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"Istruzioni operative per gli ambienti confinati: il rischio chimico"
fonte puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
28/11/2011 - In questi ultime settimane - grazie al recente Decreto
del Presidente della Repubblica per la qualificazione delle imprese operanti in
ambienti sospetti di inquinamento o confinati – si è ripreso a parlare di
rischi e di prevenzione nelle attività lavorative che avvengono negli
ambienti confinati. Convegni, seminari,
articoli, interviste
si soffermano su questi ambienti di lavoro, che riguardano molti settori
lavorativi e molte tipologie di industrie, ambienti che sappiamo essere con
troppa frequenza funestati da gravissimi
incidenti.
Per
continuare a parlare di ambienti confinati presentiamo oggi una pubblicazione
prodotta dall’ Azienda Sanitaria Locale
della Provincia di Bergamo dal titolo “
Istruzioni operative per lavori in ambienti
confinati”.
Il
documento, un pratico e concreto ausilio per le aziende, risale al giugno del
2010 e deve essere implementato con le nuove indicazioni del recente Decreto,
ma tuttavia contiene ancora validi suggerimenti e istruzioni che possono
facilitare la prevenzione negli ambienti confinati.
In particolare queste istruzioni operative (I.O.) hanno lo scopo non solo di “uniformare i comportamenti degli addetti all’effettuazione di lavori in ambienti confinati, definendo i criteri principali che regolamentano tali attività”, ma anche di fornire indicazioni per “l’individuazione, la valutazione e la gestione dei rischi legati alla presenza di sostanze pericolose non sufficientemente conosciute o non prontamente identificabili in ambienti confinati”.
In particolare queste istruzioni operative (I.O.) hanno lo scopo non solo di “uniformare i comportamenti degli addetti all’effettuazione di lavori in ambienti confinati, definendo i criteri principali che regolamentano tali attività”, ma anche di fornire indicazioni per “l’individuazione, la valutazione e la gestione dei rischi legati alla presenza di sostanze pericolose non sufficientemente conosciute o non prontamente identificabili in ambienti confinati”.
Ricordando
- per evitare facili confusioni e fraintendimenti – che con “
ambiente confinato” si intende uno “ spazio
circoscritto, caratterizzato da limitate aperture di accesso e da una
ventilazione naturale sfavorevole, in cui può verificarsi un evento incidentale
importante, che può portare ad un infortunio grave o mortale, in presenza di
agenti chimici pericolosi (ad esempio: gas, vapori, polveri)”.
E
se alcuni ambienti confinati sono facilmente identificabili (serbatoi di
stoccaggio, silos, recipienti di reazione, fogne, fosse biologiche, …), altri
ambienti, “che a un primo esame superficiale potrebbero non apparire come confinati,
in particolari circostanze potrebbero di fatto diventarlo, presentando le
medesime problematiche e i medesimi rischi”.
Ci
soffermiamo sui
fattori di rischio in
ambienti confinati, tutti da valutare con grande attenzione in sede di valutazione
dei rischi, con particolare riferimento al
fattore di rischio chimico.
Il
rischio chimico è sicuramente uno dei più gravi, se non il più grave, tra
quelli presenti negli ambienti
confinati ed è “riconducibile alla presenza e/o all’utilizzo, nello
svolgimento delle attività e nelle lavorazioni, di “ agenti
chimici pericolosi”, ovvero sostanze e/o preparati che in base alle loro
caratteristiche chimiche, fisiche e tossicologiche, sono in grado di provocare
incendi,
esplosioni, ustioni chimiche, corrosione di materiali o degrado di impianti,
danni acuti o cronici alla salute”.
Approfondiamo,
con l’aiuto delle linee guida Inail/ex Ispesl, la conoscenza dei
principali rischi associati alla presenza
di agenti chimici aerodispersi pericolosi (ad esempio, gas, vapori,
polveri) in ambienti
confinati.
Il
“
rischio di asfissia (ovvero
mancanza di ossigeno)
a causa di:
-
permanenza prolungata e/o sovraffollamento, con scarso ricambio di aria;
-
reazioni chimiche di ossidoriduzione di sostanze (ad esempio, combustione con
rilascio di anidride carbonica, di ammoniaca, di acido cianidrico, di acido
solfidrico);
Il
rischio di avvelenamento per inalazione
o per contatto epidermico, ad esempio a causa di:
-
gas, fumi o vapori velenosi normalmente presenti (ad esempio, residui in
recipienti di stoccaggio o trasporto di gas);
-
gas, fumi o vapori velenosi che possono penetrare da ambienti circostanti (ad
esempio, rilascio di monossido di carbonio), in relazione all’evaporazione di
liquidi o sublimazione;
-
solidi normalmente presenti (ad esempio, serbatoi e recipienti);
-
gas, fumi o vapori velenosi che possono improvvisamente riempire gli spazi, o
rilasciarvi gas, quando agitati o spostati (ad esempio: acido solforico, acido
muriatico, zolfo solido).
Il
rischio di incendio e esplosione,
che si possono verificare in relazione alla presenza di:
- gas
e vapori infiammabili (ad esempio: metano, acetilene, propano/butano,
xilolo, benzene);
-
liquidi infiammabili (ad esempio, benzine e solventi idrocarburici);
-
polveri disperse nell’aria in alta concentrazione (ad esempio: farine nei
silos, nerofumo, segatura);
-
eccesso di ossigeno o di ossidanti in genere (ad esempio: violenta ossidazione
di sostanze grasse/oleose, nitrato di ammonio con paglia o trucioli
di legno);
-
macerazione e/o decomposizione di sostanze organiche con autoriscaldamento
della massa, fino a raggiungere la propria temperatura di autoaccensione”.
