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"I fattori di rischio per chi lavora al mare o in montagna"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
03/07/2013 - Per molti italiani è nei mesi di luglio e di agosto che si
consumano le meritate vacanze, ma i rischi per la salute e la sicurezza
sembrano non riposare mai. Infatti sia al
mare che in
montagna,
per chi è in vacanza, ma in particolar modo per chi lavora, sono
presenti fattori di rischio da conoscere e misure di precauzione da
mettere in atto.
Per parlare dei
rischi lavorativi al mare e in montagna non potevamo che riprendere la pubblicazione elaborata dall’ Ente Bilaterale Nazionale del Turismo (EBNT): il “ Vademecum della sicurezza. Manuale per la informazione e la formazione degli operatori del settore Turismo”.
Nella
scheda dedicata al
lavoro al mare l’EBNT
ricorda che “i principali incidenti ricorrenti fra coloro che lavorano
in ambiente marino (comprese le imbarcazioni), o comunque a contatto con
l’oggettistica e i materiali che si usano sulla spiaggia e sul mare,
sono dovuti a cadute, scivolamenti, schiacciamenti, scottature; mentre
fra le cause degli infortuni sono in primo piano gli errori umani, le
condizioni del tempo, la scivolosità dei materiali”.
La scheda si
sofferma, più che sulle attività di lavoro
su navi e barche,
sulle
attività correlate al settore
turistico e indica che gli agenti che possono provocare incidenti sono
legati a:
-
agenti chimici: riguardano in
particolar modo “gli addetti alla manutenzione e riparazione delle
imbarcazioni, o anche semplicemente coloro che sono a contatto con le barche, e
quindi con solventi, vernici, resine”;
-
microclima e agenti fisici: la temperatura dell’estate sottopone a stress
l’organismo, sia per chi è in vacanza, sia ancor più per chi è al lavoro
(lavoratori alberghieri, operatori dei bar, dei ristoranti, dei campeggi, ...).
Ad esempio “il lavoro in cucina, ambiente già di per sé surriscaldato, diventa
in estate una vera e propria prova di resistenza, dove le difficoltà legate
alla temperatura rischiano di avere pesanti ripercussioni anche sulla tenuta
nervosa; i camerieri vanno e vengono dal chiuso all’aperto, in una continua
alternanza fra ambienti con temperatura stagnante e ambienti ventilati”. Inoltre
ci sono i lavoratori dei porticcioli, i bagnini (addetti al salvamento), gli
istruttori sportivi (vela, surf, sci d’acqua), i noleggiatori da spiaggia (di
scooter d’acqua, di pattìni, di mosconi). Tutti costoro “vivono per tutta la
giornata sotto il sole diretto, bruciore per la pelle e abbagliamento per gli
occhi; svolgono attività molto faticose; sono sempre sul filo del pericolo,
vuoi per motivi legati alla mansione, vuoi per l’inevitabile rapporto con
oggetti scivolosi o in bilico; devono esercitare un’attenzione senza sosta
poiché le persone con le quali lavorano sono affidate, per definizione, alla
loro professionalità”. Inoltre vi sono situazioni che alzano il tasso di
responsabilità o di rischio legato alla mansione: “il mare mosso (bandiera rossa)
per gli addetti al salvamento, la precarietà degli impianti (soprattutto
elettrici) volanti, la rugosità delle superfici (pericolo che si conficchino
nella pelle schegge di legno, pericolo di inciampare)”. Senza dimenticare sia i
pericoli e i rischi del lavoro subacqueo, che i problemi connessi
all’esposizione al rumore: “addetti alle discoteche o ai parchi acquatici, ma
anche addetti a piscine (azione di ozonizzatori e cloratori) e alle bombole di aria
compressa
(attenzione anche al pericolo di scoppio)”;
-
agenti biologici: “è la stessa qualità
dell’acqua di balneazione a costituire spesso un problema. Un problema col
quale il bagnante può scegliere se confrontarsi o no, ma che è né più né meno
che l’ambiente di lavoro per l’operatore turistico”. Poi ci sono gli alimenti
che vengono dal mare (con riferimento al periodico allarme di intossicazioni,
malattie per i frutti di mare), c’è il “rapporto con i residui dei cibi e con i
rifiuti e le deiezioni”. Casi di particolare esposizione al rischio sono quelli
degli addetti alla pulizia dei litorali (sulle spiagge c’è di tutto, dai cocci
di vetro agli escrementi, dalle siringhe infette ai chiodi arrugginiti), degli
addetti agli scarichi in mare (in una situazione, come quella italiana, che non
ha ancora risolto - e in molti casi neppure affrontato - il problema della
sicurezza delle fogne), degli addetti alla pulizia dei servizi in alberghi e
ristoranti o delle latrine nei campeggi e villaggi turistici. E non
sottovalutiamo l’azione degli animali: insetti (zanzare, scorpioni, calabroni,
pappataci) e animali marini: meduse, per esempio, gravemente urticanti”.
