"Supply chain security: qualche novità"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza
Spesso i professionisti della security hanno un approccio a tunnel nell’esaminare i problemi di sicurezza dell’azienda, per cui lavorano.
Mentre tutti si preoccupano di possibili furti o danneggiamenti dei prodotti a magazzino, o dei prodotti già consegnati ai clienti, non tutti si preoccupano del fatto che, perché questi prodotti possano essere disponibili per la vendita, è necessario un regolare e sicuro afflusso di semilavorati e materie prime.
Durante un recente corso, destinato ai professionisti della security, esaminammo in modo particolare il caso di un grandissimo fabbricante di prodotti dolciari, che evidentemente non avrebbe potuto mettere nulla sul mercato, se non avesse ricevuto regolari rifornimenti di cacao da varie parti del mondo. È in questo contesto che la supply chain security riveste un ruolo fondamentale e un professionista della security, che esamina con approccio allargato le sue responsabilità, non può esimersi da analizzare anche questi aspetti.
Questa è la ragione per cui gli ispettori del General Accontability Office hanno condotto una analisi approfondita delle modalità con cui negli Stati Uniti vengono accolte le merci, che arrivano, in milioni di tonnellate al giorno, nei porti americani.
I responsabili della sicurezza di questo traffico sono rispettivamente il dipartimento della sicurezza nazionale-DHS e il dipartimento degli Stati Uniti delle dogane della protezione dei confini- CBP.
Il documento ha valutato varie aree, sia afferenti all’arrivo delle merci negli Stati Uniti, sia al fatto che in alcuni casi le merci possono essere controllate nel porto di partenza.
Particolare attenzione viene poi posta a merci che vengono classificate nell’area ad alto rischio, per le quali si applicano regole speciali.
Quando ci si trova davanti a un eccesso di traffico, gli uffici competenti americani hanno il permesso di saltare i controlli su alcuni carichi, purché essi rispondano a determinati parametri di sicurezza. È apparso chiaro che spesso la deroga sui controlli viene concessa anche se non vi sono gli estremi per poterla concedere.
I due enti americani interessati si erano impegnati a effettuare controlli sui porti, da cui partono le merci dirette agli Stati Uniti, fino dal 2005.
Purtroppo i porti esteri sono stati molto lenti nell’attuare la ormai famosa container security iniziative - CSI, che rappresenta appunto il programma, in base al quale vengono verificati i livelli di sicurezza dei porti di partenza. Se il livello di sicurezza è soddisfacente, i controlli in arrivo negli Stati Uniti sono ridotti.
In appendice a questo documento presento una fotografia del terminal europeo di Voltri, vicino a Genova, che rientra appunto fra i terminali di partenza, che godono di un elevato livello di sicurezza. Il terminal è uno dei terminali portuali italiani certificati dalle autorità americane.
Per impostare in modo organico i controlli, il dipartimento della sicurezza nazionale gli Stati Uniti ha costruito una sorta di matrice con livelli di priorità, che viene utilizzata per tenere sempre sotto controllo il livello di sicurezza dei porti di interscambio.
Naturalmente nulla è stato fatto per i porti che ancora non hanno attivato questa procedura e la situazione è tale da rendere sempre più difficoltoso il movimento di merci verso gli Stati Uniti.
Ricordo anche che nell’ottobre 2009 gli Stati Uniti decisero che il 100 % dei contenitori diretti agli Stati Uniti avrebbe dovuto essere controllato nei porti di partenza.
L’obiettivo si è rivelato subito estremamente ottimistico, tant’è vero che la data ultima è stata già spostata ben tre volte, ogni volta per due anni, e l’ultima data utile, almeno ad oggi, è luglio 2018. Vista la situazione, o si dà una ennesima proroga oppure metà delle merci che devono arrivare gli Stati Uniti non potranno nemmeno partire dai porti di origine!
Un altro elemento di sicurezza nella lotta, tesa a garantire la supply chain security è legato ad un programma chiamato custom-trade partnership against terrorism C-TPAT, che dovrebbe aiutare tutti i soggetti coinvolti nel limitare la possibilità che le merci possano essere utilizzate come schermo per attività terroristiche.
Anche in questo caso, l’intenzione era ottima, ma sembra che l’attuazione pratica lasci ancora molto a desiderare.
D’altro canto si può ben capire come garantire la sicurezza di milioni di tonnellate di merci, in movimento ogni giorno, non sia un problema di facile soluzione. Ciò che conforta è però il fatto che, seppure a una velocità inferiore a quanto si sperava, il progresso verso un più elevato livello di sicurezza della movimentazione internazionale delle merci sta comunque avanzando.
Adalberto Biasiotti
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