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"Più flessibilità in azienda"
fonte Italia Oggi / Responsabilità sociale
15/03/2011 - La settimana scorsa è stato siglato da tutte le parti sociali al ministero del lavoro un avviso comune sulle misure a sostegno delle politiche di conciliazione tra famiglia e lavoro, con l'obiettivo primario di sostenere la crescita dell'occupazione femminile. Il Cnai è da sempre attento a questo argomento e propone soluzioni a lungo termine che siano condivise da tutti gli attori del mercato del lavoro. Attualmente non ci sono sistemi organizzativi economici e sociali che aiutino la donna a collocarsi nel complesso mondo del lavoro. Questo nonostante, per una necessità che esula del tutto dalla volontà, le italiane siano spesso maggiormente soggette alla flessibilità, cambiando tipologia di lavoro e riqualificandosi professionalmente con più facilità rispetto agli uomini. Da diverso tempo il mercato italiano del lavoro sta assistendo allo sviluppo della microimprenditoria a «sfondo rosa». Tuttavia è ancora molto presto per poter parlare di donne ai vertici aziendali. Purtroppo manca un piano di azione ben strutturato per lo sviluppo di questo sistema. Sino a oggi si è parlato di imprenditoria femminile, di finanziamenti alla nascita di nuove attività e di incentivi. Il freno attuale è che se tale stimolo iniziale non è inserito in un contesto regolamentato e non si crea un percorso con un chiaro obiettivo finale, si rischia di dar vita a piccoli organismi di breve durata. Sono tantissime le iniziative presenti ma manca ancora il «collante» che le unisca tutte. • Nell'intesa siglata il 7 marzo si sottolinea l'importanza di una modulazione flessibile dei tempi e degli orari di lavoro, tanto nell'interesse dei lavoratori che dell'impresa, e si concorda che è anche attraverso la pratica della contrattazione di secondo livello che può essere assicurata nel modo migliore la distribuzione degli orari di lavoro nell'arco della settimana, del mese, dell'anno, in risposta alle esigenze dei mercati, adeguando nel rispetto della normativa di legge la durata media e massima degli orari alle esigenze produttive, conciliandole con il rispetto dei diritti e delle esigenze delle persone.C'è poi l'impegno a valorizzare, compatibilmente con le esigenze organizzative e produttive e le dimensioni aziendali, le buone pratiche di flessibilità «family friendly» e di conciliazione esistenti. A tal fine viene attivato un tavolo tecnico per verificare la possibilità di adottare le buone pratiche di conciliazione da sostenere e diffondere in sede di contrattazione, che dovrà concludere i suoi lavori entro 90 giorni. Entro un anno dalla conclusione dei lavori del tavolo tecnico le parti sociali si impegnano a una verifica sulla diffusione di queste buone pratiche. Resta fuor di dubbio che le donne italiane si dividono tra casa, supermercati e lavoro. Le italiane di oggi vivono una vita piena, spesso lavorando, portando avanti le faccende di casa e occupandosi dei figli. Un dato fotografa la situazione: rispetto agli altri paesi europei l'Italia ha una percentuale di partecipazione delle donne al mercato del lavoro decisamente bassa: il 46,1% di occupazione, inferiore di circa 12 punti percentuali rispetto a quello medio della Ue27 secondo la ricerca Istat «Noi Italia. Cento statistiche per capire il paese in cui viviamo» 2010. Quando si parla di integrazione della donna nell'impresa si dovrebbe tenere conto di questo molteplice ruolo. Le italiane impegnate in queste attività tendono a tessere una (costosa) rete privata di supporti e di aiuti, ma non è certo questo il sistema adatto, né tantomeno una soluzione a lungo termine. Servono modelli che siano organizzati e strutturati sul piano sociale, politico ed economico. Con Italia 2020, il programma di azioni per l'inclusione delle donne nel mercato del lavoro, è stato avviato un piano strategico di azione per la conciliazione e le pari opportunità. L'Intesa è finanziata con uno stanziamento di 40 milioni di euro che prevede il trasferimento dei fondi alle Regioni, ciascuna delle quali li