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"Sulla responsabilità del preposto in materia di salute e di sicurezza sul lavoro"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza
26/11/2012 -
Commento
a cura di G. Porreca.
In questa lunga ed
articolata sentenza la Corte di Cassazione ribadisce quanto già in precedenza
ha avuto modo di precisare e cioè che all’interno della organizzazione di una
azienda non sempre è necessario verificare che ci siano apposite deleghe in materia
di salute e di sicurezza sul lavoro per la individuazione delle
qualifiche da attribuire ai diversi soggetti obbligati nella materia specifica.
In questa sentenza in particolare la suprema Corte ha affrontato il tema della
individuazione del
preposto nella
organizzazione aziendale al quale sono affidati i compiti e gli obblighi
individuati dalle disposizioni di legge in materia di salute e di sicurezza sul
lavoro. In materia di prevenzione degli infortuni e delle malattie
professionali, ha infatti precisato la suprema Corte, il capo reparto, anche in
assenza di una formale delega in materia di salute e di sicurezza sul lavoro,
ha di per sé attribuzioni e obblighi che sono riconducibili a quelli propri che
il legislatore ha posto a carico della figura del preposto.
Il caso e la sentenza del Tribunale.
Il legale rappresentante
di una società, nella sua qualità di datore di lavoro, ed un capo reparto dello
stabilimento della società stessa sono stati tratti a giudizio dinanzi al
Tribunale per rispondere del reato di cui all'articolo 113, articolo 589 c.p.,
comma 1 e 2 per avere in cooperazione colposa tra di loro e con la violazione
della normativa antinfortunistica, cagionato, per colpa, la morte di un operaio
dipendente della società, rimasto schiacciato sotto una pesante virola (grosso
cilindro di acciaio) sganciatasi da un carro ponte. Il datore di lavoro è stato chiamato a rispondere altresì del
reato di cui all’articolo 4, comma 1 e 2 ed all’articolo 89, comma 1 del
Decreto Legislativo n. 626 del 1994, per avere omesso di predisporre un piano
di sicurezza relativo alla lavorazione a cui era stato adibito il dipendente e
del reato di cui all’articolo 35, comma 2 e 3 ed all’articolo 89, comma 2, del
Decreto Legislativo n. 626 del 1994, per
non aver attuato, nelle circostanze di cui al capo concernente il reato di
omicidio colposo, misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al
minimo i rischi connessi all'uso di attrezzature di lavoro destinate a
sollevare carichi. Al capo reparto era stata invece contestata anche la
violazione dell’articolo 4, lettera g) e articolo 90, lettera b) del D. Lgs. n.
626 del 1994 per avere omesso di
controllare la lavorazione pericolosa svolta dal lavoratore infortunato, il
quale si era accinto all'assemblaggio di due virole di una torre eolica senza
l'osservanza delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza, e per avere
consentito che lo stesso manovrasse da solo la gru a ponte
bitrave con un carico non assicurato correttamente.
Il Tribunale assolveva
entrambi gli imputati dai reati loro rispettivamente ascritti per non aver
commesso il fatto mettendo in evidenza in particolare che la condotta della
vittima dell'infortunio era da ritenersi del tutto imprudente e tale da porsi
quale causa esclusiva dell'evento.
Il ricorso alla Corte di Appello e l’esito della sentenza della
corte distrettuale.
Avverso la sentenza del
Tribunale hanno proposto appello tanto il Procuratore della Repubblica quanto
le varie parti civili costituite. In particolare il Procuratore della
Repubblica, nel suo atto di impugnazione, ha dedotto sostanzialmente l'irrilevanza
del comportamento imprudente del lavoratore ai fini della sussistenza del nesso
di causalità, evidenziando che le violazioni della normativa antinfortunistica
erano state accertate dall'ispettore del lavoro ed erano da porsi in rapporto
causale con l'evento. Le parti civili, dal canto loro, hanno dedotto che, per
prassi, le mansioni cui era stato adibito il lavoratore infortunato venivano
svolte in una maniera definita dall'ispettore del lavoro
"artigianale", e cioè in condizioni pericolose per l'incolumità del
lavoratore e senza l'osservanza delle prescrizioni di legge in materia
antinfortunistica, ed hanno precisato altresì che, solo a seguito
dell'infortunio stesso ed in conseguenza delle prescrizioni impartite
dall'ispettore del lavoro ai responsabili dell'azienda, erano state adottate
adeguate misure di sicurezza per lo svolgimento del lavoro.
