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"La vigilanza dei lavoratori da parte del DDL e la delega di funzioni"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
14/01/2013 - Non si riscontra una linea
uniforme nella Corte di Cassazione sulla responsabilità diretta del datore di
lavoro nella vigilanza dei lavoratori dipendenti della sua azienda e sulla
possibilità di delegare le funzioni della vigilanza stessa a figure intermedie
specie quando l’impresa risulti essere di grandi dimensioni. In passato infatti
più volte la suprema Corte ha sostenuto che nelle imprese di grandi dimensioni
non è possibile attribuire automaticamente all’organo di vertice la
responsabilità per l’osservanza delle norme di sicurezza occorrendo al
contrario tenere conto della organizzazione che è stata posta in essere in modo
di risalire all’interno della stessa all’effettivo responsabile di settore e
ciò al fine di evitare di addebitare al vertice una sorta di responsabilità
oggettiva rispetto a situazioni ragionevolmente incontrollabili perché
demandate alla cura ed alla responsabilità di altri ( Cassaz.
Pen. Sez. IV 28/1/2009 n. 4123). Posizione quest’ultima assunta dalla Corte
di Cassazione largamente condivisibile e soprattutto più attinente alle attuali
disposizioni di legge in materia di salute e di sicurezza sul lavoro.
In questa circostanza invece la suprema
Corte di Cassazione ha avuto modo di sostenere che nella ripartizione interna
di competenze e funzioni in una azienda, assegnate in conseguenza delle dimensioni dell’impresa stessa non può
individuarsi implicitamente una sorta di delega da
parte del datore di lavoro avendo lo stesso a suo carico la vigilanza sulla
applicazione delle norme di salute e sicurezza sul lavoro dei lavoratori “se
non ritualmente delegate ad altri” e ciò
anche in riferimento alla norma cosiddetta di “chiusura del sistema” di cui
all’articolo 2087 c.c..
Il caso
e l’iter giudiziario
Il
Tribunale ha dichiarato il Presidente del Consiglio di
Amministrazione di una società a responsabilità limitata colpevole del delitto
di lesioni colpose gravi procurate ad un dipendente della società stessa nel
corso della sua attività lavorativa e lo ha condannato alla pena di giorni 28
di reclusione, sostituita con la pena pecuniaria di euro 1.064 di multa,
dichiarata estinta per indulto. Era avvenuto che il lavoratore infortunato, in
qualità di apprendista, stava scaricando da una nave, unitamente ad altri tre
operai e ad gruista, dei semilavorati di acciaio. Lo stesso, in particolare,
aveva il compito di agganciare i semilavorati (cosiddette bramme) ad un bilanciere,
a sua volta collegato al bozzello della gru,
infilando le catene fissate al bilanciere alle estremità delle bramme in modo
che la gru potesse sollevarle con l'operazione denominata "virata".
Siccome il gruista non poteva vedere le operazioni di carico, spettava ad un
altro lavoratore che presenziava alle operazioni, di dare l'ordine al gruista
di eseguire la manovra di sollevamento del carico allorché l'imbrago del
materiale fosse terminato e gli addetti si fossero allontanati dal carico. Nel
caso di specie, uno degli addetti aveva dato il "via" al gruista per
il sollevamento del carico mentre l’apprendista stava ancora eseguendo
l'ancoraggio della catena ad uno dei profilati per cui la catena era andata in
tensione ed aveva schiacciato la mano destra del lavoratore il quale riportava una
incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per il tempo di quindici
mesi oltre all'indebolimento permanente dell'apparato della prensione.
Il Tribunale ha
attribuito la responsabilità dell'occorso al lavoratore addetto che aveva errato
nel dare anticipatamente l'ordine per iniziare la "virata" oltre che
al legale rappresentante della Società e datore di lavoro in concreto delle
maestranze per aver omesso di esercitare le dovute forme di controllo,
consentendo il sollevamento
della gru prima dell'attivazione di segnale acustico, come stabilito dalla
normativa antinfortunistica e nello stesso manuale di sicurezza redatto dal
servizio di prevenzione e protezione. Era risultato altresì che tale omissione
si verificava già senza che il responsabile dell'azienda avesse stabilito ed attuate
precise procedure idonee ad accertare la regolarità o meno della condotta dei
lavoratori sotto il profilo antinfortunistico. Il funzionamento dell'allarme
acustico, secondo il Tribunale, avrebbe evitato l'incidente, perché avrebbe
sicuramente indotto i lavoratori presenti a segnalare al gruista
che le operazioni di carico non erano state completate.