utilizzerà per avviare e per implementare i servizi di cura per l'infanzia e le misure per l'aumento dell'occupazione femminile. Come ha commentato il ministro per le pari opportunità, Mara Carfagna, secondo noi a ragione: »Lo sviluppo .economico passa anche attraverso il maggior coinvolgimento delle donne nel mercato del lavoro, e l'aumento dei servizi a disposizione delle famiglie è la prima forma di aiuto per le donne». E proprio in un momento di crisi accentuata che le politiche di sostegno devono aumentare e tessere la trama di welfare di cui le famiglie hanno tanto bisogno. Nell'ultimo decennio, il tenia della conciliazione dei tempi ha assunto un ruolo centrale nelle *** politiche nazionali di pari opportunità. Le azioni intraprese nella direzione della conciliazione mirano a favorire l'equa distribuzione dei carichi di cura ed a conquistare nuovi modelli di organizzazione del lavoro che consentano alle donne di accedere e permanere nel mondo del lavoro. Perché non basta entra-re, è fondamentale restare. In tema di conciliazione l'Italia vanta una delle legislazioni più avanzate in Europa; non solo perché coinvolge più istituti ma perché si rivolge sia a uomini che a donne. Le nuove politiche devono osservare la donna nel proprio contesto, cercando di ottimizzare la conciliazione dei tempi in qualsiasi ambito, anche tra le risorse urbane. Dobbiamo parlare di politiche integrate, su più livelli e da più angolazioni. E risaputo che il doppio ruolo che grava sulle donne incide negativamente sulla carriera professionale, e le cause sono diverse. Per esempio pesa la rigidità degli orari di lavoro, per cui è importante promuovere misure di supporto alle persone, agli anziani e alle famiglie per favorire la conciliazione tra tempi del lavoro e tempi della persona, e in senso più generale tra privato e professionale. Per poter parlare di valorizzazione delle donne nel mercato del lavoro occorre sempre ripartire dal ruolo principale (o naturale) delle donne: mamme ed educatrici. E non si tratta di vedere la cosa in modo maschilista. Lo si dice anzi per riuscire a mettere le donne nelle condizioni di poter partecipare fattivamente alla vita lavorativa. Quando le manovre politiche riescono attraverso la sussidiarietà a generare azioni di conciliazioni, solo in quel momento sarà possibile collocare la figura femminile nel giusto ambito. Un primo aiuto a un effettivo sviluppo delle pari opportunità, secondo il Cnai, potrebbe essere una nuova «Legge Quadro» che vada a disciplinare in ugual misura i doveri e i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Si supererebbero le attuali discriminazioni tra impiego pubblico e impiego privato, garantendo a tutti gli stessi benefici, a cominciare dall'orario di lavoro, per il quale a parità di ore lavorate il pubblico paga meglio. Attualmente i fattori che influiscono sulla rinuncia al figlio sono molteplici. Tra questi, indubbiamente, una fiscalità che non premia la famiglia, la difficoltà di accesso a un lavoro regolare e di qualità per le donne. Quindi va radicandosi sempre di più l'esigenza di riflettere su una conciliazione dei tempi familiari e dei ritmi di lavoro. Anche attraverso la contrattazione di secondo livello, ed è qui che va concentrata l'attenzione. Anche alle parti sociali viene chiesto di intervenire alla pianificazione di nuove strategie, con una nuova contrattazione attenta all'individuo, e soprattutto alla sua dignità. E inoltre importante mettere a fuoco i reali obiettivi per un miglioramento delle condizioni per lavoratori e lavoratrici, senza scontri ché non portano al bene di nessuno. Oggi all' uguaglianza formale garantita alle donne dalla legge non corrisponde tuttavia quella della realtà quotidiana. Non va infine dimenticato che si continuano a registrare discriminazioni, più o meno palesi, che incidono non solo rispetto all'accesso al lavoro, ma anche sul trattamento retributivo, sulla qualità della occupazione, sui percorsi di carriera e crescita professionale e persino sulle opportunità di partecipazione a percorsi di formazione.
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