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"Edilizia: cosa è più efficace nella prevenzione degli infortuni?"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
20/02/2013 -
Pubblichiamo un articolo tratto dal sito DORS, un servizio
finanziato dalla Regione Piemonte indirizzato a coloro che operano nel
campo della Prevenzione e della Promozione della Salute. L’articolo è a
cura di
Luisella Gilardi.
Prevenire gli infortuni fra i lavoratori del settore edile: novità dalla Cochrane
Contesto e obiettivo
I lavoratori impiegati in edilizia sono
esposti a numerosi rischi che possono causare infortuni. Sono stati
realizzati, in questi anni, molteplici interventi per prevenirli, ma la
loro efficacia è ancora incerta.
L’obiettivo della revisione è quello di valutare l’effetto degli
interventi per prevenire gli infortuni fra i lavoratori del comparto
edile.
Metodi
La ricerca della letteratura è stata realizzata consultando i
registri del gruppo Cochrane sugli incidenti, le banche dati CENTRAL,
MEDLINE, EMBASE, PsycINFO, OSH-ROM (che comprende NIOSHTIC e HSELINE),
Scopus, Web of Science and EI Compendex fino a Settembre 2011. Sono
stati ricercati anche gli articoli presenti nella bibliografia di
documenti e revisioni rilevanti.
Sono stati inclusi i trial randomizzati e controllati, gli studi
prima-dopo con gruppo di controllo (CPD); le serie temporali interrotte
(STI) che valutano tutti i tipi di intervento per prevenire gli
infortuni mortali e non mortali tra i lavoratori del comparto edile.
Due revisori, in modo indipendente, hanno selezionato gli studi,
estratto i dati e valutato la loro qualità. Per gli studi di serie
temporali interrotte sono stati ri-analizzati tutti i dati ed è stato
valutato un effetto iniziale, misurato come cambiamento nel tasso di
infortuni nell’anno seguente la realizzazione dell’intervento e un
effetto a lungo termine misurato come cambiamento nel tempo del trend
degli infortuni prima e dopo l’intervento.
Risultati
Tredici
studi, 12 STI e uno CPD hanno soddisfatto i criteri di inclusione. Gli studi
STI hanno valutato l’introduzione di nuove norme o la modifica di alcune di
esse (N = 7), una campagna sulla sicurezza (N = 2), un programma
drug-free realizzato sul luogo di lavoro (N = 1), un programma di formazione (N
= 1), e l’attività di vigilanza (N = 1) per prevenire sia gli infortuni mortali
sia quelli non mortali. Uno studio CPD ha valutato l’introduzione di un
servizio che si occupa di salute occupazionale in particolare di valutazione
del rischio e sorveglianza sanitaria.
Il
rischio totale di bias tra gli studi inclusi è alto così come non è chiaro, per
gli studi STI se l’intervento sia indipendente da altri cambiamenti e può
essere considerato il fattore principale che ha determinato il cambiamento
dell’esito.
Gli
interventi normativi realizzati su scala nazionale o per settore hanno mostrato
un modesto ma significativo effetto sia iniziale sia prolungato nel tempo
sull’aumento degli infortuni mortali (dimensione di effetto di 0.79; 95%
intervallo di confidenza (IC) 0.00 - 1.58) e non mortali (dimensione di
effetto 0.23; 95% CI 0.03 - 0.43).
La
campagna sulla sicurezza ha avuto come esito un decremento di infortuni
nell’ambito dell’azienda in cui è stata realizzata, e un
incremento a livello regionale.
Le attività di formazione, le ispezioni o
l’introduzione di servizi che si occupano di salute sul lavoro non hanno
contribuito ad una significativa riduzione di infortuni non mortali
considerando i risultati dei singoli studi.
Un
programma complesso di riduzione/eliminazione dell’abuso di sostanze
realizzato in azienda si è dimostrato efficace nel ridurre gli infortuni non
mortali negli anni immediatamente posteriori alla sua implementazione (dimensione di
effetto: -7.6 per 100 persone-anni (95% IC -11.2 a -4.0)
e negli anni
seguenti (dimensione di effetto -2.0 per 100 persone-anni per anno (95%
IC-3.5 a-0.5).
Conclusioni degli autori
La
gran parte degli interventi tecnici e focalizzati sul cambiamento delle
procedure organizzative e dei comportamenti che sono raccomandati nei testi,
dai consulenti per la sicurezza o proposti nell’ambito di corsi non sono stati
valutati in modo adeguato. La revisione mette in luce che non vi sono
prove che l’introduzione di normative specifiche per il settore siano efficaci
nel ridurre gli infortuni mortali e non mortali.
Non
vi sono neanche prove che le campagne per la sicurezza condotte a livello
regionale, la formazione dei lavoratori, le ispezioni e l’introduzione di
servizi per tutelare la salute dei lavoratori siano efficaci nel prevenire gli
infortuni non mortali. Vi sono prove, anche se provenienti da studi di bassa
qualità metodologica, che interventi complessi quali per esempio campagne per
la sicurezza realizzati a livello aziendale e programmi, anch’essi complessi,
per ridurre l’ abuso di sostanze
sul luogo di lavoro
possono ridurre gli infortuni non mortali. E’ necessario, sottolinea l’autore,
che si adottino ulteriori strategie per far sì che la normativa sia
implementata sul luogo di lavoro.
Gli
interventi continuativi realizzati a livello aziendale che coinvolgono
sia il management sia i lavoratori quali per esempio le campagne mirate per la
sicurezza o i programmi per ridurre l’abuso di sostanze sul luogo di
lavoro sembrano essere efficaci nel ridurre gli infortuni anche nel lungo
periodo.
Alcuni commenti
Le
conclusioni di questa revisione pongono alcune domande che potrebbero
alimentare una discussione più vasta che può comprendere diverse figure
coinvolte nella prevenzione degli infortuni.
Ci
si chiede, per esempio, è così vero che alcuni interventi non servono, è
possibile che l’introduzione di norme più severe non produca cambiamenti, anzi
determini addirittura un aumento degli infortuni? Come sottolineano gli autori
questo potrebbe essere legato ad una maggiore attenzione al fenomeno e quindi
ad un incremento delle notifiche.
E’
anche vero che gli studi in cui si valutano questi interventi, quasi mai
riferiscono se la normativa è stata implementata e in che modo e soprattutto
qual è il livello di compliance delle aziende rispetto all'applicazione della
normativa?
Un’altra
domanda è quella relativa alla formazione e alle ispezioni: si può dire che non
servano? E’ opinione dell’autore di questa recensione che la risposta sia no,
si può ragionare sul fatto che questi interventi da soli non siano
sufficienti a ridurre gli infortuni che, come sappiamo, sono eventi
piuttosto rari e quindi i risultati difficilmente raggiungono la
significatività statistica.
Ci
si può fare ancora un’ultima domanda: gli strumenti di misura sono adeguati?
Forse sarebbe necessario misurare, oltre agli infortuni, anche i cambiamenti
nei comportamenti dei lavoratori, utilizzare le tecniche che provengono da
altri campi quali per esempio la sociologia per affiancare al metodo di
misura tradizionale la valutazione realista che usa anche gli strumenti
della ricerca qualitativa, cercando di focalizzare l’attenzione sul processo
per capire come sono stati implementati e quale ruolo può aver giocato il
contesto.
Le
schede
di sintesi
dei tredici studi compresi nella revisione Cochrane (formato PDF, 90 kB).
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