La Corte d'Appello ha ribaltato
il verdetto del primo giudice affermando la penale responsabilità degli
imputati e condannandoli alle rispettive pene ritenute di giustizia, previo
riconoscimento delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza
sull'aggravante contestata, oltre al risarcimento dei danni in favore delle
parti civili. La Corte distrettuale ha ancorato il proprio convincimento alla
dinamica dell'infortunio dovuta ad uno sganciamento del
carico dal carro ponte, dinamica ricostruita sulla scorta delle
risultanze probatorie e sulle dichiarazioni rese da un teste oculare dall’esame
della quale era emerso che la ditta per conto della quale lavorava l’infortunato
non aveva, all'epoca del fatto, assolutamente dato disposizioni particolari e
specifiche per lo svolgimento della delicata procedura di assemblaggio ed
accoppiamento delle virole costitutive delle torri eoliche e non aveva adottato
concrete misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo i
rischi connessi all'uso delle attrezzature destinate a sollevare carichi così
rilevanti. La Corte di Appello ha altresì affermato che non poteva sostenersi
che il comportamento tenuto in concreto dalla vittima, per quanto
oggettivamente imprudente, fosse stato anomalo ed
imprevedibile tanto da potersi considerare come causa sopravvenuta ed unica
dell'evento.
Il ricorso e le decisioni della Corte di Cassazione.
Gli imputati hanno ricorso in
cassazione sostenendo che l’operazione di cui all’infortunio andava eseguita da
due lavoratori mentre l’infortunato ha preso l’iniziativa di svolgerla da solo,
subito dopo la fine della pausa pranzo, senza attendere l'arrivo e la
collaborazione del compagno previsto eseguendo, quindi, le varie operazioni in
modo del tutto anomalo rispetto alle disposizioni stabilite nella società ed
agendo in modo assolutamente inaspettato rispetto alle possibilità di
previsione del datore di lavoro, così ponendosi come causa esclusiva dell'evento.
I ricorsi sono stati rigettati
dalla Corte di Cassazione in quanto ritenuti infondati. Tale Corte,
concordemente con quella territoriale e avuto riguardo alla dinamica
dell'infortunio, ha ritenuto il comportamento della vittima come imprudente ma
non assolutamente imprevedibile perché inquadrabile pur sempre nell'ambito
delle fasi lavorative dell'attività espletata dalla vittima stessa, e quindi
privo di quelle connotazioni di macroscopica anomalia richieste dalla
giurisprudenza di legittimità come indispensabili per esonerare da
responsabilità il titolare della posizione di garanzia, tenuto altresì conto
dell'accertata violazione da parte degli imputati delle norme
antinfortunistiche in materia.
In merito alla posizione del datore di lavoro la
Sez. IV ha ricordato che ”
il datore di
lavoro deve avere la cultura e la forma mentis del garante del bene
costituzionalmente rilevante costituito dalla integrità del lavoratore, e non
deve perciò limitarsi ad informare i lavoratori sulle norme antinfortunistiche
previste, ma deve attivarsi e controllare sino alla pedanteria, che tali norme
siano assimilate dai lavoratori nella ordinaria prassi di lavoro” ed ha
ribadito altresì che, così come indicato dalle Sezioni Unite della stessa Corte
di Cassazione, al fine di escludere la responsabilità per reati colposi dei
soggetti obbligati dalle norme di legge in materia di salute e di sicurezza sul
lavoro “
non è sufficiente che tali
soggetti impartiscano le direttive da seguire a tale scopo, ma è necessario che
ne controllino con prudente e continua diligenza la puntuale osservanza"
né “
ha alcun rilievo che vi fosse un
ulteriore garante - e cioè il capo-reparto - posto che, come condivisibilmente
già ritenuto da questa Corte, se più sono i titolari della posizione di
garanzia ovvero dell'obbligo di impedire l'evento, ciascuno è per intero
destinatario dell'obbligo di tutela impostogli dalla legge”
Per quanto riguarda infine la
posizione del capo reparto, ritenuto
dalla Sez. IV del tutto assimilabile a quello di capo-cantiere, la stessa ha
ribadito che "
in materia di
prevenzione degli incidenti sul lavoro, il capo cantiere, anche in assenza di
una formale delega in materia di sicurezza sul lavoro, è destinatario diretto
dell'obbligo di verificare che le concrete modalità di esecuzione delle
prestazioni lavorative all'interno del cantiere rispettino le norme
antinfortunistiche". Quindi la stessa Sez. IV ha concluso sostenendo
che
“in via di principio generale, il
capo-reparto (ruolo che ricopriva l’imputato) è certamente persona adatta ad
individuare la corretta applicazione delle norme antinfortunistiche, o quanto
meno di quelle di comune prudenza, per la prevenzione di incidenti in cui
possono essere coinvolti i dipendenti (ovvero terze persone estranee ai
lavori)”.
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