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"Distanze tra edifici, quando si può non rispettarle"
fonte www.edilportale.com / Edilizia
08/04/2013 - Le distanze tra edifici possono in genere essere regolate solo dallo
Stato, ma sono ammesse deroghe a favore delle Regioni solo se motivate
con esigenze di governo del territorio. Se si supera questo limite, le
norme regionali che intervengono sulle distanze possono essere
dichiarate illegittime.
È questo quello che è accaduto all'articolo 1 comma 2 della Legge 31/1979 della Regione Marche, che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo con la sentenza 6/2013.
Secondo la disposizione regionale, i Comuni possono individuare gli edifici da ampliare nelle zone di completamento con destinazione residenziale, procedura che ha l’efficacia di piano particolareggiato.
Sulla base di questa normativa, un soggetto aveva effettuato un ampliamento, ma il suo vicino ne aveva chiesto la demolizione. Nel dirimere la controversia, la Corte di Cassazione ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della norma regionale. A detta dei giudici della Cassazione, la norma contrastava con il DM 1444/1968, che fissa le distanze minime in base alle dimensioni stradali, e non rispettava i limiti della legislazione concorrente in materia di Governo del territorio.
La Corte Costituzionale ha chiarito che la deroga alle distanze è consentita solo per interessi pubblici legati al governo del territorio. La regolazione delle distanze, infatti, rientra nell’ordinamento civile ed è quindi di esclusiva competenza dello Stato.
D’altra parte la Corte ha sottolineato che le Regioni possono introdurre delle deroghe in considerazione degli interessi e delle specificità territoriali. La disposizione regionale è stata quindi considerata illegittima in quanto non rispetta i limiti entro i quali la deroga è ammessa.
È questo quello che è accaduto all'articolo 1 comma 2 della Legge 31/1979 della Regione Marche, che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo con la sentenza 6/2013.
Secondo la disposizione regionale, i Comuni possono individuare gli edifici da ampliare nelle zone di completamento con destinazione residenziale, procedura che ha l’efficacia di piano particolareggiato.
Sulla base di questa normativa, un soggetto aveva effettuato un ampliamento, ma il suo vicino ne aveva chiesto la demolizione. Nel dirimere la controversia, la Corte di Cassazione ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della norma regionale. A detta dei giudici della Cassazione, la norma contrastava con il DM 1444/1968, che fissa le distanze minime in base alle dimensioni stradali, e non rispettava i limiti della legislazione concorrente in materia di Governo del territorio.
La Corte Costituzionale ha chiarito che la deroga alle distanze è consentita solo per interessi pubblici legati al governo del territorio. La regolazione delle distanze, infatti, rientra nell’ordinamento civile ed è quindi di esclusiva competenza dello Stato.
D’altra parte la Corte ha sottolineato che le Regioni possono introdurre delle deroghe in considerazione degli interessi e delle specificità territoriali. La disposizione regionale è stata quindi considerata illegittima in quanto non rispetta i limiti entro i quali la deroga è ammessa.
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