Logo di PrevenzioneSicurezza.com
Domenica, 24 Novembre 2024
News

"La formazione è l'antidoto alla crisi "

fonte Italia Oggi / Formazione ed informazione

18/02/2010 - Il 15 dicembre 2009 il ministro del lavoro, Maurizio Sacconi, non ha usato giri di parole per sottolineare l`oggettiva inefficacia della formazione davanti alla crisi e all`emergenza occupazionale. In tale contesto, i percorsi formativi hanno mostrato tutti i loro limiti, come ha messo in luceil Rapporto della Commissione De Rita sul futuro della formazione: i cosiddetti «corsifici» non sono riusciti a dare risposte concrete ai bisogni delle persone e, al tempo stesso, non sono stati in grado di interpretare il nuovo scenario dell`organizzazione del lavoro. Daquesta premessa sono scaturite le linee guida piano di formazione 2010, messo a punto da Governo, Regioni e Parti sociali. È una rivoluzione che ribalta l`approccio ai corsi, mettendo in primo piano i fabbisogni formativi delle persone (a cominciare dagli inoccupati) e le competenze richieste dal mondo del lavoro. Anche negli studi professionali, «un comparto che ha spiccate peculiarità per sconfiggerela crisi», sostiene Massimo Magi, presidente di Fondoprofessìonì, uno dei principali strumenti nel campo delle libere professioni per l`erogazione di risorse che finanziano la formazione continua. Domanda: In che senso? Risposta: Nel settore delle libere professioni la crisi ha colpito a macchia di leopardo. I più penalizzati sono stati soprattutto gli studi tecnici ed economico-amministrativi, mentre nel comparto sanitario è cresciuta la domanda di collaboratori specializzati, grazie anche agli effetti della legge Brunetta sulla riforma della pubbuca amministrazione. D. E che c`entra la formazione? R. A gennaio oltre 3 mila dipendenti di studi professionali hanno usufruito della cig in deroga. Significa che la crisi comincia a mordere anche nelle attività intellettuali, ma significa anche che nell`ambito delle professioni ci sono comparti, come quello sanitario appunto, che possono riassorbire i lavoratori in mobilità, se adeguatamente formati. D. Ma come fa un dipendente che ha lavorato per anni, per esempio, in uno studio di architettura a ricollocarsi in uno studio medico? R. E qui che sta la svolta impressa dal ministro Sacconi. La formazione deve innestarsi su aree specifiche, sui bisogni emergenti dei comparti più dinamici. Nel caso specifico, l`area sanitaria preme per dotarsi di figure che abbiano capacità relazionali con il cliente, competenze specifiche per l`informatizzazione dello studio. D. II piano formazione 2010 del governo ha fatto centro? R. Il documento raccoglie numerosi aspetti positivi e tondivisibili come il riferimento alla persona e alla conoscenza, ma risulta ancora troppo sbilanciato sul settore industriale. Paghiamo una cultura incentrata esclusivamente sull`impresa e poco aperta alle professioni e, più in generale, sul terziario che, in questi ultimi anni, sono stati i settori più dinamici sul fronte occupazionale. D. Non è una novità. R Dì tanto in tanto emerge 1`ìmpossibilità di definire un`area della formazione al di là dell`impresa e della p.a., non c`è una cultura che sappia leggere i bisogni della «terza logica», del professionalismo, ovvero di quel soggetto, dotato di conoscenze specifiche che garantisce i diritti di cittadinanza spesso sconosciuto e ignorato. D. Qualità e contenuti delle competenze. Che cosa cambia davvero nella formazione? R. Dall`attuale sistema formativo abbiamo acquisito norme burocratiche, precisi sistemi di rendicontazione, ma un parco di competenze assai limitato. Una miriade di corsi, privi di contenuti. Ambiremmo a individuare delle competenze più complesse, più sostenute. Manca ancora un sistema che valuti le competenze più innovative. D. Il piano formazione 2010 punta a coinvolgere gli enti bilaterali. Una mossa corretta? R. Gli enti bilaterali sono i luoghi più adatti per l`analisi dei fabbisogni, ma la loro azione rischia di arenarsi se la formazione è poco attenta alle competenze e troppo vincolata a meccanismi burocratici. D. Come se ne esce? R. Sarà forse un`espressione abusata, ma occorre fare sistema: individuare quell`elemento di sussidiarietà che possa legare le esperienze positive dei fondi interprofessionali con un nuovo modello formativo che, partendo dalla rilevazione dei fabbisogni fino alla valutazione e certificazione delle competenze acquisite, coinvolga il territorio e le Regioni. Non sarà semplice, ma non possiamo che andare in questa direzione.

Segnala questa news ad un amico

Questa news è stata letta 1163 volte.

Pubblicità

© 2005-2024 PrevenzioneSicurezza.com. Tutti i diritti sono riservati.

Realizzato da Michele Filannino