulta sana in funzione di:
differenza di genere, distanza di spostamento, frequenza di azione,
altezza delle mani da terra”. Si indica che il criterio di valutazione
del rischio proposto dalla norma ISO 11228-2 contempla due diversi
livelli di approfondimento”;
-
ISO 11228 Parte 3. Movimentazione di piccoli carichi ad alta frequenza: “la parte terza della norma ISO 11228 riguarda la valutazione del rischio da sovraccarico biomeccanico
degli arti superiori nelle attività che prevedono la movimentazione di
piccoli carichi ad alta frequenza, con speciale riferimento ai compiti
ciclici contraddistinti da movimenti ripetuti del distretto
mano-braccio. Anche in questo caso, vista la complessità dell’approccio
valutativo del rischio, la norma prevede una valutazione preliminare
semplificata mediante check list, a cui segue una valutazione più
approfondita nel caso in cui l’attività esaminata sia caratterizzata da
due o più compiti ripetitivi oppure emerga una situazione che pone il
lavoratore a livelli di rischio significativo. In tali casi la norma
suggerisce l’applicazione del metodo OCRA”.
Segnaliamo, infine, che l’intervento si sofferma anche sulle
vibrazioni.
Infatti numerosi studi hanno dimostrato che “alcune patologie
muscolo scheletriche, in special modo alcune alterazioni a carico della
colonna vertebrale, si riscontrano con maggiore probabilità in
lavoratori soggetti a vibrazioni caratterizzate da media-alta frequenza
(tra 2 e 20 Hz) per le quali la muscolatura non è in grado di
controllare i movimenti oscillatori indotti dalla sorgente vibrante
nelle varie parti del corpo diversamente sollecitate, che quindi si
comportano come un sistema a N gradi di libertà. Le esposizioni ad alte
frequenze (≥20Hz), poi, sono comunemente generate da strumenti manuali
vibranti e agiscono a livello degli arti inducendo malattie
osteoarticolari e angioneurotiche”.
RTM
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