News
"RSPP esterni o interni: una nuova procedura d’infrazione europea"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
10/07/2013 - Sono più di 100 le
procedure d’infrazione –
procedimenti volti a sanzionare gli Stati membri dell'Unione Europea
responsabili di violazioni del diritto comunitario - aperte per
l'Italia. La maggioranza delle procedure riguarda casi di violazione del
diritto dell’Unione e solo una ventina attengono invece al mancato
recepimento di direttive europee.
E il non corretto recepimento di una direttiva riguarda anche
l’ennesima procedura dì infrazione, in tema di sicurezza sul lavoro,
comunicata al nostro paese.
Infatti - come indicato nel resoconto della seduta parlamentare del 3 luglio 2013 -
il Ministro per gli Affari Europei, Enzo Moavero Milanesi, con lettera
in data 2 luglio 2013, ha trasmesso - ai sensi dell'articolo 15, comma
1, della legge 24 dicembre 2012, n. 234 - la comunicazione concernente
l'avvio di diverse procedure d'infrazione, ai sensi degli articoli 258 o
260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
Tra queste la
procedura d’infrazione n. 2013/4117 del 26 giugno 2013,
per non corretto recepimento della direttiva 89/391/CEE concernente
l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della
sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro. La
comunicazione è stata trasmessa alla XI Commissione (Lavoro) e alla XII
Commissione (Affari sociali).
Si tratta della
seconda procedura negli ultimi due anni aperta dalle istituzioni dell’Unione
Europea contro l’Italia in materia di sicurezza sul lavoro, dopo la procedura di
infrazione n. 2010/4227 aperta in conseguenza delle denunce inviate alla
Commissione dall’RLS Marco Bazzoni.
Veniamo ai
motivi della procedura d’infrazione n.
2013/4117.
Posto che il datore
di lavoro deve prevedere un servizio di
protezione e di prevenzione all'interno della sua impresa o del suo stabilimento,
l’Europa contesta quanto riporta il D.Lgs. 81/2008 riguardo alla
scelta dei responsabili e dei servizi
prevenzione in azienda.
Ricordiamo che il
D. Lgs. 81/2008, confermando quanto già contenuto nel D.Lgs. 626/1994, norma il
servizio di prevenzione e protezione con l’articolo 31:
Articolo 31 -
Servizio di prevenzione e protezione
1. Salvo quanto
previsto dall’articolo 34, il datore di lavoro organizza il servizio di
prevenzione e protezione all’interno della azienda o della unità produttiva,
o incarica persone o servizi esterni costituiti anche presso le associazioni
dei datori di lavoro o gli organismi paritetici, secondo le regole di cui al
presente articolo.
2. Gli addetti e
i responsabili dei servizi, interni o esterni, di cui al comma 1, devono
possedere le capacità e i requisiti professionali di cui all’articolo 32,
devono essere in numero sufficiente rispetto alle caratteristiche
dell’azienda e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei
compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa della
attività svolta nell’espletamento del proprio incarico.
3. Nell’ipotesi
di utilizzo di un servizio interno, il datore di lavoro può avvalersi di
persone esterne alla azienda in possesso delle conoscenze professionali
necessarie, per integrare, ove occorra, l’azione di prevenzione e protezione
del servizio.
4. Il ricorso a
persone o servizi esterni è obbligatorio in assenza di dipendenti che,
all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, siano in possesso dei
requisiti di cui all’articolo 32.
5. Ove il datore
di lavoro ricorra a persone o servizi esterni non è per questo esonerato
dalla propria responsabilità in materia.
6. L’istituzione
del servizio di prevenzione e protezione all’interno dell’azienda, ovvero
dell’unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi:
a) nelle aziende
industriali di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n.
334, e successive modificazioni,, soggette all’obbligo di notifica o
rapporto, ai sensi degli articoli 6 e 8 del medesimo decreto;
b) nelle centrali
termoelettriche;
c) negli impianti
ed installazioni di cui agli articoli 7, 28 e 33 del decreto legislativo 17
marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni;
d) nelle aziende
per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e
munizioni;
e) nelle aziende
industriali con oltre 200 lavoratori;
f) nelle
industrie estrattive con oltre 50 lavoratori;
g) nelle strutture
di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50 lavoratori.
7. Nelle ipotesi
di cui al comma 6 il responsabile del servizio di prevenzione e protezione
deve essere interno.
8. Nei casi di
aziende con più unità produttive nonché nei casi di gruppi di imprese, può
essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione. I datori di
lavoro possono rivolgersi a tale struttura per l’istituzione del servizio e
per la designazione degli addetti e del responsabile.
Dunque nella
normativa italiana il servizio di prevenzione e protezione può essere
“diretto”, interno o esterno. Al “servizio diretto”, con riferimento
all’articolo 34 del D. Lgs. 81/2008, può accedere in certi casi il datore di
lavoro che si impegna a svolgere direttamente i compiti del servizio di
prevenzione e protezione dai rischi indicati nell’art. 33. Al di fuori di
quanto richiesto dal comma 6 dell’articolo 31 il Datore di lavoro può dunque
optare per addetti e responsabili dei servizi interni o esterni.