Il lavoratore
che aveva dato l’ordine di iniziare le operazioni di sollevamento ha definito
la propria posizione processuale concordando la pena ai sensi dell'articolo 444
cod. proc. pen. mentre il responsabile legale della società ha proposto impugnazione
dinnanzi alla Corte di Appello la quale ha riformato la decisione di primo
grado assolvendo l'imputato "perché il fatto non costituisce reato". La
Corte di Appello ha giustificata la propria decisione rilevando che l'azienda
in questione occupava circa cento dipendenti, con due direttori operativi,
qualificati come dirigenti, vari preposti con gli incombenti di responsabile
avviamento, capi banchina e capi turno per cui l’obbligo di vigilare sull'effettivo
azionamento del segnale acustico, in particolare, spettava ai preposti che, peraltro,
non avevano esposto alcuna problematica
in tal senso ai direttori operativi, i quali ultimi, avendo rapporti
giornalieri con il datore di lavoro, non avevano a loro volta rappresentato
alcunché al riguardo. Di conseguenza per la Corte di Appello non si poteva
attribuire nessun addebito al ricorrente nell'ambito dell'osservanza della
normativa di prevenzione infortuni.
Il ricorso in Cassazione e le decisioni della suprema
Corte
Il Procuratore Generale presso la
Corte di Appello ha proposto ricorso per cassazione ed ha chiesto l’annullamento
della decisione, sostenendo che la Corte di Appello aveva trascurato il dato
obbiettivo della mancanza di ogni vigilanza sulle misure di prevenzione degli
infortuni da parte del Presidente del Consiglio di Amministrazione della
Società, in qualità di datore di lavoro, e non tenendo conto al riguardo che non
apparivano in alcun modo sufficienti gli obblighi
facenti carico ai singoli dirigenti, nell'ambito delle funzioni da ciascuno
svolte. Sul datore di lavoro, ha infatti sostenuto il ricorrente, gravava l’obbligo
specifico di controllare direttamente l'osservanza da parte dei singoli
dipendenti delle norme e delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza, il
che nella fattispecie non era accaduto.
La Corte di Cassazione ha accolto il
ricorso del Procuratore Generale perché fondato. Secondo la suprema Corte,
infatti, la Corte di Appello non ha correttamente argomentato la posizione
processuale del legale rappresentante della società presso cui era dipendente
la parte offesa sulla base dei dati obbiettivi della vicenda acquisiti e con
riferimento alla normativa in tema di sicurezza nei posti di lavoro. Invero, ha
sostenuto la Sez. IV, “
a carico del
datore di lavoro, ai sensi della normativa di cui al Decreto del Presidente
della Repubblica n. 547 del 1955 e di quella generale in materia di sicurezza
aziendale (Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 4) ed anche in riferimento
alla norma cd. ‘di chiusura del sistema’ ex articolo 2087 c.c., sussiste un
obbligo di controllo dell'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle
norme vigenti e delle disposizioni e procedure aziendali di sicurezza. In altre
parole, il datore di lavoro è costituito garante dell'incolumità fisica dei
prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi agli
obblighi di tutela, l'evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza
del meccanismo reattivo previsto dall'articolo 40 c.p.p., comma 2”. “
La
vigilanza sull'applicazione delle misure disposte e sull'osservanza di queste
da parte dei lavoratori”, ha quindi
proseguito la Corte di Cassazione,
“rimane
a carico del datore di lavoro, se non ritualmente delegate ad altri soggetti” facendo
osservare ancora che
“sotto detto
profilo, deve osservarsi che la delega di funzioni, spettanti e facenti carico
al datore di lavoro, nei riguardi di terzi (ora disciplinata dal Decreto
Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, articolo 16 come modificato dal Decreto
Legislativo 3 agosto 2009, n. 106, articolo 12) non può ritenersi
implicitamente presunta dalla ripartizione interna all'azienda dei compiti
assegnati ai dipendenti o dalle dimensioni dell'impresa”.
“
Piuttosto”,
ha così concluso la Sez. IV, “
anche
secondo la giurisprudenza elaborata all'epoca dell'accadimento in questione,
deve rilevarsi che la delega eventualmente conferita dal datore di lavoro, in
tema di attuazione e controllo del rispetto da parte dei dipendenti della
normativa antinfortunistica, richiede una inequivoca e certa manifestazione di
volontà anche dal punto di vista del contenuto con conferimento al delegato,
persona esperta e competente, di poteri di organizzazione, gestione e controllo
adeguati agli incombenti attribuiti, nonché autonomia di spesa necessaria allo
svolgimento delle funzioni delegate. Il che, secondo le acquisizioni probatorie
esposte, non risulta appunto avvenuto nel caso in esame”
Per quanto sopra detto quindi la
Corte di Cassazione ha annullata la sentenza della Corte di Appello impugnata
con rinvio ad altra Sezione della stessa per un nuovo esame della posizione
processuale dell'imputato.
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