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"REACH e CLP: l’impatto sulla valutazione e gestione del rischio chimico"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
15/10/2012 - In relazione alle novità apportate dal regolamento
REACH 1907/2006 e dal regolamento CLP 1272/2008,
PuntoSicuro ha presentato gli atti di un seminario che si è tenuto l’8 giugno
2012 a Rimini. Il seminario “ Prodotti
chimici: impatto del REACH e CLP in azienda” - organizzato dall’ Assoservizi
Rimini e Confindustria
Rimini, in collaborazione con l’ Ordine Interprovinciale dei Chimici dell’Emilia Romagna –
non solo ha richiamato l’attenzione sui cambiamenti apportati dai regolamenti
europei, ma ha fornito un supporto in relazione agli adempimenti relativi alla
valutazione e gestione del rischio chimico.
Nell’intervento
“
I
nuovi regolamenti europei: gli impatti sulla valutazione e gestione del rischio
chimico”, a cura di Bruno Marchesini (Gruppo di lavoro “Rischio chimico
in ambiente di lavoro” dell’Ordine Interprovinciale dei Chimici
dell’Emilia-Romagna) si affrontano ad esempio le
ricadute sulla valutazione del rischio delle differenze nella
classificazione di pericolo:
-
“per sostanze con classificazione armonizzata, non sempre è possibile la
conversione diretta da classificazione DSP (direttiva 67/548/CE relativa alle
sostanze pericolose, ndr) a classificazione CLP;
-
sostanze o miscele che non risultavano pericolose applicando i criteri di
classificazione DSP e DPP (direttiva 1999/45/CE relativa ai preparati
pericolosi, ndr) possono essere classificate pericolose con i criteri CLP
diventando quindi agenti chimici pericolosi, o possono cambiare classe di
pericolo;
-
alcune sostanze possono ora comparire nell’allegato VI aggiornato con il Reg.
790/2010 (1° ATP), e quindi essere classificate come pericolose (per entrambi i
criteri, DSP e CLP), diventando agenti chimici pericolosi, o possono cambiare
classe di pericolo”.
Quindi
c’è la necessità di “aggiornare il documento di valutazione del rischio da
agenti chimici pericolosi” ai sensi dell’art. 223, comma 1 del Decreto legislativo 81/2008.
Inoltre
con il
regolamento REACH si
generano:
-
“nuove informazioni sui pericoli intrinseci delle sostanze;
-
nuovi canali e modalità di comunicazione dell’informazione lungo la catena di
approvvigionamento;
-
procedure di autorizzazione/restrizione”.
E
alcuni
impatti diretti sono:
-
“quelli che derivano dal nuovo allegato II (SDS);
-
quelli che arrivano dall’applicazione dell’art. 32 del REACH;
-
quelli che derivano dalla prima scadenza del REACH (30/11/2010)”.
Insomma
i differenti “percorsi regolatori relativi alla valutazione del rischio” (regolamento
REACH e Titolo IX del D.Lgs. 81/2008 in particolare) “sono
espressioni diverse dello stesso, identico percorso logico”. Si
passa da una accurata caratterizzazione delle proprietà intrinseche delle
sostanze, alla definizione della loro pericolosità, agli usi e modalità
d’impiego, fino all’individuazione dei rischi ad esse associate e alle relative
modalità di gestione.
Dunque
il
CSA (CSA-Chemical Safety
Assessment) e la
VdR sono “due
diverse modalità di valutazione del rischio che devono essere considerate
complementari, e quindi non sostitutive”. Tra l’altro se l’adempimento al
Titolo IX del D. Lgs. 81/2008 è stato affrontato correttamente, “in molti casi,
il datore di lavoro (utilizzatore finale) avrà poco da fare oltre alla
rivisitazione della propria VdR e all’implementazione delle modifiche, qualora
necessario”.
Un’efficace
integrazione tra il Testo Unico ed il regolamento
REACH può avvenire se non si determinano ambiguità legate al diverso “contesto
della normativa sociale e di quella di prodotto sia da parte dei
fabbricanti/importatori che da parte degli utilizzatori a valle”.
Le
slide relative all’intervento, che vi invitiamo a visionare, riportano un’utile
scheda di comparazione tra REACH e
D.Lgs. 81/2008 in merito a: campo di applicazione, soggetti coinvolti,
valutazione dei rischi, conformità dell’esposizione, scenari di esposizione,
autorizzazione/restrizione, informazione sui rischi.
Ad
esempio il
campo di applicazione del
REACH è “tutte le sostanze in quanto tali o presenti in miscele o articoli
prodotte o importate in quantità superiori a 1 t/a”, mentre il campo di
applicazione del D.Lgs. 81/2008 è “tutte le sostanze
pericolose per la salute/sicurezza utilizzate da sole o in miscele o che si
sviluppano nei processi indipendentemente dalla quantità”. E se per il REACH la
valutazione è la “caratterizzazione presunta del rischio espositivo per la
salute/sicurezza umana (lavoratori/popolazione) e per l’ambiente”, per il
D.Lgs. 81/2008 è la “caratterizzazione del rischio per la salute/ sicurezza dei
lavoratori per lo specifico ambiente di lavoro”.
