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"I compiti del preposto per la sicurezza del lavoro"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza
20/07/2012 -
Continuazione dell’articolo “ L’individuazione
del preposto per la tutela della sicurezza del lavoro”.
3. La posizione di garanzia
del preposto
La Corte di Cassazione ha ben
definito la differente posizione di garanzia del preposto
rispetto a quella del datore di lavoro confermando la condanna di un preposto
nei seguenti termini: “
la posizione di garanzia del preposto”, ha
sostenuto la suprema Corte, “che ai sensi del Decreto Legislativo n. 81 del
2008, articolo 19 per la parte in cui la nuova norma
rappresenta una sintesi
di tutto l'assetto della precedente giurisprudenza in materia, deve
sovrintendere e vigilare, informare, verificare, frequentare corsi di
formazione, è definita in termini che non lasciano spazio a imputazioni che
riguardano le omissioni di cautele relative alla organizzazione del lavoro
incombente su altri soggetti (datori di lavoro e dirigenti)”.
“La contestazione mossa”, ha
proseguito la Sez. IV, “aveva riguardo a specifiche condotte omissive
caratterizzate da negligenza, imperizia e imprudenza, e tutte relative a
compiti propri del preposto e caratteristici della sua posizione di preminenza
tecnica e gerarchica”. L'attrezzaggio di una macchina con modalità incongrue
rispetto alla singola lavorazione da svolgere in un determinato momento,
infatti, non rientra certo, secondo la Corte, nei compiti di investimento,
previsione, predisposizione, e controllo propri del datore di lavoro per cui la
Corte di Appello ha applicato correttamente i principi di diritto relativi alla
addebitabilità della colpa, “evidenziando che le omissioni accertate sono da
riportare alla posizione di garanzia che caratterizza la responsabilità del
preposto entro i confini del corretto esercizio delle competenze tecniche,
tutte proprie della sua qualifica e delle sue mansioni”. La Corte di Appello,
ha fatto inoltre notare la Sez. IV, ha individuato la causa dell'infortunio
nella mancata idonea regolazione della posizione dello schermo protettivo che
sale e scende in sincrono col mandrino del trapano a colonna e che in sostanza
lo schermo non copriva e non schermava in alcun modo la punta rotante del
trapano. “Il compito di regolazione/macchina”, ha così concluso la suprema
Corte, “spetta, operazione per operazione, ad un operativo e non, certamente,
al datore di lavoro”. [Corte di Cassazione - Sezione IV Penale - Sentenza n.
42469 del 1° dicembre 2010 (u. p. 9 luglio 2010) - Pres. Brusco – P. M. De
Sandro - Est. Zecca - Ric. M. C. ]
Il concetto di sovrintendere
La Corte di Appello di Milano,
con la sentenza 23 ottobre 1998, analizzando quelle norme in cui l'accento è
posto proprio sul verbo “sovrintendere”, ha autorevolmente sostenuto che “
l'accento
... è posto su “tale verbo”, che, secondo il suo significato letterale,
confermato da un concorde orientamento della dottrina e della giurisprudenza,
indica essenzialmente
un'attività rivolta a vigilare sul lavoro dei
dipendenti, per garantire che esso si svolga nel pieno rispetto delle regole di
sicurezza imposte dalla legge e dagli organi dirigenti dell'azienda e comporta
anche un limitato potere di impartire ordini e istruzioni di natura meramente
esecutiva”.
Il tratto essenziale di tale
funzione è vigilare, e la vigilanza “
dovrebbe consistere in un assiduo
controllo dello svolgimento dell'attività lavorativa, in conformità ai modi, ai
tempi e agli obiettivi fissati in via generale dai superiori gerarchici (i
dirigenti) e sulla base dei criteri di massima, con i mezzi, le attrezzature e i
presidi di sicurezza dagli stessi preordinati” (Di Lecce, Culotta,
Costagliola, Prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, Pirola editore,
Milano 1997 pag. 138)
Il sovrintendere richiede però un
requisito preliminare, ovvero il possesso di una
supremazia riconosciuta
sugli altri lavoratori: viene infatti definito dalla sentenza della Cassazione
pen. n. 760/91 come “
chiunque si
trovi in posizione tale da dover dirigere e sorvegliare l'attività lavorativa
di altri operai ai suoi ordini”.
