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"I principali fattori di rischio dei compiti lavorativi ripetitivi"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
06/11/2012 - La
ripetitività nelle attività
lavorative, il sovraccarico
biomeccanico degli arti superiori (SBAS) e le conseguenti patologie muscolo
scheletriche, riguardano un gran numero di attività lavorative.
Recentemente
PuntoSicuro si è ad esempio soffermato sui movimenti ripetitivi nel settore
metalmeccanico, nel settore
dell’abbigliamento e nel mondo edile.
Tuttavia
i problemi di sovraccarico biodinamico sono presenti anche in un altro comparto
già soggetto a diversi rischi per la sicurezza dei suoi operatori: l’
agricoltura.
Di
gesti ripetitivi e di posture incongrue nel mondo agricolo si occupa un progetto
della Regione
Emilia-Romagna che ha portato alla pubblicazione, qualche anno fa, di un
prodotto multimediale dal titolo " La sicurezza nel lavoro agricolo 2008”.
In
questo prodotto – consultabile sul sito di Dinamica, una società consortile per la formazione
professionale specializzata nel comparto agroalimentare – nel capitolo dedicato
alla movimentazione manuale carichi è presente una breve appendice dal titolo “
Gesti ripetitivi e posture incongrue”.
Nel
documento si ricorda che i
principali
fattori di rischio sono la ripetitività delle azioni (frequenza), la forza,
la postura ed i periodi di recupero. E oltre a questi fattori “vanno analizzati
una serie di fattori specifici del tipo di compito lavorativo svolto, tra cui
la durata di esposizione”.
Prima
di addentrarci nei suddetti fattori di rischio ci soffermiamo su alcune
definizioni di termini che sono spesso
usati in relazione alla ripetitività del lavoro:
-
azione tecnica: “azione che comporta
un'attività meccanica; non deve essere necessariamente identificata con un
singolo movimento articolare, ma con un complesso di movimenti di uno o più
segmenti corporei che permettono il compimento di una operazione elementare”;
-
ciclo: “sequenza di azioni tecniche
di durata relativamente breve che viene ripetuta più volte uguale a se stessa
-
compito lavorativo: “attività
definita che porta all'ottenimento di uno specifico risultato operativo (ad
esempio taglio a misura del legname, legatura ferri, posa elementi,
applicazione rasante, stuccatura, ecc.); possono essere distinti compiti
ripetitivi, caratterizzati da cicli a loro volta composti da azioni
meccaniche, e compiti non ripetitivi, composti da azioni meccaniche non
cicliche;
-
lavoro organizzato: “insieme
organizzato di attività lavorative svolte nell'ambito di un turno; può essere
composto da uno o più compiti lavorativi;
-
distretti biomeccanici: “si
intendono in genere il gomito, il polso e la spalla”.
Ripetitività - frequenza
È
il fattore di rischio di maggior importanza: “la caratterizzazione della ripetitività
rappresenta un elemento discriminante del compito lavorativo da sottoporre a
valutazione. Un compito ripetitivo
per gli arti superiori deve essere oggetto di analisi se richiede lo
svolgimento in sequenza di cicli lavorativi di breve durata a contenuto
gestuale analogo”.
Di
fronte ad un "compito ripetitivo" è necessario fare una
valutazione quantitativa della ripetitività
e, dall'esame della letteratura, “si evince il generale orientamento verso una
caratterizzazione della ripetitività basata sulla durata del ciclo:
un'alta ripetitività è tipica di cicli con
durata inferiore a 30 secondi”. Tuttavia un’analisi che parta solo
dall'individuazione dei cicli può rivelarsi insufficiente: “basti pensare alla
differenza esistente tra un'attività caratterizzata da cicli molto brevi che
non richiede tuttavia gesti frequenti, ed un'altra in cui cicli lunghi possono
essere svolti con elevate frequenze di azione”. Dunque appare più accurato
descrivere il carattere di ripetitività di una mansione in termini di
frequenza di azione, “valutando l'entità
del rischio per ciascuna articolazione che interviene nell'esecuzione dei
movimenti”. In pratica, “non potendo eseguire misure dirette della frequenza di
ciascun distretto articolare, la maggior parte dei protocolli di indagine
proposti in letteratura tende a valutare la frequenza in senso complessivo,
quantificando le azioni meccaniche nell'unita di tempo (n° azioni
tecniche/minuto)”.
Il
documento, che vi invitiamo a leggere, si sofferma sulle modalità e sui
vantaggi del calcolo della frequenza delle azioni.
