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"Imparare dagli errori: l’importanza dei DPI delle vie respiratorie"

fonte PuntoSicuro / Sicurezza sul lavoro

26/07/2011 - Esempi tratti dall’archivio Ispesl Infor.mo.: incidenti legati a mancanza o uso scorretto di dispositivi di protezione delle vie respiratorie. La pulizia di una cisterna e la manutenzione di impianti frigoriferi. Dispositivi filtranti e respiratori.

Sono diversi i temi su cui si sofferma periodicamente questa rubrica: le attrezzature di lavoro, le mansioni a rischio, i pericoli in cantiere, le cadute in piano e dall’alto,…
Un altro tema molto importante di cui abbiamo parlato in passato è quello relativo ai dispositivi di protezione personale: molti incidenti avvengono infatti per la mancanza, lo stato o l’uso scorretto dei DPI necessari. Tuttavia non abbiamo mai parlato di dispositivi di protezione delle vie respiratorie, dispositivi spesso correlati a incidenti molto gravi.
Colmiamo oggi questa lacuna, riportando le dinamiche di alcuni incidenti tratti dall’archivio di INFOR.MO. - strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.
 
I casi
Il primo caso è relativo ad attività di pulizia di una cisterna.
Per ripulire una cisterna che ha contenuto acque di scarico provenienti dalle lavorazioni interne alle cantine (pulizia di vasi vinari, pompe, ecc.), alcuni lavoratori si accingono alla “pulizia mediante l'estrazione della parte liquida”.
Per la pulizia della parte solida, i fanghi depositati sul fondo della vasca, utilizzano quindi una pompa collegata all'autospurgo e immettono acqua in pressione tramite una lancia.
La “scala” per accedere all’interno della vasca di accumulo è “costituita da 2 scale in successione: la prima, del tipo alla ‘marinara’ con montanti di corda e scalini in alluminio”, ancorata con due grossi moschettoni alla barra centrale posta sull’apertura della botola e penzolante nel vuoto; la seconda, rigida in alluminio, a pioli, di lunghezza di 5,7 metri, “appoggiata con i piedi sul fondo e con la parte superiore alla parete della vasca, a circa 1 metro dalla botola”.
Le operazioni continuano fino al pomeriggio quando un operatore entra nella cisterna con un autorespiratore a circuito chiuso collegato con l'autospurgo: un secondo operatore è già all'interno della vasca munito di una maschera a filtri ABEK.
Ad un certo punto l'autista dell'autospurgo comunica che essendosi riempita la cisterna interrompe l'aspirazione dell’acqua e l’alimentazione dell’autorespiratore per andare a scaricare.  I due operatori all’interno della cisterna sollevano la propria maschera per “meglio comunicare all’autista che sarebbero risaliti subito, dando quindi l’assenso all’inizio della manovra di scollegamento dall’autospurgo”. Mentre si apprestano ad uscire dalla cisterna un lavoratore, poi deceduto, si sente male e inizia la salita delle scale per uscire; giunto quasi alla sommità perde i sensi e cadeva sul fondo della cisterna.
Nel frattempo l'altro operatore, che si trova all'interno della cisterna e si è tolto la maschera per comunicare con l’infortunato, si sente anch'esso male e si appoggia alla parete della cisterna in prossimità della scala. L’autista, che ha chiuso la valvola pneumatica e fermato il compressore dell’aspirazione, sente un richiamo di aiuto e, avvicinatosi alla botola, vede un operatore vicino alla scala ed uno a terra sul fondo della cisterna a circa 6 metri di profondità.
Ritorna quindi velocemente all’autospurgo, rimettendo in funzione la parte aspirante per permettere una circolazione (tipo vortice) di aria con l’intento di aspirare i gas presenti nella vasca di accumulo e far entrare aria pulita nella vasca, e dà l’allarme chiamando 118 e Vigili del Fuoco che, arrivati sul posto, provvedevano a recuperare gli operatori dall'interno della vasca (l’operatore a terra è già deceduto).
Sono diverse le cause dirette o indirette di questo grave infortunio:
- “una sottostima del rischio da parte degli operatori che si sono tolti le maschere;
- il sistema utilizzato per l'accesso al fondo della vasca;
- il mancato utilizzo di un sistema a fune di sicurezza collegata agli operatori all'interno della vasca”;
- l'altezza presumibile da dove è caduto l’operatore deceduto.

