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"Manutenzione in ambito industriale: un processo critico per la sicurezza"
fonte PuntoSicuro / Sicurezza sul lavoro
15/09/2011 -
La manutenzione
è uno dei motori delle industrie; senza manutenzione la produzione si ferma.
Non esistono impianti produttivi che non richiedano manutenzione, e quindi se
non ci fosse manutenzione prima o poi comincerebbero i problemi.
Per
giunta la manutenzione è qualcosa che dipende anche da fattori non del tutto
controllabili, quindi si tratta di un insieme di attività che non sono
ripetibili, ma che anzi spesso si presentano molto diverse da come ci si
potrebbe aspettare.
La
combinazione non è delle migliori: una serie di attività imprevedibili ma
fondamentali per la continuità di produzione. Dove, per continuità intendiamo
non solo la prevenzione dei fermi impianto, ma anche il mantenimento della
qualità del prodotto e delle condizioni di sicurezza per chi opera in azienda.
Allora,
se queste attività così importanti, venissero effettuate in modo disordinato
ricorrendo a una sorta di buon senso artigianale, rischieremmo di mettere in
crisi una intera azienda perché un suo settore chiave opera secondo principi
superati, senza che sia definito un vero processo controllato e controllabile.
E questo, nella realtà, si verifica molto più spesso di quello che crediamo.
Parlare
di buon senso artigianale non vuole essere una offesa per chi è messo dalla
azienda ad operare su richiesta (tipicamente su guasto) e spesso in condizioni
di emergenza; anzi, dobbiamo complimentarci con i manutentori vecchia scuola
che riuscivano e riescono comunque a mandare avanti gli impianti di produzione!
La
questione è di metodo, questo a fronte di una innegabile “complicazione” degli
obiettivi della funzione manutenzione; abbiamo parlato di qualità e sicurezza,
potremmo aggiungere rispetto dell’ambiente, riduzione dei consumi, contenimento
dei costi … tutti obiettivi che in un contesto sociale ed economico diverso, e in tempi diversi,
avevano certo minor peso.
Quindi
la prima cosa che dobbiamo accettare è che la manutenzione è un processo che
deve essere messo sotto controllo. La seconda questione da rendere parte del
modo di ragionare di chi si occupa di manutenzione, è che la sicurezza è oggi
la massima priorità delle aziende che vogliono continuare ad operare nella UE o
nei paesi limitrofi.
Quindi
il processo di manutenzione deve garantire la sicurezza. Ovvero è fondamentale
che il processo di manutenzione venga regolamentato in modo che gli obiettivi
di sicurezza abbiano la priorità. Questo non lo dice chi scrive, lo dicono i
capi I e III del titolo III del D.Lgs. 81/2008, ma anche la lettera a del comma
1 dell’articolo 30 del medesimo decreto! Dunque il processo di manutenzione
è, per definizione, un processo critico per i modelli organizzativi esimenti ex
D.Lgs. 231/2001.
Quali
sono quindi i punti chiave di questo processo che devono essere messi sotto
controllo per garantire la sicurezza sul lavoro? partiamo dalla definizione di
cosa è la manutenzione:
è una attività volta al mantenimento o al ripristino di una situazione /
condizione pre esistente. Questa è una definizione importante in certe
tipologie di industrie, perché esclude tutte quelle attività di modifica degli
impianti produttivi (migliorie) che normalmente coinvolgono anche il personale
di manutenzione, e che per questo vengono confuse con la manutenzione.
L’atro
aspetto da chiarire subito: la sicurezza di chi?? Ovvero, su quali lavoratori
influisce la manutenzione in termini di sicurezza e salute sul lavoro? possiamo
distinguere due categorie: prima di tutto i manutentori stessi, che durante gli
interventi sono esposti a rischi particolari (ovvero non condivisi dagli altri
lavoratori) e talvolta imprevedibili, quanto possono essere imprevedibili le
attività di manutenzione. In secondo luogo tutti coloro che si troveranno ad
utilizzare un bene dopo un intervento di manutenzione:
è evidente che un errore o una mancanza durante la manutenzione, che lascia non
ripristinati determinati aspetti di sicurezza, è fonte di rischi per gli
utilizzatori del bene assoggettato alla manutenzione. In questo contesto la
manutenzione non ha solo finalità correttive (sorge un problema di sicurezza,
la manutenzione lo risolve) ma anche preventive.
Però
tutte le buone intenzioni non funzionano (al meglio) senza una corretta
organizzazione di partenza. Quindi la definizione del processo è la base.