4. L'individuazione da parte
della legge e della giurisprudenza del preposto: supremazia
La individuazione dei destinatari
delle norme antinfortunistiche “
va compiuta non tanto in relazione alla
qualifica rivestita nell'ambito dell'organizzazione aziendale ed imprenditoriale
quanto, soprattutto, con riferimento alle
reali mansioni esercitate che
importino le assunzioni di fatto delle responsabilità a quelle inerenti
,
la qualifica e le responsabilità del preposto non competono soltanto ai
soggetti forniti di titoli professionali o di formali investiture, ma a
chiunque
si trovi in una posizione di supremazia, sia pure embrionale, tale da porlo in
condizioni di dirigere l'attività lavorativa di altri operai soggetti ai suoi
ordini; in sostanza
preposto può essere chiunque, in una formazione
per quanto piccola di lavoratori, esplichi le mansioni di caposquadra al di
fuori della immediata direzione di altra persona a lui soprastante”
(Corte di Cassazione Penale, 6 luglio 1988 n° 7999, Chierici ed altro, in
motivazione).
In questo caso il preposto svolge
un compito che, definito genericamente dalla massima come “dirigere”,
rappresenta un modo concreto di sovraintendere all'attività dei lavoratori.
Come già detto in riferimento
all’identificazione dei dirigenti, "
l’individuazione dei destinatari
degli obblighi di prevenzione dagli infortuni sul lavoro va compiuta caso per
caso, con riferimento alla organizzazione dell’impresa e alle mansioni
esercitate in concreto dai singoli" (Cassazione sez. IV, n. 927 del
29.12.82): possiamo dunque affermare che "
in materia di prevenzione
degli infortuni e delle malattie professionali, il preposto condivide con il
datore di lavoro, ma con sfumature diverse secondo le sue reali mansioni, oneri
e responsabilità soltanto gli obblighi di sorveglianza, per cui egli non è
tenuto a predisporre i mezzi antinfortunistici, essendo questo un obbligo
esclusivo del datore di lavoro
, ma deve invece vigilare affinché gli ordini
vengano regolarmente eseguiti. L'omissione di tale vigilanza costituisce
colpa se sia derivato un sinistro dal mancato uso di tali cautele"
[Cassazione penale, sez. IV, 21 giugno 1988, Cass. pen. 1989, 1091 (s.m.). Riv.
pen. 1989, 377. Giust. pen. 1989, II,362 (s.m.)].
In particolare trattasi di un
soggetto, alle dirette dipendenze del datore di lavoro, al quale è attribuita
(di fatto, o mediante specifico incarico) una funzione di controllo permanente
e di sovrintendenza nello svolgimento della prestazione lavorativa. In
particolare ha ritenuto Cass. Pen. sez. IV, con sentenza del 25/1/1982 n. 745,
che “
i preposti non esauriscono il loro obbligo con l’impartire generiche
disposizioni al personale sottostante, essendo essi tenuti a vigilare sulla
concreta attuazione di tali disposizioni e a predisporre i mezzi che si rendano
necessari”.
I Preposti hanno dunque il
compito fondamentale e prevenzionisticamente preziosissimo di
verificare la concreta attuazione delle
procedure comportamentali stabilite dall' azienda, tese alla protezione dei
lavoratori e alla prevenzione dei rischi presenti negli ambienti di lavoro.
Anche prescindendo da una formale
investitura da parte del datore di lavoro nella posizione di preposto
con attribuzione dei compiti connessi e delle conseguenti responsabilità (si
veda l'
art. 299 D.Lgs. n. 81/2008:
“Esercizio di fatto di poteri
direttivi”, norma prevede secondo la quale
“le posizioni di garanzia
relative ai soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b), d) ed e)
[datore di lavoro, dirigente e preposto, n.d.r.] gravano altresì su colui il
quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri
giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti”), il preposto
(anche di fatto) sarà comunque obbligato a rispettare e a far rispettare ai
lavoratori la normativa antinfortunistica, in quanto espressamente menzionato
tra i soggetti contitolari dell'obbligazione di sicurezza dall’art. 2 comma 1
lettera d) e dall'art. 19 del D. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81.