Riguardo
all’
esposizione il documento ricorda
che per il REACH si fa riferimento a “esposizione stimata/misurata inferiore ai
valori di DNEL (o DMEL)”.
Dove
il
DNEL (livello derivato di non
effetto) è il “livello di esposizione al di sopra del quale l’essere umano non
dovrebbe essere esposto”. Devono essere stabiliti i “valori di DNEL per il
profilo di esposizione (possibili vie, durata e frequenza di esposizione)”.
Dunque
in questo caso “l’elemento chiave per la caratterizzazione del rischio di una
sostanza con soglia di effetto” è appunto il DNEL,
livello di esposizione al di sotto del quale si assume che gli effetti
avversi abbiano una probabilità tendente a zero di manifestarsi nelle
popolazioni esposte.
E
se “
non è possibile calcolare un DNEL,
il REACH richiede che:
-
ciò sia chiaramente dichiarato e giustificato”;
-
“gli effetti sulle persone e i settori ambientali per i quali non è stato possibile
determinare un DNEL, si procede a una valutazione qualitativa della probabilità
che gli effetti siano evitati nella definizione dello scenario d'esposizione”.
Ricordando
che il
DMEL è il livello derivato di
minimo effetto, il valore di DNEL/DMEL per una sostanza “hanno significato
sostanzialmente per il M/I (fabbricante/importatore, ndr) ma può essere utile,
a seconda della specifica valutazione del rischio, ed in chiave di valutazione
di efficacia delle misure di gestione del rischio adottate, avviare un
programma di monitoraggio per dimostrare che tale valore non viene superato”.
E
ai sensi dell’art. 37 del Regolamento
REACH, il DU (utilizzatore a valle) deve “verificare e documentare le
misure di gestione dei rischi (RMM)”.
L’intervento
si occupa poi dell’efficacia delle RMM, del database ECEL (Exposure Control
Efficacy Library), delle regole di “messa in scala” (scaling), del CSR (Relazione
sulla Sicurezza Chimica) dell’utilizzatore a valle e dell’
autorizzazione per le SVCH (substance very high concern).
Infatti
il regolamento REACH ha “definito il nuovo strumento dell’autorizzazione per le
SVHC, secondo il meccanismo dell’inclusione prima nella ‘Candidate List’ e poi,
dopo la valutazione, nell’Allegato XIV” del regolamento. La Direttiva delle
sostanze sottoposte a restrizione è invece transitata direttamente
nell’Allegato XVII dal 1/6/2009”.
Dopo
aver ricordato la pubblicazione, in Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea, del
Regolamento (UE) n. 143/2011 recante
modifica dell’Allegato XIV (Elenco sostanze soggette ad Autorizzazione) e del
Regolamento (UE) n. 125/2012 recante
modifica dell’Allegato XIV (Elenco delle 8 nuove sostanze soggette ad
Autorizzazione), il relatore indica che quando una sostanza SVHC è
inserita nell’Allegato XIV “è di fatto
sottoposta a restrizione totale salvo eventuali autorizzazioni individuali per
usi specifici per i quali è documentata l’assenza di rischio”. E la
richiesta di autorizzazione “deve
sempre specificare, oltre al richiedente (i), la sostanza (e), l’uso (i):
-
“una Relazione sulla sicurezza chimica;
-
una analisi delle alternative;
-
un piano di sostituzione”.
In
questo senso l’utilizzatore a valle è obbligato a:
-
“verificare che l’autorizzazione sia stata concessa a un attore a monte nella
catena di approvvigionamento per l’uso dell’utilizzatore;
-
conformarsi alle condizioni descritte nell’autorizzazione;
-
riferire all’Agenzia se l’uso della sostanza viene fatto nell’ambito di
un’autorizzazione concessa a un attore a monte nella catena di
approvvigionamento”.
Ricordando
inoltre che:
-
“per le sostanze incluse in All. XIV non esiste soglia di tonnellaggio (< 1
t/a);
-
in qualità di datore di lavoro il DU non può esimersi dal dover dimostrare
preliminarmente l’impossibilità della sostituzione della sostanza C/M ai sensi
del D. Lgs. 81/08;
-
solo in caso di insostituibilità l’utilizzo della sostanza è possibile,
all’interno dei contorni definiti nell’autorizzazione, e il DU deve comunque
notificarne all’ECHA l’uso”.
Rimandiamo
il lettore ad alcune
criticità
rilevate in conclusione dall’intervento, ad esempio in relazione alla “consapevolezza
del DU, in particolare di quello ‘finale’, circa il proprio ruolo e gli
adempimenti che è tenuto a compiere”. O in relazione all’impatto che deriva dall’allegato
II del REACH e all’avere “potenzialmente a che fare con tre versioni delle SDS”,
nonché alla “comprensibilità, completezza, accuratezza delle e-SDS ( schede
dati di sicurezza estese).
“ I
nuovi regolamenti europei: gli impatti sulla valutazione e gestione del rischio
chimico”, Bruno Marchesini, Gruppo di lavoro “Rischio chimico in ambiente
di lavoro” dell’Ordine Interprovinciale dei Chimici dell’Emilia-Romagna,
intervento al seminario “Prodotti chimici: impatto del REACH e CLP in azienda” (formato PDF, 1.16 MB).
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