News
"Mobbing tra colleghi: le responsabilità del datore di lavoro"
fonte www.insic.it / Responsabilità sociale
18/02/2013 - La Corte di Cassazione torna a parlare di mobbing nella
sentenza n. 1471, del 22 gennaio 2013, con riferimento ad un caso di mobbing fra colleghi.
Un dipendente, preposto di un’azienda alimentare era stato prima demansionato dal proprio datore di lavoro, e successivamente sottoposto a mobbing da parte di alcuni colleghi. Aveva quindi impugnato tre sanzioni disciplinari irrogategli nel dicembre 2003 e nel febbraio 2004, ed aveva ricorso in giudizio per ottenere il risarcimento del danno biologico e morale per le vessazioni subite. La Cassazione ha riconosciuto la responsabilità del datore di lavoro e ha stabilito la corresponsione di un risarcimento per danno morale.
Nella sentenza, la Cassazione torna sul concetto di mobbing, ricordando che tale fenomeno è caratterizzato dalla protrazione degli atti vessatori nel tempo: si tratta di una pluralità di atti giuridici o materiali, alcuni dei quali possono anche essere intrinsecamente legittimi, unificati dalla volontà diretta alla persecuzione o all’emarginazione di un dipendente. In base all'art. 2087 cod. civ., l’imprenditore deve adottare tutte le misure idonee a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore: in tal senso si configura la responsabilità contrattuale del datore di lavoro anche nei casi in cui le condotte mobbizzanti siano poste in essere dai colleghi di lavoro.
In questi casi, la responsabilità del datore di lavoro viene a fondarsi sull’omessa predisposizione delle misure necessarie ad impedire il compimento di atti di persecuzione psicologica del dipendente.
L'applicazione di tali principi alla controversia in esame, ha portato il Collegio a ritenere sussistente la suddetta responsabilità del datore di lavoro, in quanto era a lui imputabile il demansionamento di un suo dipendente senza aver apprestato tutte le misure occorrenti per evitare il protrarsi in azienda di condotte lesive e vessatorie nei confronti del lavoratore stesso.
Secondo la Cassazione, nel caso di specie è ravvisabile una responsabilità, anche omissiva, dell'imprenditore ex art. 2087 cod. civ. e per questo il datore di lavoro è obbligato a risarcire al dipendente il danno biologico conseguente ad una pratica di mobbing posta in essere dai colleghi di lavoro, ove venga accertato che, pur essendo a conoscenza dei comportamenti scorretti posti in essere da questi ultimi, non si sia attivato per farli cessare.
Un dipendente, preposto di un’azienda alimentare era stato prima demansionato dal proprio datore di lavoro, e successivamente sottoposto a mobbing da parte di alcuni colleghi. Aveva quindi impugnato tre sanzioni disciplinari irrogategli nel dicembre 2003 e nel febbraio 2004, ed aveva ricorso in giudizio per ottenere il risarcimento del danno biologico e morale per le vessazioni subite. La Cassazione ha riconosciuto la responsabilità del datore di lavoro e ha stabilito la corresponsione di un risarcimento per danno morale.
Nella sentenza, la Cassazione torna sul concetto di mobbing, ricordando che tale fenomeno è caratterizzato dalla protrazione degli atti vessatori nel tempo: si tratta di una pluralità di atti giuridici o materiali, alcuni dei quali possono anche essere intrinsecamente legittimi, unificati dalla volontà diretta alla persecuzione o all’emarginazione di un dipendente. In base all'art. 2087 cod. civ., l’imprenditore deve adottare tutte le misure idonee a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore: in tal senso si configura la responsabilità contrattuale del datore di lavoro anche nei casi in cui le condotte mobbizzanti siano poste in essere dai colleghi di lavoro.
In questi casi, la responsabilità del datore di lavoro viene a fondarsi sull’omessa predisposizione delle misure necessarie ad impedire il compimento di atti di persecuzione psicologica del dipendente.
L'applicazione di tali principi alla controversia in esame, ha portato il Collegio a ritenere sussistente la suddetta responsabilità del datore di lavoro, in quanto era a lui imputabile il demansionamento di un suo dipendente senza aver apprestato tutte le misure occorrenti per evitare il protrarsi in azienda di condotte lesive e vessatorie nei confronti del lavoratore stesso.
Secondo la Cassazione, nel caso di specie è ravvisabile una responsabilità, anche omissiva, dell'imprenditore ex art. 2087 cod. civ. e per questo il datore di lavoro è obbligato a risarcire al dipendente il danno biologico conseguente ad una pratica di mobbing posta in essere dai colleghi di lavoro, ove venga accertato che, pur essendo a conoscenza dei comportamenti scorretti posti in essere da questi ultimi, non si sia attivato per farli cessare.
Segnala questa news ad un amico
Questa news è stata letta 802 volte.
Pubblicità