Il secondo caso è relativo ad attività di manutenzione di impianti frigoriferi: l’incidente riguarda il titolare di una ditta di manutenzione e suo figlio, dipendente della ditta. L' impianto frigorifero è composto da “3 compressori in serie, posti in un locale interrato di difficile accesso e privo di qualsiasi ventilazione, di un supermercato”.
Il giorno dell'infortunio il titolare inizia il lavoro (due compressori non funzionavano) aprendo i collegamenti dei due compressori da cui fuoriesce “gas residuo (trattasi di gas Freon R22 più pesante dell'aria)”, un’evenienza frequente.
Il titolare continua il lavoro senza rendersi conto che l'aria sta diventando irrespirabile, nel frattempo il figlio risale dal locale interrato perché accusa lievi disturbi.
“Non vedendo risalire il padre, torna nel locale e lo trova privo di sensi, perdendo conoscenza a sua volta. I due vengono estratti dai Vigili del Fuoco muniti di autorespiratore, ma mentre il giovane si riprende prontamente senza conseguenze, il titolare muore senza riprendere coscienza, dopo un'ora di rianimazione”.
Per l’attività non erano disponibili DPI (maschere, autorespiratori).
Anche in questo caso le cause, determinanti o peggiorative, sono diverse:
- il titolare “apre i collegamenti dei due compressori”;
- il luogo di lavoro è un locale interrato angusto e privo di areazione;
 
La prevenzione
Focalizzando il nostro interesse sui dispositivi di protezione delle vie respiratorie, riprendiamo alcune indicazioni per la prevenzione tratte dal documento " La valutazione dei rischi nelle costruzioni edili", manuale nato dalla collaborazione tra il C.P.T. Torino e l’INAIL Piemonte.
 
Il documento ricorda che i dispositivi di protezione delle vie respiratorie (maschere)  si distinguono essenzialmente in due categorie:
- dispositivi filtranti (o respiratori a filtro), in grado di trattenere le sostanze inquinanti presenti nell’ambiente;
- respiratori (isolanti), in grado di rendere indipendente l’utilizzatore dall’ambiente inquinato.
Il loro funzionamento consiste nel filtrare l’aria inquinata o nel fornire aria respirabile da una sorgente alternativa all’aria pericolosa dell’ambiente di lavoro. L’aria respirabile “raggiunge l’utilizzatore tramite un boccaglio (nel caso di respiratore), un quarto di maschera (copre naso e bocca), una semimaschera (copre naso, bocca e mento), una maschera intera (copre l’intero volto), un casco (elmetto), un cappuccio, un giubbotto o una tuta (questi ultimi con elmetto o cappuccio incorporati)”.
 
Quando un dispositivo di protezione delle vie respiratorie si può considerare adeguato?
È adeguato “se è in grado di ridurre a un livello accettabile l’esposizione del portatore a un rischio (esempio: soddisfare i valori limite di esposizione professionale)”. Ed è idoneo se è marcato CE, adeguato, compatibile (con l’ambiente, l’attività, il portatore e altri DPI utilizzati) e in buone condizioni di funzionamento.
 
Chiaramente per ogni attività la scelta del tipo di respiratore deve essere fatta dovrebbe essere intrapresa dopo una corretta valutazione dei rischi e in “relazione al tipo di attività svolta”, alla “qualità e quantità dell’agente inquinante presente” e ai VLE, valori limite, “stabiliti dalla norma o, in assenza, dagli elenchi di organizzazioni scientifiche riconosciute (come la SCOEL e l’ACGIH)”. Bisogna poi tener conto anche di molti altri fattori (fatica e durata dell’attività, durata di filtri e riserve, libertà di movimento, campo visivo, comunicazione orale, necessità di proteggere occhi e viso,…).
 
Il documento si sofferma anche limiti per l’utilizzo dei dispositivi filtranti. È possibile utilizzare un dispositivo filtrante nei seguenti casi:
- “quantità di ossigeno nell’aria superiore al 17% di volume (in genere i fabbricanti di dispositivi di protezione delle vie respiratorie sconsigliano l’uso del filtro in presenza di ossigeno inferiore al 19,5-20 %);
- inquinante conosciuto;
- concentrazioni degli inquinanti inferiore alla capacità filtrante del respiratore a filtro (dispositivo filtrante)”.
Fuori da questi casi è necessario utilizzare un respiratore (isolante). Inoltre “l’uso di un dispositivo filtrante è sconsigliato in presenza di gas e di vapori inodori o con soglia olfattiva superiore al loro valore limite di esposizione, perché è possibile, essere esposti a concentrazioni pericolose d’inquinante quando la capacità filtrante del dispositivo si esaurisce, senza che l’utilizzatore lo possa percepire”.
 
In una prossima puntata di “Imparare dagli errori” riprenderemo il tema degli incidenti correlati all’uso scorretto o al mancato usi di DPI delle vie respiratorie, soffermandoci sul tema degli obblighi dei datori di lavoro, degli obblighi dei lavoratori e su alcuni suggerimenti per un uso corretto delle maschere.


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