Differentemente
dalla normativa italiana, la direttiva comunitaria indica invece un ordine di
priorità:
una figura esterna all’azienda
potrà essere ricercata solo se non è presente una professionalità adeguata
interna.
Vediamo a questo
proposito l’articolo 7 della Direttiva
89/391/CEE
del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a
promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori
durante il lavoro.
Articolo 7
Servizi di
protezione e prevenzione
1. Fatti salvi
gli obblighi di cui agli articoli 5 e 6, il datore di lavoro designa uno o
più lavoratori per occuparsi delle attività di protezione e delle attività di
prevenzione dei rischi professionali nell'impresa e/o nello stabilimento.
2. I lavoratori
designati non possono subire pregiudizio a causa delle proprie attività di
protezione e delle proprie attività di prevenzione dei rischi professionali.
I lavoratori designati, al fine di assolvere gli obblighi previsti dalla presente
direttiva, devono poter disporre di tempo adeguato.
3.
Se le competenze nell'impresa e/o nello
stabilimento sono insufficienti per organizzare dette attività di protezione
e prevenzione, il datore di lavoro deve fare ricorso a competenze (persone o
servizi) esterne all'impresa e/o allo stabilimento.
4. Nel caso in
cui il datore di lavoro faccia ricorso a dette competenze, le persone o i
servizi interessati devono essere informati dal datore di lavoro circa i
fattori che si sa o si suppone abbiano effetti sulla sicurezza e la salute
dei lavoratori e devono avere accesso alle informazioni di cui all'articolo
10, paragrafo 2.
5. In ogni caso:
- i lavoratori
designati devono possedere le capacità necessarie e disporre dei mezzi
richiesti,
- le persone o
servizi esterni consultati devono possedere le attitudini necessarie e
disporre dei mezzi personali e professionali richiesti, e
- il numero dei
lavoratori designati e delle persone o servizi esterni consultati deve essere
sufficiente,
per assumere le
attività di protezione e prevenzione, tenendo conto delle dimensioni
dell'impresa e/o dello stabilimento e/o dei rischi a cui i lavoratori sono
esposti, nonché della ripartizione dei rischi nell'insieme dell'impresa e/o
dello stabilimento.
6. Alla
protezione ed alla prevenzione dei rischi per la sicurezza e la salute,
oggetto del presente articolo, provvedono uno o più lavoratori, un solo
servizio o servizi distinti, siano essi interni o esterni all'impresa e/o
allo stabilimento. Se necessario, il(i) lavoratore(i) e/o il(i) servizio(i)
debbono collaborare.
7. Gli Stati
membri possono definire, tenuto conto della natura delle attività e delle
dimensioni dell'impresa, le categorie di imprese in cui il datore di lavoro,
a patto che abbia le capacità necessarie, può assumere personalmente il
compito di cui al paragrafo 1.
8. Gli Stati
membri definiscono le capacità e le attitudini necessarie di cui al paragrafo
5. Essi possono definire il numero sufficiente di cui al paragrafo 5.
In questo senso,
con riferimento al comma 3 che abbiamo evidenziato, la legge comunitaria è
abbastanza chiara e sembra andare in direzione diversa dall’abitudine dei
datori di lavoro nostrani, spesso di piccole e medie aziende, di utilizzare
responsabili e servizi di
prevenzione e protezione esterni.
E adesso cosa
succederà?
Ricordiamo che l’
avvio di una procedura d’infrazione è
una competenza della Commissione europea, la quale può agire su denuncia di
privati, sulla base di un’interrogazione parlamentare o di propria iniziativa.
Si parla di
pre-contenzioso quando, rilevata la
violazione di una norma europea, la Commissione procede all'invio di una " lettera di messa in
mora"
e concede allo Stato un termine di due mesi entro il quale presentare le
proprie osservazioni.
Se lo Stato membro
non risponde alla lettera di messa in mora nel termine indicato o fornisce
risposte non soddisfacenti, la Commissione può emettere un parere motivato con
il quale cristallizza l'inadempimento contestato e diffida lo Stato a porvi
fine entro un dato termine. Se poi lo Stato membro non si adegua al parere, la
Commissione può presentare ricorso per inadempimento davanti alla Corte di
Giustizia delle Comunità Europee. In questo caso si conclude la fase del
pre-contenzioso ed inizia il contenzioso vero e proprio.
E nel caso della procedura
d’infrazione n. 2013/4117 del 26 giugno 2013, in fase di pre-contenzioso,
l’Italia dovrà fornire alla Commissione una
risposta entro il 26 agosto.
Un risposta che
dovrà essere convincente per evitare il contenzioso e la possibilità di pagare
salate sanzioni per ogni giorno di mancato adeguamento alla normativa
dell’Unione Europea.
Segnala questa news ad un amico
Questa news è stata letta 1046 volte.
Pubblicità