La Cassazione [Cassazione penale,
Sez. IV- Sentenza n. 11351 del 31 marzo 2006 (u.p. 20 aprile 2005) - Pres.
D'Urso - Est. Battisti – P.M. (Conf.) Salzano - Ric. Stasi e altro ] è
esplicita: «
la stessa formulazione della norma (art. 1, comma 4 bis, D.Lgs.
n. 626/1994) - negli stessi, pressoché identici, termini usati dall'art. 4
d.P.R. 27 aprile 1955 n. 547 [ora artt. 2 comma 1 lett. c ed e, 18 e 19 del
D.Lgs. n. 81/2008] -
consente di ritenere che il legislatore abbia voluto
rendere i dirigenti e i preposti destinatari delle norme antinfortunistiche
iure proprio, prescindendo dalla eventuale delega» e le precise
disposizioni della legislazione prevenzionistica in materia di «
obblighi del
datore di lavoro, del dirigente e del preposto (...) può far ritenere che per
questi due ultimi soggetti sia stata prevista
una investitura originaria e non
derivata dei doveri di sicurezza».
I preposti sovraintendono
all’osservanza di tutte le disposizioni di legge in materia di tutela della
salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, e questo vale
per tutti i settori di attività privati o pubblici, secondo quanto chiaramente
affermato dall'art. 1 comma 1 del D. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81.
5. L'attività di
sovraintendere: contenuto dettagliato
L'attività di sovraintendere
comprende il potere di impartire ordini e istruzioni per regolare l'esecuzione
del lavoro altrui, e il controllo affinché tale lavoro venga svolto in
sicurezza, utilizzando tutti i necessari e idonei mezzi e dispositivi forniti
dal datore di lavoro: va dunque sottolineato che il preposto ha un compito
specifico inerente lo svolgimento di mansioni di vigilanza antifortunistica,
perché, in passato ai sensi dell'art. 4 del d.P.R. 27 aprile 1955 n. 547 e
dell’art. 1 comma 4 bis D.Lgs. 19 settembre 1994 n. 626, e ora dell'art. 19 del
D.Lgs. n. 81/2008,
ha il compito di “sovrintendere alle attività”, e quindi
“il preposto ha solamente il dovere di vigilare a che i lavoratori osservino le
misure e usino i dispositivi di sicurezza e gli altri mezzi di protezione e si
comportino in modo da non creare pericoli per sé e per gli altri” (e, in più,
“è tenuto a collaborare con l'imprenditore e, quindi, a fargli presenti le
carenze in tema di prevenzione, riscontrate nel luogo di lavoro”) “ (Cass.
26 giugno 1996, Fera, in Dir. prat. lav., 1996, 33, 2387).
Nel concetto di preposto
consolidatosi con la definizione di cui all'articolo 2 comma 1 lettera e) del
dal D. Lgs. n. 626/94 è contenuta tutta l’elaborazione della giurisprudenza di
legittimità:
“
il preposto è, nella impresa, colui che
, come
prevede l'articolo 4 del d.P.R. n. 547 del 1955 [ed anche l'art. 1 comma 4 bis
D.Lgs. 19 settembre 1994 n. 626, n.d.r.] ,
sovrintende alle attività cui
siano addetti i lavoratori subordinati anche con il compito - non
esclusivo, ma sussidiario, spettando quel compito, anzitutto, al datore di
lavoro e ai dirigenti, tra i quali il direttore dei lavori se nominato -
di
pretendere dai lavoratori che si avvalgano delle misure di sicurezza fornite
dall'imprenditore in conformità con le norme vigenti o, comunque,
indispensabili a causa del tipo di lavorazione specifica e in relazione agli
sviluppi delle nozioni tecniche”,
Conformemente al proprio ruolo
gerarchico,
«in caso di mancata osservanza delle misure di sicurezza da
parte di uno o più lavoratori, il capo reparto non può limitarsi a rivolgere
benevoli richiami, ma deve informare senza indugio il datore di lavoro o il
dirigente legittimato a infliggere richiami formali e sanzioni a carico dei
dipendenti riottosi» (Cass. pen. sez. IV, 13/7/1990 n. 10272, Baiguini, in
Guariniello, Sicurezza del Lavoro e Corte di Cassazione, Il Repertorio p. 43).