Il
documento sottolinea che “alcune delle condizioni suddette possono già esistere
in origine negli ambienti confinati, mentre altre possono
sopraggiungere durante l’esecuzione dei lavori, per varie ragioni:
-
particolari operazioni eseguite (ad esempio, esecuzione di saldature);
-
materiali o sostanze introdotte (ad esempio: utilizzo di colle, solventi,
prodotti per la pulizia);
-
particolari attrezzature di lavoro impiegate (ad esempio, macchine elettriche
che producono inneschi);
-
inefficienza dell’isolamento dell’ambiente confinato rispetto ad altri ambienti
pericolosi (ad esempio, perdite da tubazioni presenti negli ambienti
confinati o negli spazi limitrofi)”.
Vi
rimandiamo alla lettura del documento dell’Asl bergamasca in merito agli
altri fattori di rischio trattati:
-
fattore di rischio fisico: “riconducibile
alla presenza, durante le attività lavorative, di agenti fisici in grado di
determinare condizioni di stress
tali da peggiorare le condizioni di lavoro”;
-
fattore di rischio infortunistico:
“riconducibile alla presenza, durante le attività lavorative, di pericoli
oggettivi che, se non adeguatamente valutati e prevenuti con idonee misure di
sicurezza, possono provocare lesioni e/o infortuni ai lavoratori”;
-
fattore di rischio strutturale:
“riconducibile alla caratteristiche fisiche e strutturali dell’ambiente
confinato nel quale si deve operare”;
-
fattore di rischio cognitivo o soggettivo:
riconducibile sostanzialmente a tre aspetti: “livello di esperienza e di
capacità professionali dei lavoratori”, “livello di conoscenza e di
consapevolezza dello specifico lavoro da svolgere” e “sottovalutazione del
rischio da parte dei lavoratori”;
-
fattore di rischio organizzativo:
“riconducibile, sostanzialmente, a una mancata pianificazione e organizzazione
dei lavori in ambienti
confinati”. Infatti i lavori in ambienti confinati “non possono mai essere
improvvisati, ma devono vedere la partecipazione di vari soggetti aziendali,
ognuno con un preciso compito e una precisa responsabilità”;
-
fattore di rischio fisiologico
individuale: “riconducibile alla presenza di fattori individuali che, in
qualche modo, potrebbero interferire con lo svolgimento di attività lavorativa
in ambienti confinati, come, ad esempio, una predisposizione a sindrome claustrofobica
e/o ad attacchi di panico. In questo caso, appare fondamentale l’attività del medico
competente, che nella sua valutazione dell’idoneità lavorativa specifica
deve tener conto delle specifiche problematiche legate agli ambienti
confinati”.
Il
documento si sofferma poi sulle
modalità
operative con particolare riferimento a:
-
valutazione preliminare dei lavori;
-
procedure operative e di sicurezza;
-
informazione, formazione e addestramento;
-
importanza dei “permessi di lavoro”;
-
identificazione dei ruoli;
-
allestimento cantiere;
-
dispositivi di protezione individuali ( DPI).
Infine
viene sottolineato che “nel corso di lavori in ambienti confinati, un incidente
o un infortunio – o comunque un qualche imprevisto - potrebbero esporre i
lavoratori a rischi gravi e immediati, e a volte mortali”. È dunque
indispensabile la preventiva predisposizione di un sistema di allarme e
successivamente di soccorso
in emergenza: occorre insomma predisporre un “
Piano (o procedura) di emergenza”.
In particolare un corretto Piano di emergenza
deve contenere “almeno i seguenti elementi:
-
precisi e univoci riferimenti ai luoghi di lavoro (ad esempio: località, lavori
da svolgere, date dei lavori, committente e principali imprese, numero massimo
di lavoratori previsti etc.);
-
i nominativi dei responsabili
della gestione delle emergenze e i loro recapiti di emergenza;
-
una sintesi della valutazione del rischio, in relazione alle possibili situazioni
di emergenza;
-
un elenco delle possibili e prevedibili ‘situazioni di emergenza’ che si
potrebbero verificare, con le relative azioni di allarme e di soccorso
da mettere in atto;
-
una chiara identificazione dei ruoli e delle responsabilità, che tenga conto di
tutte le imprese presenti. In una battuta, definire ‘chi fa che cosa, quando e
come’, per evitare inutili sovrapposizioni (due persone che fanno l’identica
azione, magari ostacolandosi a vicenda) o peggio un’azione non fatta, perché
tutti pensavano che l’aveva già fatta un’altra persona…”.
Queste
le due
considerazioni conclusive
contenute nel documento:
-
“tutte le attività svolte in ambienti confinati devono essere precedute da una
attenta e puntuale valutazione del rischio, che individui le fonti dei pericoli
e predisponga le misure di sicurezza necessarie al fine di eliminare, o se ciò
non è possibile, ridurre al minimo possibile i rischi;
-
al fine di ridurre al minimo i rischi, è necessario definire un’adeguata
procedura organizzativa, gestionale, tecnica, operativa e di emergenza,
tale da creare un vero e proprio ‘sistema’ della sicurezza, contraddistinto da
precise ‘figure responsabili’, in grado di garantire, tra l’altro, una idonea
attività di sorveglianza e verifica”.
N.B.:
Il documento presentato è precedente alla
presentazione del Decreto del Presidente della Repubblica per la qualificazione
delle imprese operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ex art
. 6, comma 8, lettera g), e 27, D.Lgs. 9 aprile 2008, n . 81, e s.m.i.
ASL
di Bergamo, Regione Lombardia, “ Istruzioni
operative per lavori in ambienti confinati”, (formato PDF, 923 kB).
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