News
"I vantaggi del coinvolgimento dei lavoratori nella valutazione dei rischi"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza
01/03/2013 - PuntoSicuro ha presentato in un precedente articolo la validazione
della Commissione Consultiva di una
buona
prassi relativa alla “ Valutazione dei
rischi per attività di witness svolte presso terzi”.
Rimandando i lettori al file audio in coda all'articolo per un ascolto completo dell’intervista, ne presentiamo ampi stralci.
Se
apparentemente il titolo dato alla buona prassi sembrerebbe
interessare pochi lavoratori e aziende, nella realtà l’esperienza di
valutazione mostra le
potenzialità del
coinvolgimento dei lavoratori nella valutazione dei rischi e nella
prevenzione. Potenzialità che vengono costantemente ribadite dall’Agenzia
Europea per la sicurezza e salute sul lavoro (EU-OSHA) in riferimento alla
campagna 2012-2013 “ Lavoriamo insieme
per la prevenzione dei rischi”.
Non è così
difficile far collaborare i lavoratori alla valutazione dei rischi e i vantaggi
sono evidenti sia
per l’efficacia della prevenzione sia per l’immagine e l’ organizzazione
aziendale
nel suo complesso.
Per
comprenderlo abbiamo intervistato tre persone che, con compiti differenti,
hanno supportato e realizzato l’esperienza validata:
Lorenzo Besana, direttore dei laboratori di UL Corporate di Europa
e America Latina;
Lorenzo Cusaro,
RSPP dell’azienda e componente di Lisa Servizi srl;
Riccardo Borghetto, componente di Lisa Servizi (la società che ha
supportato l’esperienza).
Rimandando i lettori al file audio in coda all'articolo per un ascolto completo dell’intervista, ne presentiamo ampi stralci.
Spieghiamo in cosa consiste l’attività di witness?
Lorenzo Besana: Nell’ambito dei servizi che UL offre ai
propri clienti, c’è un servizio dove noi qualifichiamo i laboratori dei nostri
clienti e andiamo a eseguire le prove presso i loro laboratori. I nostri
ingegneri vanno quindi presso i laboratori del cliente, assistono alle prove,
non le fanno, prendono nota dei risultati, compilano i loro rapporti, danno un
giudizio di conformità o non di conformità del prodotto e quindi interagiscono
con la struttura del cliente. Normalmente tutte queste prove vengono fatte
all’interno dei nostri laboratori, ma per i grossi clienti che sono ben dotati,
ben attrezzati, facciamo degli
audit
adeguati, riconosciamo i loro laboratori e come tale mandiamo i nostri
ingegneri a lavorare là.
Quindi c’è un rischio aggiuntivo per tali lavoratori, perché si lavora
in ambienti lavorativi un po’ meno conosciuti.
Lorenzo Cusaro:
Esattamente. Il problema è stato quello di fare prima la sicurezza all’interno
delle tre location di UL, ma poi proprio di contestualizzare la valutazione dei
rischi anche in ambienti che non sono gestiti direttamente da UL, ma dal
cliente di UL. Quindi la conoscenza di quegli ambienti e quei rischi è un
fattore di rischio in quanto può essere ignoto. Non gestendo questi locali i
nostri lavoratori potrebbero in linea ipotetica essere esposti a rischi che non
sono stati presi in considerazione. Da qui viene nasce l’idea della buona
prassi. (...)
Era di fatto
impossibile andare a vedere tutti i laboratori, in Italia e all’estero, è
quindi si è deciso di utilizzare gli stessi lavoratori, qualificati, che già si
occupano di sicurezza (...) per darci delle informazioni sui rischi che possono
trovare presso i clienti.
Come è avvenuto il coinvolgimento dei
lavoratori nella valutazione dei rischi?
Lorenzo Cusaro:
Sostanzialmente l’attuazione della buona prassi si è divisa in
due fasi successive. La prima è stata
quella di coinvolgere i rappresentanti dei
lavoratori.
Questa
raccolta di informazioni non poteva essere un’intervista per ogni lavoratore,
si è costituita in un questionario e nella raccolta di informazioni. La
prima fase è stata proprio il
tarare il questionario. Sono stati
coinvolti gli RLS, i loro dirigenti. Il grosso del lavoro è stato proprio qui
nel definire cosa chiedere ai singoli lavoratori (...). Poi tutti i lavoratori
sono stati coinvolti nel rispondere al questionario e dare le loro
informazioni...
Avete avuto qualche difficoltà nel realizzare il questionario?
Lorenzo Cusaro: Ci si è dovuti un attimo
tarare e siamo stati agevolati dal fatto che il personale a cui ci rivolgevamo
era personale altamente qualificato. Anche l’attività di informazione iniziale
non è stata complicata. (...) Diciamo che il lavoro è stato quello di trovare
gli item giusti. Quindi a seguito dei sopralluoghi come RSPP si sono
identificati quelli che potevano essere gli aspetti più critichi.