In tal senso «rispondono del
reato di lesioni personali colpose gravi, commesso con la violazione di norme
relative alla prevenzione degli infortuni e all'igiene del lavoro,
il
primario di un reparto di "rianimazione centralizzata" ed il
responsabile di una ditta fornitrice per aver omesso sia di indicare sia di far
adottare al personale ospedaliero misure precauzionali per l'uso di
un'apparecchiatura per il monitoraggio cruento della pressione sanguigna e,
dunque, per non aver impedito che una fuoriuscita di sangue
dall'apparecchiatura applicata a un paziente ammalato di Aids (verificatasi al
momento della rimozione del traduttore dalla cupola in occasione delle
operazioni necessarie per il trasporto del paziente stesso in altro reparto)
investisse in più parti del corpo una infermiera priva in quel momento di mezzi
personali di protezione, provocandole un'infezione da Hiv con indebolimento
permanente del sistema immunitario, dell'organo della procreazione e delle
funzioni psichiche (Pretura Torino 22 marzo 1989, in Foro it. 1990, II,58).
6. Le funzioni del preposto
Secondo la Suprema Corte (Corte
di Cassazione sezione III penale, 27 gennaio 1999 n. 1142, P.M. in c. Celino
“
il
preposto, privo del potere o dovere di predisporre mezzi e strutture, svolge
compiti di controllo e sorveglianza, con corrispettivi poteri organizzativi e
disciplinari”:
- “è responsabile, tra
l'altro, dell'attuazione delle misure di sicurezza decise dal datore di lavoro
ed organizzate dai dirigenti per il concreto svolgimento dell'attività”
lavorativa;
- “rende edotti i
lavoratori dei rischi cui sono soggetti”;
- “vigila sull'uso dei
dispositivi di sicurezza individuali”;
- “verifica se, nelle fasi
di produzione,
si presentino rischi imprevisti e prende le opportune cautele”;
- “deve attuare il piano di
manutenzione delle macchine e predisporre verifiche e controlli sulle stesse
per garantirne la perfetta efficienza”.
La sentenza aggiunge che “d
a
tale coacervo di funzioni si evince che
grava sul preposto, nell'alveo
del suo compito fondamentale di vigilare sull'attuazione delle misure di
sicurezza,
l'obbligo di verificare la conformità dei macchinari alle
prescrizioni di legge e di impedire l'utilizzazione di quelli che, per
qualsiasi causa (inidoneità originaria o sopravvenuta), siano pericolosi per
l'incolumità del lavoratore che li manovra)”.
Perciò
il preposto deve, ai
sensi dell'art. 19 comma 1 lett. a del D.Lgs. n.81/2008, anche richiamare
ogni singolo lavoratore all'osservanza dei suoi obblighi di legge (cfr. art. 20
comma 2 D. Lgs. n. 81/2008, dedicato agli obblighi dei lavoratori, che però
rappresenta anche in modo efficace il nucleo centrale degli obblighi dei
preposti, in quanto quel che i lavoratori devo obbligatoriamente “fare” in materia
di prevenzione, costituisce anche un preciso obbligo di sorveglianza e di
controllo a carico del preposto):
a) far osservare le disposizioni
e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e proprie, ai
fini della protezione collettiva ed individuale;
b) fare utilizzare correttamente
le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di
trasporto, nonché i dispositivi di sicurezza;
c) fare utilizzare in modo
appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;
d) verificare che ogni lavoratore
provveda a segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al
preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi, nonché qualsiasi eventuale
condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente,
in caso di urgenza, nell'ambito delle proprie competenze e possibilità e fatto
salvo l'obbligo di cui alla lettera successiva per eliminare o ridurre le
situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante
dei lavoratori per la sicurezza;
e) controllare che ogni
lavoratore non proceda a rimuovere o modificare senza autorizzazione i
dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;
f) controllare che ogni
lavoratore non proceda a compiere di propria iniziativa operazioni o manovre
che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza
propria o di altri lavoratori;
g) controllare che ogni
lavoratore partecipi ai programmi di formazione e di addestramento organizzati
dal datore di lavoro.
