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"Imparare dagli errori: i pericoli del transito sulle coperture"

fonte puntosicuro.it / Edilizia

19/07/2011 -
Esempi tratti dall’archivio Ispesl Infor.mo.: nuovi incidenti correlati ad attività su coperture realizzate in fibrocemento. Le dinamiche degli incidenti, le cause delle cadute e le misure di prevenzione. Piani di camminamento e scalini posapiede.
Nell’archivio di INFOR.MO. - strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi – gli incidenti caratterizzati da caduta per cedimento di lastre in fibrocemento sono molti: troppi per relegare questo tema ad una sola puntata di “Imparare dagli errori”.
Ci occupiamo oggi del percorso, accesso e transito in sicurezza sulle coperture con riferimento ad alcune schede presenti in rete per la prevenzione delle cadute dall’alto.
I casi
Il primo caso riguarda una caduta dall’alto in attività di zootecnia.
Un lavoratore sale sulla copertura di un fienile a circa 8 metri da terra “per eliminare una infiltrazione di acqua senza allestire alcuna opera provvisionale di protezione e sprovvisto di dispositivi di ritenuta individuali”. Il tetto è a due falde e con struttura portante “tranne nel colmo (linea spartiacque di un tetto, determinata dall'intersezione di due falde, ndr), per uno spazio di circa 60 cm, coperto solo da una lastra in fibrocemento convessa non portante”.
L’operatore sfonda la lastra e cade a terra battendo la testa sul pavimento.
A seguito della caduta riporta trauma cranico, toracico e addominale con conseguente decesso.
Tra le cause dell’infortunio mortale è evidente la mancanza di opere provvisionali, la presenza di una struttura non portante nel colmo e la mancanza di dispositivi di ritenuta individuali.
Il secondo caso riguarda ancora un incidente tra allevatori e operai specializzati della zootecnia.
Un lavoratore assieme ad un collega deve sostituire un pannello di traslucido del tetto di una stalla che si era rotto a seguito di eventi atmosferici eccezionali.
“Il tetto della stalla è a due falde (altezza minima 4 metri e massima 5,70 metri) ed è composto da pannelli di fibrocemento armato aventi larghezza di cm 92 e lunghezza 6,60 metri dichiarati e certificati dal costruttore come pedonabili, mentre il colmo è costituito da lastre di materiale plastico traslucido”. Per effettuare la sostituzione del pannello danneggiato, i due lavoratori salgono sul tetto della stalla servendosi di una scala a pioli in alluminio del tipo a sfilo. il primo lavoratore, mentre si dirige verso la zona dove avrebbe dovuto sostituire la lastra di traslucido, precipita sul pavimento a causa della rottura di una lastra di fibrocemento armato il cui tratto terminale di 2,2 metri è a sbalzo rispetto ai traversi di supporto.
Anche in questo caso non erano presenti cinture di sicurezza o altri dispositivi di ritenuta individuali.
Il terzo caso riguarda l’attività di posa in opera di coperture.
Un datore di lavoro di una ditta, “esercente l’attività di carpenteria metallica leggera ed in particolare posa in opera di coperture metalliche”, si trova in cantiere intento a rimuovere la copertura di una tettoia in fibrocemento che risultando danneggiata, deve essere sostituita con dei “pannelli tipo sandwich”. Operando sopra una piattaforma di lavoro elevabile, rimuove alcuni dei pannelli.
Poi, oltrepassando il parapetto della piattaforma di lavoro e “confidando nella resistenza del materiale, inizia a camminare sulla copertura ponendo i piedi sulla verticale delle strutture portanti (travi e montanti metallici)”.
Salito fin sul colmo, inizia a far cadere a terra gli elementi posti a copertura del vertice della tettoia. Terminata tale operazione, presumibilmente nell’atto di ritornare sulla piattaforma di lavoro elevabile, pone il piede al di fuori delle strutture portanti e la lastra in fibrocemento, sotto tale peso, cede con conseguente caduta a terra dell’infortunato da un’altezza di circa 8 metri. In cantiere vi erano altri 2 dipendenti: “uno a terra ed un’altro sulla piattaforma elevabile; l’infortunato, pur avendone la disponibilità, non indossava i dispositivi anticaduta”.
 
La prevenzione
Presentiamo alcuni materiali presenti sul sito Coperturasicura in relazione ai problemi di percorso, accesso e transito sulle coperture, con specifico riferimento al comparto edile.
Al di là di quanto indicato sul sito riguardo ai dispositivi di protezione individuale (ne parleremo in una prossima puntata), ai parapetti permanenti e temporanei, agli ancoraggi, ci soffermiamo sui piani di camminamento e sugli scalini posapiede.
In “ PIANI DI CAMMINAMENTO (T010)” si indica che i piani di camminamento sono “opere fisse, con funzione di percorso di transito, di collegamento in quota e/o installazioni fisse per l’accesso al tetto. Utilizzati per lavori in copertura, consentono di ripartire e sostenere il carico in maniera uniforme permettendo ad un operatore di stare in piedi o camminare in sicurezza”.
In particolare la norma UNI EN 516  “prescrive che la piattaforma del piano di camminamento deve avere una dimensione minima di cm. 40x25. La stessa norma precisa che un piano di camminamento di lunghezza superiore a 50 cm è una passerella”.
Riguardo a tali piani di camminamenti, e sempre in riferimento alla UNI EN 516, è “ consentita una inclinazione massima di 3° in qualunque direzione”.
I piani di camminamento consentono dunque al lavoratore di “transitare in sicurezza sulla copertura per effettuare le manutenzioni oppure di raggiungere il punto oggetto di manutenzione a partire dal punto di accesso; possono essere utilizzati per superare sbalzi, vuoti e/o fragilità della copertura stessa oppure, se installati in successione, per collegare dislivelli di quota”.
Queste alcune criticità:
- “i dispositivi UNI EN 516 (piani di camminamento) necessitano di una struttura portante idonea non solo alla loro installazione ma anche al carico di esercizio;
- inoltre per quelli di classe 2 (installazioni che possono essere usate quali punti di ancoraggio per DPI anticaduta, ndr) bisogna tener conto anche: del carico aggiuntivo trasmesso alla struttura in caso di caduta dell’operatore; dell’eventuale effetto pendolo; del tirante d’aria libero”.
Le alternative sono: linee vita, dispositivi di ancoraggio puntali, andatoie e passerelle, sistemi provvisori di reti di sicurezza e/o parapetti. Infine qualche indicazione tratta dalla scheda “ SCALINO POSAPIEDE (UNI EN 516) (T011)”.
Gli scalini posapiede sono “installazioni utilizzate per lavori in copertura, consentono di ripartire e sostenere il carico in maniera uniforme permettendo ad un operatore di stare in piedi o camminare in sicurezza”. La norma UNI EN 516 “prescrive che la piattaforma degli scalini deve avere una dimensione minima di cm.13x13. La piattaforma deve avere sui due fianchi laterali un listello o bordo rialzato non inferiore a 2 cm, per impedire lo scivolamento dell’operatore, e deve altresì essere dotata di maniglia o fori di presa”.
Ricordiamo tuttavia che i dispositivi UNI EN 516 (scalini posapiede) “necessitano di una struttura portante idonea non solo alla loro installazione ma anche al carico di esercizio”.

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