Ad esempio quali aspetti sono stati rilevati?
Lorenzo Cusaro: Già in prima battuta
sono stati rilevati i rischi presso il cliente in relazione all’attività di
witness e a condizioni particolari, come ad esempio la gravidanza (...).
Avete svolto anche un’analisi statistica?
Lorenzo Cusaro: Per capire quelli che
erano gli eventi e la consistenza degli stessi rispetto a quanto i lavoratori
ci hanno comunicato (...), il lavoro post ricezione dei questionari è stato
quello di
analizzare e rilevare le cose
che ci hanno segnalato.
Abbiamo fatto un’
analisi statistica per capire in che situazione eravamo. Questo è
stata poi la linea guida sulla quale abbiamo orientato i nostri interventi
(...): parlare con il cliente, migliorare i rapporti commerciali, fornire il
kit di DPI ai nostri tecnici (...).
A questa fase è seguita l’instaurazione di una
procedura definita per i lavori fatti
all’esterno (...). Adesso abbiamo fornito ai nostri lavoratori anche un
modulo, un diagramma di flusso per capire la loro funzione all’interno della
gestione dell’appalto esterno: che informazioni devono ricevere dal cliente,
quali informazioni devono dare e come gestire le attività che compiono. E anche
in relazione a come coinvolgere i propri superiori quando si accorgono di
essere esposti a un rischio per il quale non sono pronti.
Ci sono state difficoltà da parte dei lavoratori, degli RLS alla
partecipazione?
Lorenzo Cusaro: (...) Una volta spiegata
il motivo per cui si voleva fare questa cosa, il tutto è stato ben accolto. Ci
sono stati solo dei rallentamenti nella compilazione dei moduli, anche per il
fatto che i tecnici witness sono sparpagliati in Italia e nel mondo. (...)
Lorenzo Besana: In realtà come per ogni nuova iniziativa
ci sono sempre delle
resistenze.
Resistenze che possono nascere all’interno dell’azienda per altre ragioni.
Ad esempio perché le
strutture commerciali dicono sì, ma i nostri concorrenti non vanno a chiedere
certe cose ai fornitori. Quindi godono di un beneficio: hanno una procedura
operativa più snella rispetto alla nostra. Però ben presto hanno tutti capito
qual è l’importanza di questa cosa, quale è l’importanza di avere le persone
sicure che lavorano in altri ambienti, hanno capito quanto fondamentale, per
un’azienda come la nostra, è la sicurezza. Ma la cultura dei nostri tecnici e
la loro esperienza hanno appianato queste resistenze (...), hanno fatto capire
che era la cosa giusta per noi e per loro (...).
Credo che in realtà che un’esperienza di questo tipo cambi anche un
po’ l’azienda, il clima interno...
Lorenzo Besana: Certo e non solo. Ci ha permesso di avere
un
colloquio molto più aperto con le
aziende. Noi sistematicamente riceviamo con formulari dei feedback attraverso i
nostri ingegneri, e possiamo interloquire con il cliente (...). Abbiamo fatto
anche di più. Forniamo al cliente, nel momento in cui andiamo a visitarlo,
della documentazione (...). Abbiamo preparato tutta una serie di cose per
rendere la cosa fattibile, facile e anche piacevole (...). Si dà una grande
dimostrazione di serietà facendo queste cose...
Veniamo ai vantaggi che si possono avere nel far partecipare i
lavoratori a una valutazione del rischio.
Lorenzo Cusaro: Io ho notato che come
RSPP, avendo iniziato bene con questa attività (...), poi alla fine si è
instaurato un
circolo virtuoso in
cui in occasione di qualsiasi cambiamento, problema il punto di vista sulla
sicurezza è ben noto agli stessi tecnici. Infatti in nuovi asset che si
dovessero realizzare vengo coinvolto come RSPP esterno prima di ogni
cambiamento con l’aiuto della direzione e degli stessi lavoratori. (...) E gran
parte di questo beneficio è dovuto all’avere iniziato un’attività di coinvolgimento
sin dall’inizio.
Gli infortuni sono realmente diminuiti con questa esperienza?
Lorenzo Besana: Non abbiamo avuto assolutamente infortuni
negli interventi che facciamo negli ambienti esterni. Quello che abbiamo notato
sostanzialmente è un continuo
improvement in queste cose. Cioè i tecnici
che dicono “certo, mi trovo di fronte al costruttore”, “capisco che ci sono dei
rischi e non mi mettono a disposizione i DPI”. (...) A questo punto abbiamo
adottato per i tecnici un
kit di DPI
se non vengono forniti nelle aziende.