Riguardo alla
prevenzione le raccomandazioni sono
banali ma essenziali: “pulizia, vestiario (ricordiamo che gli addetti al
salvataggio sulle spiagge devono obbligatoriamente indossare sia cappellino che
canottiera), prudenza (mai esibizionismi), professionalità (una corretta
preparazione è l’unica risorsa che consenta una reale misurazione dei rischi) e
rigorosa osservanza delle regole aziendali sui
dispositivi di protezione individuale: guanti, grembiuli,
copricapi, cuffie, mascherine, scarpe (per
esempio, stivali o calzature particolari quando
si lavora alla pulizia delle spiagge)”.
Veniamo brevemente
alla presentazione della
scheda
dedicata al
lavoro in montagna.
Ricordando che le
norme che regolamentano la vita in ambiente montano sono molte e complesse, la
scheda si limita a presentare alcuni problemi con cui ha a che fare chi lavora
in montagna (invitando i singoli operatori a leggere in loco le specifiche
normative):
-
frane: “ne avvengono in media, in
Italia, 5.000 all’anno; i Comuni esposti al pericolo di frane dopo piogge
intense sono più di 4.000”. Una piccola frana è “quella che sulle strade viene
segnalata come caduta sassi: occasionale, difficilmente prevedibile, generalmente
non catastrofica, ma che un frequentatore delle montagne non dovrebbe mai
trascurare come rischio”. La scheda ricorda che all’origine delle frane “ci
sono spesso responsabilità umane: il disboscamento provoca erosione; le piste
da sci, distruggendo grandi quantità di alberi, riducono l’azione di fissaggio
delle radici sul terreno; si costruiscono case su terreni instabili e in forte
pendio; aumentano le superfici impermeabili e l’acqua, prima assorbita dalle
piante o da terreni tenuti saldi dalle piante, scorre rovinosamente in
superficie”;
-
valanghe: “si verificano sempre nelle
stesse località, negli stessi periodi dell’anno e in concomitanza con certe
condizioni meteorologiche: sono abitudinarie. Si ha una valanga quando da una
parete innevata e fortemente inclinata si distacca una grande massa di neve che precipita a
valle lungo il pendio travolgendo ogni ostacolo”. Si distinguono valanghe di
neve farinosa o asciutta (“le più pericolose perché, avendo bassissima
viscosità, raggiungono i 200-300 km/h, precedute da un fronte di aria
turbolenta: si verificano in pieno inverno dopo abbondanti nevicate”) e
valanghe di neve bagnata (“meno pericolose perché più viscose e lente”: sono le
tipiche valanghe primaverili). Basterebbero “poche precauzioni per evitare
molte valanghe: spostarsi preferibilmente il mattino presto, parlare a voce
bassa, stare sui sentieri alti (evitare comunque i fondovalle), prediligere le
zone esposte a sud d’inverno e quelle esposte a nord in primavera”;
-
incendi boschivi: “sulle parecchie
decine di migliaia di incendi segnalati annualmente in Italia, più del 50%
interessano boschi e località agricole. Alla loro origine ci sono cause:
naturali (surriscaldamento, fulmine); tecniche (cortocircuiti, scintille,
incidenti stradali); dolose (sono le cause più frequenti). In particolare gli
incendi boschivi “sono facilitati dallo stato di abbandono in cui i boschi si
trovano in seguito allo spopolamento della montagna: il sottobosco non è più
oggetto di raccolta ordinaria ed è generalmente di lì che un incendio si
sviluppa”. Comunque “al primo posto fra le cause degli incendi dei boschi c’è
quasi sempre il dolo”.
Gli
altri rischi che si possono correre in
montagna sono legati al clima e alle caratteristiche ambientali:
- la rarefazione
dell’aria alle alte quote influisce sulle condizioni del lavoro manuale;
- ad alta quota
esercitano un’azione particolarmente pericolosa i raggi ultravioletti;
- le temperature sotto
zero
rappresentano un rischio di assideramento per chi affronta la montagna senza il
dovuto equipaggiamento;
- la configurazione
del terreno, soprattutto quando è coperto di neve, facilita la perdita dell’orientamento;
- le perturbazioni
atmosferiche hanno una violenza accentuata e i fulmini si abbattono spesso su
case non adeguatamente protette;
- il trattamento
delle piste da sci si fa con strumenti caratterizzati da una loro specifica
pericolosità, accentuata dal fatto che si agisce su terreni in forte pendenza.
Senza dimenticare –
per concludere questa breve rassegna dei rischi al mare o in montagna - i
problemi dei trasporti a fune (funivie e funicolari) e dei trasporti turistici
aerei (per elicottero), delle strade di montagna (sarebbe bene percorrerle solo
con la guida di professionisti del luogo), della fauna e flora alpina (con i
suoi rischi caratteristici, ad esempio relativi a vipere e funghi velenosi).
Ente Bilaterale Nazionale
del Turismo, “ Vademecum
della sicurezza. Manuale per la informazione e la formazione degli operatori
del settore Turismo”,
documento aggiornato a cura di A.G.S.G. s.r.l., l’autore dell’aggiornamento è
l’Ing. Carmine Moretti con la collaborazione di Parmenio Stroppa e Sara Vasta
(formato PDF, 2.09 MB).
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