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"Certezza sulla provenienza delle olive e sulle tecniche di coltivazione"
fonte La Gazzetta del Mezzogiorno, A. Millarte / Sicurezza alimentare
30/10/2009 - Fare shopping di prodotti alimentari significa scansare una serie di trappole, solitamente legalmente ammesse. Ha fatto scalpore la cioccolata senza cacao, si parla meno del vino senza uva, anch'esso legale. Fanno scalpore i sequestri che, ogni tanto, coinvolgono il «re» della dieta mediterranea: l'olio extravergine di oliva. Ma quando l'olio di soia, comprato a poco prezzo, viene sofisticato e venduto, a un costo maggiorato, come olio extravergine di oliva allora si tratta di una vera e propria frode alimentare. Sicurezza alimentare per l'extravergine di oliva significa, soprattutto, certezza sulla provenienza delle olive e, quindi, sulle relative pratiche di coltivazione ammesse in campo e su quelle ammesse in frantoio. Il 2009, per l'extravergine e per la Puglia che ne produce il 40% del totale italiano, resterà nella storia. Dall'1 luglio è entrato in vigore il Regolamento dell'Unione Europea n.182 del 6 marzo 2009, che obbliga ad indicare in etichetta la provenienza delle olive impiegate. Il cosiddetto «falso» made in Italy rappresenta un grave danno per i nostri produttori ma, soprattutto, un inganno per noi consumatori. Ora, in tutti i Paesi dell'Unione Europea, non sarà più possibile chiamare italiano un extravergine che stato solo selezionato sul territorio nazionale. La nuova legislazione europea richiede che in etichetta si indichi, per comprare il vero olio, «ottenuto da olive italiane», oppure «ottenuto da olive coltivate in Italia» o ancora «100 % da olive italiane». Per tutto il resto dell'extravergine fatto con miscugli di provenienza diversa dovrà essere sarà specificato che sono fatti da «miscele di oli di oliva comunitari», «miscele di oli di oliva non comunitari» oppure da «miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari». Malgrado questo enorme passo in avanti, comunque, restano altri vuoti da riempire e che darebbero maggiori garanzie ai consumatori a proposito dell'extravergine come la chiara indicazione in etichetta della scadenza (massimo due anni). Se pensiamo che l'olio che abbiamo comprato finora sia tutto italiano e che il falso made in Italy sia un problema che non ci riguarda, probabilmente ci sbagliamo. Nel 2008 l'Italia ha importato all'incirca 485 milioni di chili di olio di oliva che in assenza di etichettatura si sono abilmente «confusi» con la produzione nazionale che è stata di poco superiore ai 600 milioni di chili: una bottiglia su due è stata fatta con olive straniere, senza che l'acqui - rente potesse saperlo.
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