Cosa
significa definire un processo: stabilire in modo ordinato quali sono le
attività che vanno a costituire il processo, se e quando tali attività devono
essere eseguite, e chi le deve eseguire. Non è qui necessario entrare nel
“come” eseguire una determinata attività, a meno che non si tratti di qualcosa
di assolutamente nuovo. Un esempio: se io dico a un manutentore che prima di
eseguire un intervento su un impianto deve raccogliere tutta la documentazione
necessaria, e verificare che sia nella versione più aggiornata, gli dico
qualcosa che non necessita di ulteriori precisazioni; forse per noi non è del
tutto chiaro, ma un manutentore sa meglio di noi tecnici della sicurezza di
cosa si parla; se invece gli dico che prima dell’intervento deve valutare i
rischi, in particolar modo se l’intervento non è regolamentato da specifiche
istruzioni, ebbene qui dovrò anche spiegargli cosa voglio che faccia.
Inoltre
del processo di manutenzione
a noi non interessano tutti gli aspetti, ma solo quelli che hanno rilevanza
sulla sicurezza e salute sul lavoro. Per
dare a questi la giusta efficacia dovremo comunque descrivere il processo nella
sua sequenza complessiva, al fine di inserire le attività e i controlli
necessari a garantire la sicurezza.
Alcuni
esempi concreti che ci ripromettiamo di sviluppare in seguito:
•
Stabilire quale è il livello di autonomia dei diversi soggetti, dal turnista
che opera principalmente su chiamata, al responsabile meccanico che pianifica
gli interventi più rilevanti, al capo di manutenzione che interviene ove
necessario ma principalmente si dedica alla programmazione a medio/lungo
termine. Queste distinzioni sono molto importanti sia per la sicurezza di chi
esegue la manutenzione, sia per la bontà dell’intervento e quindi per la
sicurezza di chi successivamente utilizza la macchina
o l’impianto. Particolarmente importante, in questa ottica, è la definizione
del confine oltre il quale determinate figure professionali non devono
spingersi (per mancanza di competenze specifiche); in caso di mancata
definizione può accadere che la buona volontà di un turnista vada a causare
qualche grosso guaio. Chi scrive ha avuto modo di valutare un mancato
infortunio su un impianto di olio in pressione: chi aveva eseguito la messa in
sicurezza dell’impianto non era qualificato e ha commesso un errore banale
lasciando parte dell’impianto sotto pressione.
•
Stabilire quale è il ruolo delle ditte esterne, chi le deve gestire e come se
ne deve controllare l’operato. Per esempio un errore comune è quello di pensare
che se affido una attività a una ditta specializzata, poi non devo vigilare sul suo operato. Chi scrive ha
avuto una brutta esperienza con una ditta che eseguiva le verifiche
periodiche dei carroponte; dopo un mancato infortunio ci siamo resi conto
che a nessuno era stato affidato il compito di vigilare sulla ditta.
•
Definire quali attività devono essere svolte in sede di “progettazione
dell’intervento”: valutazione dei rischi, scelta
dei DPI, scelta delle modalità di segregazione della zona di lavoro ecc.
•
Definire quali regole rispettare al momento della riconsegna della macchina o
dell’impianto alla produzione.
Volontariamente
abbiamo citato alcuni esempi molto diversi fra loro, proprio per dare evidenza
della considerevole articolazione del processo di manutenzione.
Allora
da dove partire? Riteniamo che le norme e le guide CEI sui lavori
elettrici, che trattano approfonditamente gli aspetti di organizzazione
della manutenzione, siano un ottimo spunto per focalizzare facilmente gli
aspetti più rilevanti, dalla valutazione dell’intervento all’uso del permesso
di lavoro, alla esecuzione delle messe in sicurezza. È vero che tali norme trattano
nello specifico gli aspetti connessi al rischio elettrico, ma dal punto di
vista della definizione del processo hanno valenza generale. Quindi possono
essere, appunto, un ottimo punto di partenza da calzare, poi, sulla realtà
aziendale.
Qui
merita di fare un ultimo commento sul tema delle norme: il mondo elettrico ha
una sua peculiarità, quella di essere piuttosto ripetibile da azienda ad
azienda. Mentre altri aspetti, che sono più legati alla tipologia di
produzione, sono estremamente variabili. Per questo nella parte elettrica le
norme possono entrare più facilmente nel dettaglio operativo, mentre per i
lavori non elettrici ogni realtà è diversa e quindi è praticamente impossibile
dare regole specifiche valide per tutti; ci si deve fermare alla strutturazione
del processo, che poi deve essere calato nella realtà.
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