7. La necessaria
qualificazione tecnica del preposto
Le norme di tutela della
sicurezza del lavoratore, in base alle quali si richiede che determinati lavori
siano guidati da un capo squadra o da un preposto, “
sono soddisfatte solo
quando un lavoratore dotato della necessaria qualificazione tecnica per lo
svolgimento di tale incarico sia stato espressamente investito di un siffatto
ruolo
, non essendo sufficiente che uno dei lavoratori abbia una
qualifica che in astratto lo abiliterebbe a svolgere mansioni diverse da quelle
alle quali è di solito addetto” (Cassazione penale, sez. VI, 24 maggio
1977, Chezzi): qui il problema è a carico del dirigente, che deve dimostrare di
aver assegnato il compito di sovraintendere all'attività dei lavoratori a persona
competente e capace.
Nello stesso senso:
1) Cass. Pen. sez. IV, 10/3/1995,
n.4432: all’imprenditore che abbia [provveduto] a nominare un preposto per
sovraintendere determinate specifiche operazioni [ad es. caposquadra,
caporeparto], designando una persona capace ed idonea a sostenere il ruolo
assegnatogli, non può essere addebitato l'evento dannoso che si sia verificato
per inosservanza delle disposizioni che regolano quelle specifiche operazioni;
2) Cass. Pen. sez. IV,
18/03/1986: in tema di infortunio sul lavoro l’imprenditore non va esente da
responsabilità penale solo perché abbia delegato ad un capo cantiere
l'apprestamento delle antinfortunistiche, dovendo comunque dimostrare che la
persona delegata sia qualificata e capace;
Chiarificatrice la sottolineatura
della Cassazione penale (sez. IV, 26 giugno 1996, n. 6468, Fera) laddove
evidenzia l'esigenza, normativamente imposta, di non porre a carico del
preposto compiti spettanti esclusivamente al datore di lavoro o al dirigente
che lo rappresenta: “
il capo-squadra [quale preposto, n.d.r.], ha
mansioni normalmente limitate alla sorveglianza sull'andamento dell'attività
lavorativa, ha solamente il dovere di vigilare a che i lavoratori osservino le
misure e usino i dispositivi di sicurezza e gli altri mezzi di protezione e si
comportino in modo da non creare pericoli per sé e per gli altri
,
con la conseguenza che
una responsabilità del preposto è inconcepibile
allorché l'infortunio sia dipeso, non da omessa e insufficiente vigilanza nel
senso suddetto, ma dalla mancanza degli strumenti, misure, cautele e
accorgimenti antinfortunistici la cui predisposizione e attuazione spetta al
datore di lavoro o al soggetto specificamente competente cui quest'ultimo abbia
conferito apposita ed espressa delega”. Questa sentenza mette in giusta
evidenza la ripartizione funzionale, normativamente prevista, dei compiti
prevenzionistici tra datore di lavoro, dirigente e preposto, e la non
intercambiabilità dei compiti, che restano ognuno in capo al destinatario
previsto dalla norma, in via generale e non derogabile, a meno che intervenga
uno strumento specifico, ed esplicito, quale quello della delega.
La Cass. Pen. 21 dicembre 1995 n.
