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"D.Lgs. 81/2008: gli obblighi e la ripartizione dei compiti"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
15/10/2013 - Molti interventi in questi anni hanno affrontato la
nuova filosofia gestionale in
tema di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, dovuta al recepimento
delle direttive europee, confrontandola con la legislazione precedente.
Ad esempio un intervento al seminario del 7 dicembre 2012 a Firenze, “ I sistemi di gestione della salute e sicurezza in relazione al D.Lgs 231/01”, ha non solo rimarcato le specificità della nuova filosofia, ma si è soffermato lungamente sull’aspetto della
ripartizione dei compiti.
In “
Misure di tutela ed obblighi
del datore di lavoro, dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori: il testo
normativo ed il punto di vista della Giurisprudenza”, a cura Alberto
Andreani (libero professionista nel campo dell'igiene e della sicurezza del
lavoro), si indica che “l'obbligo di adottare un vero e proprio sistema di
misure cautelative e di presidii antinfortunistici, è la fondamentale
differenza con la legislazione precedente”.
In questo senso i
principi fondamentali di tale nuovo obbligo
gestionale sono:
- “la ‘
centralità’ del datore di lavoro (nei luoghi di lavoro fissi) e del
committente (nei cantieri temporanei o mobili);
- l' ‘
obbligo’ della valutazione dei rischi nel luogo di lavoro e della pianificazione
della sicurezza in cantiere;
- l’obbligo di ‘dotarsi’ di
collaboratori tecnici situati nei punti
strategici dell'attività produttiva (RSPP, MC, addetti al 1° soccorso,
antincendio, ecc.);
- un
obbligo ‘formativo’ più esplicito e più esteso;
- il ‘
confronto con i lavoratori’ attraverso l’istituzione degli RLS”.
Nella nuova gestione il datore di
lavoro deve utilizzare una serie di soggetti che abbiano non solo compiti di
attuazione delle misure di prevenzione (la tradizionale linea aziendale), ma
anche compiti consultivi (in particolare il servizio di prevenzione e
protezione dai rischi).
Dopo essersi soffermato sulle
attuali definizioni di «datore di lavoro» e di «lavoratore», il relatore si
sofferma sui compiti delegabili e indelegabili, ricordando che se anche “non si
ricorre alla delega è comunque indispensabile addivenire ad una corretta
distribuzione dei compiti all’interno
della propria gerarchia aziendale con un corretto
organigramma della sicurezza”.
Dopo aver affrontato il tema
dell’esercizio di fatto di poteri direttivi, delle misure generali di tutela e
dei modelli
di organizzazione e gestione, l’intervento di sofferma sulla
ripartizione dei compiti.
Infatti “l’analisi dei compiti
assegnati ai soggetti di ‘linea’ dell’azienda, non può che portare ad un’unica
conclusione:
è impossibile il rispetto
degli obblighi posti a capo del datore di lavoro e dei suoi collaboratori senza
una chiara ed adeguata ripartizione dei compiti. Compiti che se mal
adempiuti, oltre a costituire una negatività rilevante per la stessa produzione
aziendale, potranno portare, in caso di infortuni o malattie professionali, ad
una responsabilità personale, anche concorsuale, di ciascun soggetto
coinvolto”.
Veniamo dunque ad alcune
indicazioni della giurisprudenza sulle
Responsabilità civili e penali del datore di lavoro, dei dirigenti, dei
preposti e dei lavoratori:
- “nelle imprese od enti ad
organizzazione complessa e differenziata,
l’individuazione
dei destinatari delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul
lavoro deve essere effettuata non già tenendo presenti le diverse astratte
qualifiche spettanti a coloro che fanno parte dell’ente e dell’impresa (legale
rappresentante, dirigente, preposto, ecc.), bensì invece facendo riferimento
alla ripartizione interna delle specifiche competenze, così come regolate dalle
norme, dai regolamenti o dagli statuti che governano i singoli enti o le
singole imprese (Cass. Pen. Sez. III, 14 novembre 1984)”;
- “in questo modo la ripartizione
degli oneri prevenzionali (penalmente sanzionati per colpa specifica), si
modella sui ruoli ricoperti all’interno della gerarchia aziendale:
l’imputazione di quote decrescenti dell’obbligazione di sicurezza avviene
secondo una precisa scala gerarchica (che è esattamente quella aziendale);
- la giurisprudenza ha
valorizzato al massimo le potenzialità operative della norma, laddove ha
rilevato che
la previsione dell’art. 2087
c.c. comporta che al lavoratore sia sufficiente provare il danno ed il nesso di
causalità, spettando alla controparte la dimostrazione di avere fatto tutto il
possibile per evitare lo stesso. Peraltro il datore di lavoro è tenuto ad
un’attività di controllo e di vigilanza costante volta alla verifica delle
misure tecniche, organizzative e procedurali (Cass.