La metodologia adottata è esportabile anche
per altre realtà lavorative?
Riccardo Borghetto: Direi proprio di sì. E questo spiega la
concessione del riconoscimento di buona prassi. (...) Forse il termine witness
è un termine specifico di questo tipo, ma se gli davamo il nome di “
Valutazione del rischio delle attività
esterne” in questa definizione ricade veramente un mondo.
Ci sono tanti lavoratori che vanno a
lavorare presso terzi e spesso gli RSPP non hanno tutte le informazioni su
quello che vanno a fare. L’RSPP e anche il datore di lavoro.
Questo a maggior
ragione se l’RSPP è esterno, perché sappiamo che la frequenza con cui l’RSPP si
reca in azienda e altri motivi che sono sostanzialmente legati al fatto che
l’RSPP non fa parte dell’organico aziendale, fa sì che le informazioni che lui
ha siano sempre filtrate. Quindi la partecipazione
attiva dei lavoratori,
il fatto che sostanzialmente siano loro i primi a fornire le informazioni e
siano motivati a non omettere nulla e, anzi, dire tutta la verità, dà una
notevole potenza al sistema.
Queste tecnica che noi
abbiamo sviluppato, e si basa anche su alcune nostre conoscenza in ambito
comportamentale, ha permesso di ottenere due cose: di
migliorare la valutazione dei rischi e avere un
coinvolgimento pressoché totale dei
lavoratori.
È come avere un SPP
che non è composto solo da una o due persone, ma è composto dall’intera
azienda.
Ed è anche una metodologia che permette di conoscere tutti quei
mancati infortuni che spesso si perdono...
Riccardo Borghetto: Normalmente le aziende non conoscono i mancati infortuni. Nemmeno quelle che hanno sistemi di
gestione certificati. (...) Perché la questione è di carattere squisitamente
comportamentale. Cioè il lavoratore anche quando vede un problema non gli viene
voglia di segnalarlo o comunque non se ne ricorda. Sono informazioni che
vengono perse. Il sistema sicurezza non le acquisisce.
L’andare a chiedere
sistematicamente, periodicamente questo genere di informazioni ai lavoratori è
come avere un pettine molto fine che tira fuori i nodi. È in grado di catturare
in maniera molto dettagliata questo genere di informazioni.
Riguardo alle metodologie che prevedono il
coinvolgimento dei lavoratori, non ci sono resistenze da parte dei datori di
lavoro o dei dirigenti?
Lorenzo Cusaro: Normalmente ci può
essere il tentativo, ma solo per
datori
di lavoro che non sono tanto illuminati, di non coinvolgere i lavoratori
perché così stanno più buoni. In realtà questo non solo non porta i risultati
che Borghetto ha annunciato, ma soprattutto significa che non c’è una buona
gestione dell’azienda. E il clima all’interno di quelle realtà molto spesso non
è ottimale. Il clima che invece ho visto in UL è di tutt’altra natura e molto
dipende da come viene gestita l’organizzazione.
Per mettere in pratica la prassi validata le spese non sono alte...
Lorenzo Cusaro: Il vantaggio di questa
tecnica è che, a parte il costo iniziale di redigere il questionario, il costo
orario di raccogliere i dati, poi alla fine si abbattono tutta una serie di
costi diretti, che possono essere le
trasferte, i sopralluoghi, ... Se vogliamo abbiamo anche cercato di abbattere i
costi indiretti che ci sarebbero
potuti essere in seguito a infortunio o anche per perdita di immagine.
Lascerei le ultime
parole a Lorenzo Besana per convincere dirigenti e datori di lavoro
dell’importanza del coinvolgimento dei
lavoratori.
Lorenzo Besana: Posso solo dire che
il beneficio che abbiamo avuto è stato enorme. Perché veramente
abbiamo cambiato la mente delle nostre persone e abbiamo avuto un grande
risultato.
Le resistenze da parte
dei datori di lavoro, particolarmente dei piccoli, ci sono. È inevitabile.
L’abbiamo notato anche noi. Per questo abbiamo detto ai nostri tecnici: “andate
morbidi, portate a case dei feedback e poi saranno i vostri manager che si
interfacciano con l’azienda e spiegano il perché di questa iniziativa”. E
alcuni hanno veramente capito.
Hanno capito che se
dovesse succedere un incidente nella loro azienda con personale di altre
aziende, la
responsabilità a tutti
gli effetti è loro.
Se si dovesse aprire
gli occhi ai manager di determinate aziende si possono fare delle grandissime
cose e senza tantissimi soldi (...). Le resistenze si possono solo vincere
facendo capire quanto critico può essere per la loro azienda, per la loro
immagine, anche solo un piccolo incidente all’interno delle loro aziende.
Segnala questa news ad un amico
Questa news è stata letta 1233 volte.
Pubblicità