3483, aveva a suo tempo sottolineato che
“secondo la giurisprudenza anche
delle sezioni civili di questa suprema corte (cfr. tra le altre, sez: lavoro,
29 marzo 1995, n. 3738), le finalità di tutela della sicurezza del lavoro, in
considerazione delle quali si richiede che determinati lavori siano eseguiti
sotto la direzione o la sovrintendenza di dirigenti o preposti, sono
soddisfatte solo quando un soggetto, dotato dei necessari requisiti per lo
svolgimento dell’incarico, sia espressamente investito di un siffatto ruolo e
della conseguente responsabilità, non essendo sufficiente l’avere affidato alla
prudente discrezione di operai, sia pure esperti, l’applicazione di cautele e
provvidenze prescritte a tutela degli stessi operai ed essendo, a maggior
ragione, escluso che detto incarico possa essere attribuito al medesimo
lavoratore direttamente impegnato nelle operazioni della cui sicurezza si
tratta.
Sulla relazione tra
comportamento imprevedibile del lavoratore
e responsabilità del preposto, una sentenza di merito si è pronunciata in
relazione alla situazione nella quale il lavoratore pone in atto un
comportamento insicuro nonostante sia stato preventivamente ed adeguatamente
informato sui rischi di infortunio e formato sui modi per fronteggiarli.
Il Tribunale Penale di Milano -
in composizione monocratica - Sentenza del 12 luglio 2002 - Giudice Dott.ssa
Bernante - ha stabilito che: "
il preposto non è responsabile delle
lesioni subite dal lavoratore nell’effettuare un’operazione di movimentazione
manuale di carichi, allorquando abbia informato i lavoratori circa la
necessaria adozione delle specifiche misure di sicurezza individuate e abbia
predisposto le attrezzature idonee per l’esecuzione del lavoro. Non è
configurabile inoltre la colpa in capo al preposto per omessa vigilanza
relativa all’utilizzo delle dette attrezzature se l’evento è riconducibile ad
un’imprevedibile iniziativa del lavoratore, di cui l’imputato non era a
conoscenza".
Questa è la massima, mentre nella
sentenza testualmente si afferma che:
“
È emerso infine che il
comportamento tenuto dalla parte lesa e dal collega P. non corrispondeva ad una
prassi abituale vigente in azienda, posto che dagli accertamenti svolti
dall’operante C. era emerso che le operazioni di movimentazione dei motori
venivano di regola compiute facendo uso della barra metallica o dell’argano
messi a disposizione dall’azienda stessa.
Nessun concreto addebito di
colpa può essere, quindi, mosso al B. nel caso in questione, né in relazione
all’omessa predisposizione delle attrezzature idonee per l’esecuzione del
lavoro, certamente esistenti nel caso di specie, né all’omessa vigilanza
sull’utilizzo delle stesse, dovendo ricondursi l’evento ad una personale ed
imprevedibile iniziativa dei due lavoratori, di cui l’imputato non era a
conoscenza, non trattandosi di una prassi abituale in azienda e non essendo
presente al momento del fatto.
L’imputato deve quindi essere
assolto dal reato ascrittogli perché il fatto non costituisce reato”.
Per quanto attiene
l'obbligo del preposto di riferire le
carenze antinfortunistiche riscontrate sul luogo di lavoro, è certo corretto
premettere che “
l'attività economica è di colui che ne è il titolare, solo
al quale spetta il compito di organizzare i fattori della produzione, tra i
quali il lavoro, e di preoccuparsi, come vuole la legge, che quest'ultimo si
svolga nell'osservanza delle norme antinfortunistiche e, pertanto, di
preoccuparsi di fornire i presidi previsti dalla legge o dalla comune prudenza:
egli soltanto, infatti, ha, in linea di principio, il potere di destinare
adeguate risorse per quei presidi”. Ma “
se il preposto non è tenuto a
munire gli operai dei presidi antinfortunistici, è tenuto a collaborare con
l'imprenditore e, quindi, a fargli presenti le carenze, in tema di prevenzione,
riscontrate nel luogo di lavoro” (Cassazione penale sez. IV - Sentenza
26 giugno 1996, n. 6468 - Pres. Scorzelli - Est. Battisti - P.M. P. conf.