8 febbraio 1993, n. 1523; Cass. 3 giugno 1995,
n. 6486);
- dunque il datore di lavoro è
tenuto ad
un’attività di controllo e di
vigilanza costante
volta ad impedire comportamenti del
lavoratore tali da rendere inutili o insufficienti le cautele tecniche
apprestate e deve adottare, se necessario, sanzioni di carattere disciplinare
anche di carattere espulsivo, come il licenziamento (Cass. 8 febbraio 1993,
n. 1523; Cass. 6 aprile 1993, n. 3160)”;
-
in tema di infortuni sul lavoro, ai sensi dell’art. 4 del DPR n°
547/55, sono, tra gli altri, destinatari delle norme di prevenzione e
responsabili, nell’ambito delle proprie attribuzioni e competenze, delle
inosservanze di tutte le disposizioni del citato DPR i dirigenti tecnici, ossia
coloro che sono preposti alla direzione tecnica amministrativa dell’azienda o
di una parte di essa con la diretta responsabilità dell’andamento dei servizi e
quindi: institori, direttori tecnici o amministrativi, capi-ufficio, capi–reparto
che partecipano solo occasionalmente al lavoro normale. Tali dirigenti sempre
in forza della su richiamata norma, devono predisporre tutte le misure di
sicurezza fornite dal capo dell’impresa e stabilite dalle norme, devono
controllare le modalità del processo di lavorazione ed attuare nuove misure,
anche non previste dalla normativa, necessarie per tutelare la sicurezza in
relazione a particolari lavorazioni che si svolgono in condizioni non previste
e non prevedibili dal legislatore e dalle quali possano derivare nuove
situazioni di pericolosità che devono trovare immediato rimedio. I dirigenti
devono, altresì, avvalendosi delle conoscenze tecniche per le quali ricoprono
l’incarico, vigilare, per quanto possibile, sulla regolarità dell’antinfortunistica
delle lavorazioni, dare istruzioni di ordine tecnico e di normale prudenza,
affinché tali lavorazioni possano svolgersi nel migliore dei modi; In ogni
caso, quando non sia possibile assistere direttamente a tutti i lavori, devono
organizzare la produzione con un’ulteriore distribuzione di compiti tra i
dipendenti in misura tale da impedire la violazione della normativa (Cass.
Sez. 4, Sentenza n. 1345 del 01/07/1992 Ud. - dep. 15/02/1993);
- “in materia di prevenzione
degli infortuni e delle malattie professionali, il preposto condivide con il
datore di lavoro, ma con sfumature diverse secondo le sue reali mansioni, oneri
e responsabilità soltanto gli obblighi di
sorveglianza, per cui egli non è tenuto a predisporre i mezzi
antinfortunistici, ma deve invece vigilare affinché gli ordini vengano
regolarmente eseguiti. L’omissione di tale vigilanza costituisce colpa se sia
derivato un sinistro dal mancato uso di tali cautele” (Cass. Pen. Sez. IV, 21
giugno 1988);
-
il preposto ha solamente il dovere di vigilare a che i lavoratori osservino
le misure e usino i dispositivi di sicurezza e gli altri mezzi di protezione e
si comportino in modo da non creare pericoli per sé e per gli altri. E in
più
è tenuto a collaborare con
l’imprenditore e, quindi, a fargli presente le carenze in tema di prevenzione,
riscontrate nel luogo di lavoro (Cass. 26 giugno 1996).
Per concludere il relatore
riporta il contenuto dell’
articolo 20
del D.Lgs. 81/2008 (Obblighi dei lavoratori) e conclude con alcune sentenze
riguardo ai casi di negligenza o imprudenza:
-
quanto ai motivi di merito, la sentenza ha risposto congruamente e
senza incorrere in vizi logico giuridici su entrambi i punti oggetto di censura
in questa sede di legittimità. Circa l'imprudenza o distrazione della parte
offesa (che cercò di raccogliere qualcosa tra il nastro trasportatore e la
fossa sottostante, in uno stretto spazio non protetto) è a dire che non esula
dalle finalità proprie della legislazione antinfortunistica la protezione
estesa al caso di negligenza o imprudenza del lavoratore, compresa ogni ipotesi
di distrazione (Cass. IV, 13.5.1981)
tranne
che l'evento lesivo sia frutto esclusivo di un
comportamento del tutto anomalo
del prestatore d'opera, chiaramente
esorbitante dal procedimento lavorativo o del tutto incompatibile con il sistema
di lavorazione (il che, nella specie, è un fatto escluso dalla sentenza, che
considera una condotta meramente disaccorta dell'operatore nel corso
dell'attività lavorativa) ( Cassazione
Penale , Sez. 4 , 27 febbraio 1998 , n. 3606);
- “ (...)
la corte ha correttamente analizzato i fatti ed affermato che nelle
circostanze in cui avvenne l'infortunio da una parte non erano state approntate
le misure idonee a prevenire la caduta dall'alto, né era stato rifornito ed
imposto ai lavoratori l'uso di presidi individuali e dall'altra che il M. operò
non con decisione unilaterale, tanto da porsi al di fuori del contesto delle
operazioni che si stavano svolgendo nel cantiere. Egli salì le scale per
portarsi ai piani alti insieme al C. e parlando con lo stesso e dunque alla
vista del preposto che coordinava i lavori e, pur avendo posto in essere una
manovra altamente rischiosa ed imprudente, questa non può ritenersi integrare
un comportamento abnorme, in quanto effettuato alla presenza del suo superiore
e posta in essere anche il giorno prima. (...)
La corte motiva ampiamente sul punto ed analizza ogni aspetto della
vicenda, ivi compreso il nesso di causa tra le violazioni antinfortunistiche e
l'evento, per cui è pervenuta con ragionamento corretto e privo di vizi logici
a ravvisare la responsabilità in capo agli imputati e di conseguenza al
responsabile civile.
(Cass. Pen., Sez. III, 03 aprile 2007, n.
19381).
“ Misure di tutela ed obblighi del datore di lavoro, dei
dirigenti, dei preposti e dei lavoratori: il testo normativo ed il punto di
vista della Giurisprudenza”, Alberto Andreani - libero professionista nel
campo dell'igiene e della sicurezza del lavoro, intervento al seminario “I
sistemi di gestione della salute e sicurezza in relazione al D.Lgs 231/01”
(formato PDF, 112 kB).
Tiziano Menduto
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