Forza
È
definita come “l'impegno biomeccanico necessario a svolgere una determinata
azione o sequenza di azioni”. Deve essere “applicata direttamente
dall'operatore per l'esecuzione del gesto (componente dinamica) o impiegata per
mantenere strumenti di lavoro o singoli segmenti delle braccia in una
determinata posizione (componente statica), variando, a seconda della tipologia
di forza richiesta, la componente tensionale dei tendini e delle masse
muscolari che intervengono nel gesto”.
A
meno di non ricorrere a difficili tecniche elettromiografiche, per la
quantificazione di questo fattore di rischio molti modelli fanno ricorso ad
un'apposita “
scala proposta da Borg
a seguito di una sperimentazione condotta per correlare il risultato delle
rilevazioni elettromiografiche (EMG) con il valore di percezione soggettiva
dello
sforzo fisico applicato ad un determinato segmento corporeo
durante uno specifico movimento, considerando pari a 10 il valore della Massima
Contrazione Volontaria (MCV) ricavato con l'EMG”.
Postura e movimenti
Per
quantificare il rischio è necessario “determinare la mutua posizione dei
distretti biomeccanici durante l'esecuzione del gesto, considerando che
risultano potenzialmente dannose tutte le condizioni posturali estreme, ancor più
in condizioni di estrema ripetitività”. Tra l’altro lo studio della
postura si rivela un utile strumento progettuale nella modifica di tutte le
eventuali condizioni non ergonomiche del posto di lavoro.
In
particolare nella valutazione delle singole posture “si dovrà definire se,
durante il movimento, l'impegno a carico dell'articolazione (misurato dal
valore dell'escursione articolare) richiede posizioni articolari estreme (in
genere superiori al 50% del range di movimento articolare), neutre (quando il
tratto articolare considerato e in posizione di riposo sotto il profilo
anatomico o addirittura non coinvolto in operazioni lavorative) o intermedie”.
Anche nel caso della valutazione
delle posture si è ricorso alla “definizione della percezione soggettiva in
funzione dell'impegno articolare richiesto in diverse condizioni posturali”.
Particolare cura “va posta nella definizione della presa manuale degli oggetti
durante lo svolgimento del compito lavorativo, che risulterà di diversa valenza
anatomica (e differente impegno di sforzo) a seconda della tipologia
considerata”.
Tempi di recupero
È
evidente che un lavoro ripetitivo è estremamente gravoso se, “oltre a prevedere
un'elevata frequenza di azioni tecniche, è privo di adeguati periodi di
recupero”. Periodi di recupero che non
sempre sono possibili: “alcuni lavoratori svolgono attività caratterizzate da
alte velocità, in cui, ad esempio, i ritmi sono dettati da una macchina, e
pertanto non si manifesta la possibilità di intervallare l'attività lavorativa
con periodi di pausa”.
È
dunque necessario per una corretta valutazione dei rischi acquisire
informazioni “anche sulla distribuzione delle varie fasi nell'ambito del turno
lavorativo, per poter determinare:
-
la presenza e la durata dei tempi di ‘pausa’ in relazione al periodo di
attività contraddistinto da cicli;
-
la distribuzione delle pause all'interno del turno”.
Tali
parametri “permettono di valutare se l'attività prevede un corretto rapporto
tra tempi di attività ciclica e tempi di recupero, tale da permettere ai gruppi
muscolari che coordinano i vari movimenti articolari un riposo adeguato per
evitare situazioni
di stress e affaticamento muscolare”. La Health and Safety Commission
australiana “ha giudicato accettabile il valore di 5:1 per il rapporto tra
tempo dedicato al lavoro ripetitivo e tempo di recupero”.
Fattori
complementari
Concludiamo
ricordando che accanto ai fattori esposti intervengono altri elementi
complementari che possono incidere nella determinazione del rischio complessivo.
Questi
i
fattori complementari generalmente più
incisivi:
-
“uso di strumenti vibranti (anche se solo per una parte delle azioni);
-
estrema precisione richiesta (tolleranza di circa 1 mm nel posizionamento di un
oggetto);
-
compressioni localizzate su strutture anatomiche della mano o dell'avambraccio
da parte di strumenti, oggetti o arredi di lavoro;
-
esposizione a refrigerazioni;
-
uso di guanti che interferiscono con l'abilità manuale richiesta dal compito;
-
scivolosità della superficie degli oggetti manipolati;
-
esecuzione di movimenti bruschi o "a strappo" o veloci;
-
esecuzione di gesti con contraccolpi (es.: martellare o picconare su superfici
dure)”.
“ Gesti
ripetitivi e posture incongrue”, documento allegato al prodotto
multimediale "La sicurezza nel lavoro agricolo 2008” elaborato dalla
Regione Emilia-Romagna (formato PDF, 92 kB).
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