Albano - Ric. Fera in Dir. e prat. lavoro, 1996, 33, p. 3487). Il
ruolo
collaborativo del preposto, funzionalmente subordinato nella gerarchia
aziendale ai dirigenti e al datore di lavoro, opera dunque in una duplice
direzione: verso “il basso”, quando vigila e sorveglia l'attività dei
lavoratori, imponendo loro adozione delle misure e degli strumenti di
prevenzione e protezione, e verso “l'alto”, quando riferisce tempestivamente le
carenze prevenzionistiche e protezionistiche, in particolare quelle improvvise
e impreviste.
Un aspetto importante
dell'attività dei preposti riguarda la
gestione
degli appalti.
I preposti dell'impresa
committente all’
appalto (assistenti all’appalto) devono, per quanto di
propria competenza “segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al
dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi
di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si
verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della
formazione ricevuta” (art.19 c. 1 lett. f D.Lgs. n. 81/2008).
Da notare che (Pretura di
Tolmezzo, 28/8/1998) "
è
responsabile
del reato di cui agli artt. 590 c.p. e 7 D.Lgs. n.
626/94 [ora art. 26 D.Lgs. n. 81/2008]
il
soggetto che, pur senza essere investito di delega da parte del datore di
lavoro, svolga le funzioni di preposto ed abbia assunto in concreto il compito
di accompagnare un lavoratore autonomo in un sopralluogo al fine di predisporre
un preventivo di spesa".
Infine (Cass, Sez. IV, SENT.
40939 16/10/2002 – 05/12/2002) “in tema di prevenzione degli infortuni sul
lavoro, al fine di istituire una posizione di garanzia individuabile nella
qualità di preposto
non è sufficiente che il lavoratore abbia una
qualifica
superiore a quella degli altri dipendenti,
ma è necessario che gli
siano attribuiti, anche di fatto,
poteri di sovraordinazione sugli altri
dipendenti operanti in un determinato settore. Ne consegue che, nel caso in cui
al dipendente è attribuito esclusivamente il compito di trasmettere gli ordini
formulati da altri preposti o da un dirigente o dal datore di lavoro, non può
egli divenire titolare della posizione di garante della salute e della
sicurezza degli altri dipendenti”.
La Corte di Cassazione penale
sentenza 29323/2008, emessa il 15 dicembre 2008 ha statuito che il caposquadra
risponde personalmente degli infortuni suoi e dei compagni se non ha seguito le
misure antinfortunistiche né le ha fatte seguire ai suoi colleghi.
Il provvedimento ha respinto il
ricorso di un caposquadra, responsabile della sicurezza in cantiere, che
lamentando di appartenere al quarto livello contrattuale sosteneva di non poter
rispondere di un infortunio al posto dei vertici aziendali.
Secondo la ricostruzione dei
fatti, svoltisi durante la posa in opera di cavi coassiali presso un
condominio, sia l’operaio che il caposquadra hanno adottato comportamenti a
rischio avventurandosi in condotti di passaggio senza l’ausilio dei supporti,
come scale e cinture di sicurezza, a disposizione dell’azienda.
La Cassazione ha concluso che non
può essere imputata alcuna colpa al datore di lavoro perché il caposquadra,
oltre ad essere tale, ricopriva anche il ruolo di rappresentante della
sicurezza, formato dall’azienda con corsi annuali e materiale informativo. Era
quindi a conoscenza dell’obbligatorietà, nonché della necessità, di utilizzare
i supporti di sicurezza a disposizione.
Il ricorso del caposquadra,
basato sulla presunzione di una colpa del datore di lavoro, che essendo a
conoscenza della pericolosità del quartiere avrebbe dovuto imporre la
costruzione di ponteggi e impalcature, è stato respinto.
Stessa sorte per l’inadeguatezza
della qualifica del ricorrente. L’organizzazione della responsabilità era
infatti disposta su tre livelli e ripartita tra datore di lavoro, dirigenti e
preposti. La Suprema Corte ha però fatto notare come in base alla singola fase
operativa anche un caposquadra, inquadrato nel quarto livello, se ben istruito,
possa rivestire la qualifica
di preposto.
L’accettazione della nomina e lo
svolgimento di un adeguato addestramento rendono infatti irrilevante il livello
professionale e l’inquadramento.
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