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"Carte segrete prima del rogo. Il boss della Thyssen in aula"

fonte Il Corriere della sera, M. Imarisio / Sicurezza sul lavoro

05/11/2009 - TORINO - «In base alla legge 118 ... ». Harald Hespenhahn alza gli occhi al cielo. E corregge in un buon italiano: «No guardi, 81 signorina, ho detto 81». L'interprete si volta verso il banco dell'accusa: «E vero, sono io che ho capito il contrario ». La presidente del Tribunale implora magistrati e parti civili. «Formuliamo le domande in modo semplice, per favore, altrimenti non finiamo più». Il giorno che arrivarono i tedeschi sembrava di essere a Babele. L'interrogatorio dell'ad della Thyssen Krupp, accusato di omicidio volontario, si annunciava come il redde rationem del processo sul rogo che nel dicembre 2007 uccise sette operai. A ritenerlo tale era anche il consueto capannello di militanti degli ex. Carc che fuori dal Tribunale di Torino agitavano un lenzuolo sul qua- le c'era una scritta inneggiante alla «giustizia proletaria contro i padroni stragisti». Il passaggio era ritenuto così delicato che una settimana fa era stato al centro di una complessa trattativa. «Non siamo in grado di affrontare un interrogatorio così complesso in una lingua che non conosciamo bene». Espenhahn e il consigliere Gerald Priegnitz avevano motivato così il loro rifiuto di rispondere alle domande. E la presidente Maria Iannibelli aveva dato ragione ai manager, decidendo di affiancargli un interprete. «In ossequio al diritto alla difesa». Alla fine pare ne sia uscito un pareggio. Accusa e difesa soddisfatte. Il paradosso di questo processo: momenti drammatici in aula, ma in realtà la partita si gioca su quel che è te, nei documenti sequestrati dalla Procura all'azienda tedesca. Da quel che si è potuto capire, all'accusa di aver rinviato - causa prossima chiusura dello stabilimento di Torino - i lavori di messa in sicurezza dell'impianto consigliati dall'assicurazione, ieri Espenhahn ha risposto assumendosi la responsabilità della decisione di chiudere. Ma ha sostenuto che i finanziamenti sarebbero stati dirottati verso un secondo progetto che avrebbe dovuto riguardare anche la linea 5, quella del disastro. Il pm Raffaele Guariniello ha attaccato sul documento trovato nella borsa del manager il 10 gennaio 2008, nel quale si dipingeva Torino come «culla della BD» e si adombrava una scarsa professionalità degli operai morti. Per la prima volta, l'ad della Thyssen ha ammesso che quel testo è stato scritto dall'ufficio legale dell'azienda «I lavoratori deceduti hanno fatto tutto quello che dovevano fare?» ha chiesto Guariniello. Dopo un lungo sospiro, la risposta è stata: «E difficile rispondere». È stato l'unico vero momento di tensione di un interrogatorio scivolato via in una atmosfera ovattata. Lost in translation, come nel film «giapponese» di Sophia Coppola. TI filtro dell'interprete non ha funzionato. Espenhahn, in elegante completo gessato blu, una vaga somiglianza con l'allenatore di calcio Louis Van Gaal, annuiva alle domande che gli venivano rivolte in italiano, dimostrando spesso di comprenderle molto bene. Ma si spazientiva davanti alla resa delle sue parole, mostrando difficoltà a comprendere la traduzione nella sua madrelingua Nelle ultime file dell'aula, i familiari delle vittime cercavano di afferrare qualche brandello di significato da conversazioni che scivolavano nel surreale. Forse il Tribunale avrebbe potuto curare maggiormente i dettagli di una udienza dal valore simbolico così elevato.

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