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"Committente vincolato per la sicurezza lavoro"
fonte il Sole 24 ore, C.Melzi d'Eril / Sicurezza sul lavoro
04/09/2009 - Il datore di lavoro risponde degli infortuni dei dipendenti se non li ha informati dei pericoli e delle misure per evitarli e se non ha sorvegliato affinché esse non fossero disapplicate. Il committente risponde del fatto occorso all'appaltatore per mancata cooperazione con costui esclusivamente se l'oggetto della commessa implica un contatto fra le due attività. Questi principi trovano applicazione nella sentenza n. 28197 depositata il 9 luglio scorso dalla IV sezione penale della Cassazione. L'operaio di una ditta assegnataria della manutenzione di alcuni capannoni, nel pulire l'esterno della canna fumaria, non utilizzava i camminamenti e l'apposita imbracatura, scivolava, cadeva dal tetto e moriva. Nei due gradi di giudizio di merito per omicidio colposo, veniva condannato l'appaltatore della vittima e assolto il committente. La Cassazione conferma queste decisioni, sottolineando che l'appaltatore, titolare di una posizione di garanzia, era venuto meno al dovere di impedire l'evento, in quanto non aveva chiarito adeguatamente al proprio dipendente quali fossero i rischi dell'intervento da compiere e aveva omesso di vigilare sull'adempimento di tali pur laconiche raccomandazioni. La violazione degli obblighi di diligenza menzionati, in capo all'imputato e causalmente riconducibili all'evento, fa ritenere irrilevante al Supremo Collegio l'affermazione del ricorrente, secondo cui il fatto sarebbe da ricondurre solo alla condotta imprudente e imprevedibile del lavoratore. Il mancato rispetto del dovere di informazione infatti e, soprattutto, l'assenza di una costante sorveglianza volta a evitare l'occasionale violazione (per errore, azzardo o leggerezza) di regole antinfortunistiche implicano che il comportamento, appunto imprudente, del lavoratore non costituisca di per sé esimente valida. Passando al committente: la parte civile, contestandone l'assoluzione, sosteneva che egli avrebbe dovuto cooperare alla realizzazione delle misure di sicurezza a tutela dei dipendenti dell'appaltatore. Sul punto la Corte dissente: da un lato, committente e appaltatore hanno obblighi analoghi nei confronti dei propri dipendenti; dall'altro, il primo deve attuare insieme al secondo le misure di prevenzione volte a eliminare i pericoli che coinvolgono i dipendenti di entrambi. Solo in questo caso, e in relazione a queste peculiari attività, chi richiede i lavori ha un obbligo di supplenza in ordine a eventuali carenze dell'appaltatore. La ratio della disciplina è chiara: il legislatore mira a evitare l'interferenza fra attività, che provoca una moltiplicazione del rischio. Qualora ci non sia possibile e si determini una sovrapposizione, l'ordinamento impone a ciascun datore di lavoro di adoperarsi per ridurre il rischio nell'area di comune influenza. Qualora invece l'attività non comporti alcuna sovrapposizione, ciascun imprenditore deve badare esclusivamente alla sicurezza dei propri lavoratori, e in tal caso una intromissione comporterebbe responsabilità per indebita ingerenza. Applicando queste regole, contenute nell'abrogato articolo 7 del decreto legislativo n. 626 del 1994, la Corte conferma il proscioglimento del committente, con rigore del tutto condivisibile. La soluzione, in base al vigente decreto legislativo n. 81 del 2008 non sarebbe stata diversa, perchè le disposizioni in tema sono pressoché dello stesso tenore, oltre a quanto previsto dall'articolo 26, che prescrive la redazione di un comune documento che indichi le misure per eliminare o minimizzare le interferenze.
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