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"Sulla scorretta applicazione del D. Lgs. n. 758/1994"
fonte puntosicuro.it / Normativa
26/03/2012 -
Siamo ormai a più di diciassette anni dall’entrata in vigore del
D. Lgs. 19/12/1994 n. 758 sull’introduzione delle modifiche arrecate alla
disciplina sanzionatoria in materia di igiene e di sicurezza sul lavoro e lo
stesso continua ancora a far parlare di sé e ad essere oggetto di continue
sentenze da parte della Corte di Cassazione che ancora una volta in questa
sentenza evidenzia una non corretta sua applicazione nell’ambito dei giudizi di
primo e secondo grado.
Se il contravventore di una norma in materia di igiene e di
sicurezza sul lavoro non è stato ammesso al pagamento della sanzione in misura
ridotta, pur sussistendo le condizioni previste dal citato D.
Lgs. n. 758/1994, e di conseguenza lo stesso non è stato messo in
condizione di esercitare la facoltà di accedere, anche se tardivamente, al
pagamento stesso e quindi alla successiva oblazione in fase amministrativa, la
sentenza emessa nei suoi confronti è da ritenersi nulla. Nel caso particolare
gli atti del procedimento penale sono stati rinviati al Tribunale di
provenienza affinché questi verificasse i termini della vicenda amministrativa
ed in particolare se l’imputato fosse stato messo in condizione di accedere
all’oblazione.
La contravvenzione e
il ricorso in Cassazione
Il responsabile
legale di una azienda ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
emessa da un Tribunale che lo aveva condannato alla pena di euro 1000 di
ammenda oltre al pagamento delle spese processuali per il reato di cui
all’articolo 8, comma 1 e 5, del D. P.
R. n. 547 del 1955, per non aver provveduto affinché i pavimenti ed i passaggi
obbligati presso il reparto assemblaggio della stabilimento non fossero
ingombrati da materiali di produzione in modo da non ostacolare la normale circolazione e di consentire ai mezzi di
trasporto l'esecuzione delle manovre in sicurezza. L'imputato veniva invece
assolto perché il fatto non sussiste dal reato di cui all'articolo 590 per
l'incidente occorso ad una lavoratrice dipendente della società investita in
retromarcia da un carrello e dalla contravvenzione di cui all’art. 224 del
D.P.R. n. 547/1955 contestata per non aver provveduto affinché nell'area
destinata al reparto assemblaggio davanti alle vie pedonali che immettevano
direttamente ed immediatamente in una via di transito dei mezzi meccanici
fossero disposte barriere atte ad evitare possibili investimenti ovvero
adeguate segnalazioni al fine di permettere ai pedoni di circolare in sicurezza rispetto alle zone
di transito e di carico scarico dei mezzi.
Nel ricorso
l’imputato ha sostenuto una erronea applicazione della legge con riferimento
all’art. 8 comma 5 del D. P. R. n. 547/1955 sul rilievo che la contravvenzione
de qua non riguardi l'ipotesi in cui le vie di transito dei carrelli siano
completamente invase da materiale in lavorazione trattandosi di spostamenti
momentanei necessitati dalla lavorazione stessa ed ha evidenziato altresì una
erronea applicazione del D. Lgs. n. 758/1994 avendo lo stesso ricorrente
adempiuto alle prescrizioni come accertato in sede di sopralluogo dall'ispettorato
del lavoro.
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il ricorso è stato
ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione. La stessa nel premettere che le condotte contestate nel caso in esame
benché facessero riferimento agli adempimenti del D.P.R. n. 547/1955, sono
previste attualmente come illecito penale anche dagli articoli 63, 64, 68 al D.
Lgs. n. 81/2008, che richiamano, in particolare, anche la disciplina contenuta
nell'allegato 4 punto 1.4 dello stesso decreto legislativo, per cui l'abrogazione
del D. P. R. n. 547/1955 non aveva quindi effetto sulla contestazione stante
l'evidente continuità normativa con
le disposizioni del Decreto Legislativo n. 81/2008, ha messo in evidenza il
mancato accesso nel caso in esame del contravventore alla oblazione. Dall'esame
del verbale di ispezione è emerso che benché il contravventore avesse
ottemperato alla prescrizione impartitagli lo stesso non era stato ammesso
all’oblazione. Il contravventore, infatti, aveva provveduto affinché i
pavimenti di passaggi ubicati presso il reparto assemblaggio dello stabilimento
non fossero ingombrati da materiali di produzione in modo da non ostacolare la
normale circolazione e di consentire ai mezzi di trasporto l'esecuzione delle
manovre in sicurezza.
“
Alle contravvenzioni in materia di igiene,
salute e sicurezza sul lavoro previste dal presente Decreto” ha sostenuto
la Sez. III, ”
nonché da altre
disposizioni aventi forza di legge, per le quali sia prevista la pena
alternativa dell'arresto o dell'ammenda ovvero la pena della sola ammenda, si
applicano le disposizioni in materia di prescrizione ed estinzione del reato di
cui all'articolo 20 e segg., Decreto Legislativo 19 dicembre 1994, n. 758” per
cui giusta è stata considerata la doglianza del ricorrente di non essere
stato messo nelle condizioni di operare il pagamento della somma ridotta
tenendo presente peraltro che anche l'adempimento tardivo avrebbe avuto
comunque rilevanza in quanto l’articolo 24, comma 3, del D. Lgs. n. 758/1994,
stabilisce che l'adempimento in un tempo
superiore a quello indicato nella prescrizione, ma che comunque risulta congruo
a norma dell'articolo 20, comma 1, ovvero l'eliminazione delle conseguenze
dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle
indicate dall'organo di vigilanza, sono valutate ai fini dell'applicazione
dell'articolo 162 bis c.p. ed in tal caso la somma da versare è ridotta al
quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa.
La suprema Corte ha
quindi annullata la sentenza di condanna con rinvio al Tribunale di
provenienza al fine di “
consentire un corretto esame che consenta di
ricostruire con esattezza sul piano fattuale i termini della vicenda
amministrativa, verificando se il ricorrente sia stato posto effettivamente in
condizione di procedere all'oblazione”.
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