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"Tossicodipendenza e abuso di alcol nel trasporto pubblico"
fonte puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
28/03/2012 - Molti articoli di PuntoSicuro in questi anni hanno voluto offrire
informazioni, fare chiarezza e riportare risultati e indicazioni relativi ai
controlli per la tossicodipendenza e l’abuso
di alcol nel mondo del lavoro. Elementi
non secondari del problema della sicurezza nei luoghi di lavoro, che deve
naturalmente essere garantita in tutti i suoi aspetti delineati dalla normativa
vigente.
“ Accertamento
di assenza di tossicodipendenze ed uso/abuso di alcol nei luoghi di lavoro.
Esperienze sul campo” – a cura di F. Spagnoli, S. Di Lorenzo, G. Michetti,
L. Tobia, A. Paoletti (Medicina del Lavoro, Università degli Studi de L’Aquila)
Di
tossicodipendenza e di abuso
di alcol si parla anche nelle
comunicazioni
presentate al 73° Congresso Nazionale SIMLII “La
Medicina del Lavoro quale elemento migliorativo per la tutela e sicurezza del Lavoratore
e delle attività dell’Impresa”.
In
tali comunicazioni - pubblicate sul secondo supplemento
del numero di ottobre/dicembre
2010 del Giornale
Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia – ci si sofferma in
particolare sui risultati di una verifica riguardo al consumo/abuso di alcol e
alla tossicodipendenza nel mondo del trasporto
pubblico.
In
“
Accertamento di assenza di
tossicodipendenze ed uso/abuso di alcol nei luoghi di lavoro. Esperienze sul
campo” – a cura di F. Spagnoli, S. Di Lorenzo, G. Michetti, L.
Tobia, A. Paoletti (Medicina del Lavoro, Università degli Studi de L’Aquila) –
si sottolinea che l’uso di bevande alcoliche rappresenta “un’abitudine
alimentare e culturale diffusa nel mondo occidentale”.
Si
ricorda inoltre che:
-
l’
abuso alcolico è “la
compromissione dell’esistenza correlata all’alcol che interferisce con le
normali funzioni dell’individuo”;
-
la
dipendenza alcolica “è la
necessità di assunzione di alcol, accompagnata da un’aumentata tolleranza
all’etanolo o a segni fisici di astinenza”;
-
con
droga “si intende una sostanza
psicoattiva che agisce sul SNC e altera l’equilibrio psicofisico
dell’organismo”;
-
il suo
abuso è relativo all’uso “voluttuario
e non terapeutico delle sostanze psicoattive che porta a menomazione, a disagio
clinicamente significativo o a incapacità di adempiere a compiti lavorativi”;
-
la
tossicodipendenza è “l’incapacità
di mantenere uno stato di benessere fisico e mentale senza il ricorso alla
droga”.
Sappiamo
inoltre, come riportato in numerosi articoli su PuntoSicuro, che le bevande
alcoliche possono arrivare a influenzare il comportamento dell’uomo al
lavoro, “agendo come concausa di danno e creando fattori di confondimento nella
diagnosi differenziale delle malattie professionali”.
L’
obiettivo dello studio - presentato
nella comunicazione - è stato quello di verificare, in un gruppo di lavoratori
addetti al trasporto urbano ed extraurbano, l’uso cronico di alcol etilico e
l’uso\abuso di sostanze stupefacenti.
Lo
studio ha riguardato 511 conducenti di autobus addetti al trasporto pubblico,
con età media di 41,6 anni e una anzianità lavorativa media specifica di 14
anni. A tali soggetti è stato somministrato il questionario CAGE ed è stato
effettuato un prelievo di sangue venoso - “con valutazione dei seguenti
parametri laboratoristici: CDT (transferrina decarboidrata), γGT, MCV (volume
corpuscolare medio, ndr), AST, ALT – per la verifica di uso/abuso di alcol.
Inoltre “per la verifica dell’uso\abuso di sostanze psicotrope e stupefacenti i
lavoratori sono stati sottoposti ad accertamenti di I livello: visita medica e
test tossicologicoanalitico su un campione di urine raccolto estemporaneamente”.
In
particolare con l’analisi dei dati si voleva evidenziare la
correlazione tra le “categorie di
bevitori” ed i valori medi analitici ottenuti dal prelievo ematologico.
E
“di rilievo è apparsa la
correlazione
tra MCV ed attitudine al bere”, debole invece quella tra CDT ed attitudine
al bere (nella comunicazione, che vi invitiamo a leggere, sono anche riportati
i dati relativi).
Si
ricorda che la
CDT è considerata
dalla comunità internazionale “il parametro con maggiore sensibilità e
specificità riguardo l’assunzione cronica di alcol, la cui accuratezza altera i
valori di CDT anche per bevitori non moderati” e questo spiega ragionevolmente
la “non correlazione tra CDT ed attitudine al bere”.
Gli
autori possono affermare che “
l’MCV è
più utile in una popolazione di consumatori moderati\abituali di alcol mentre
la CDT lo è per le categorie di minor consumo”.
Riguardo
poi al protocollo droghe, al test tossicologico di primo livello, “su 511
soggetti analizzati, sono stati riscontrati
3 casi di positività, 2 al metabolita THC ed uno alla cocaina”. Successivamente
al test di conferma (effettuato con “cromatografia accoppiata a spettrometria
di massa sull’aliquota B del campione raccolto”) il numero dei positivi si è
ridotto a 2 casi.
Veniamo
dunque alla
discussione relativa ai
risultati riportati.
La
comunicazione puntualizza che la diagnosi e la prevenzione
dell’alcol-dipendenza “si basano oggi sull’utilizzo di
strumenti di consolidata efficacia quali GGT, MCV, AST, ALT ai quali
si affianca la recente introduzione nella pratica di laboratorio del dosaggio
della CDT per l’individuazione dell’abuso cronico”. E i risultati dello studio
“avvalorano questa tesi, in quanto in ambito lavorativo,
la CDT è il parametro più importante per la diagnosi dell’abuso cronico
di bevande alcoliche; tale parametro mostra un’utilità maggiore se
integrato da dati anamnestici e dall’utilizzo di specifici questionari validati
quali il CAGE, MAST, MALT 1 e 2, AUDIT”.
Secondo
il parere degli autori la problematica legata all’assunzione di alcol deve inoltre
“
entrare a far parte del processo di
valutazione dei rischi
non solo in
relazione al semplice uso\abuso ma anche agli eventi infortunistici e ai loro
possibili determinanti”.
Inoltre
per quanto riguarda la diagnosi e la prevenzione delle condotte di uso\abuso di
sostanze stupefacenti “disponiamo di test tossicologici per valutare la
positività nei confronti di una sostanza; in aggiunta il medico del lavoro può
avvalersi, attraverso la sorveglianza
sanitaria, dei propri strumenti quali l’esame obiettivo e l’anamnesi
professionale”.
In
conclusione per ridurre il consumo di sostanze stupefacenti - assunte anche in
maniera occasionale – “oltre alle sanzioni di inidoneità
temporanea alla mansione, è opportuno sviluppare, in collaborazione con le
varie figure aziendali (DDL, RSPP, RLS) un
programma
di counselling aziendale specifico mirato a formare ed informare i
lavoratori sui rischi e le conseguenze anche del solo consumo occasionale”.
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