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"La sicurezza sul lavoro tra instabilità politica e crisi economica"
fonte www.puntosicuro.it / Responsabilità sociale
23/10/2013 - La prima intervista realizzata da PuntoSicuro ad Ambiente Lavoro 2013 è al Dott.
Paolo Onelli, Direttore Generale della
Direzione Generale delle relazioni industriali e dei rapporti di lavoro, una delle dieci Direzioni in cui si divide il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Innanzitutto volevamo raccogliere il suo parere in merito alla piattaforma unitaria dei sindacati confederali presentata durante l’
Assemblea
nazionale unitaria dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza aziendali e territoriali (RLS/RLST) che si è tenuta ad Ambiente Lavoro il 16 ottobre. La piattaforma puntava il dito sulla assenza/carenza di una
strategia nazionale in materia di Salute e Sicurezza sul lavoro ed era interessante ascoltare Onelli su questo punto.
Volevamo poi capire quanta verità
ci fosse nella voce relativa a possibili futuri accorpamenti nella Direzione Generale delle relazioni industriali e dei rapporti di lavoro, già ex Direzione
Generale della tutela delle condizioni di lavoro.
È possibile che, dopo i tagli operati
dalla
spending review, si arrivi, ad
esempio, ad un accorpamento della Divisione III (Promozione della salute e
sicurezza sui luoghi di lavoro) con la Divisione VI (Disciplina in materia di
prevenzione degli infortuni e igiene sul lavoro)? Ed eventualmente con quali
ripercussioni?
Ricordiamo a questo proposito alcune
delle numerose e delicate
competenze, di questa Direzione Generale, in materia di salute e sicurezza:
- partecipazione a tutte le
attività di rilievo internazionale, per quanto di competenza e cura dei
rapporti con Unione europea, Organizzazione internazionale del lavoro (OIL),
Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu), Organizzazione per la cooperazione e
lo sviluppo economico (OCSE) e Consiglio d'Europa;
- tutela delle condizioni di
lavoro, applicazione e monitoraggio sull'attuazione della legislazione
attinente alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, con particolare
riferimento alle misure previste dal decreto legislativo 9 aprile
2008, n. 81, e successive modificazioni, in raccordo con le amministrazioni
competenti in materia;
- partecipazione al comitato di
cui all'articolo 5 e presidenza della Commissione di cui all'articolo 6 del
D.Lgs. 81/2008;
- promozione delle politiche
riguardanti la materia della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro in
raccordo con le altre amministrazioni competenti in materia, secondo quanto
previsto dalla normativa vigente;
- gestione del Fondo speciale
infortuni;
- attività di analisi e studio in
materia di mobbing, nonché raccolta e verifica delle denunce pervenute in
materia;
- disciplina dei profili di
sicurezza nell'impiego sul lavoro di macchine, impianti e prodotti industriali,
con esclusione di quelli destinati ad attività
sanitarie ospedaliere e dei mezzi di circolazione stradale.
L’intervista si sofferma anche sul
tema della mancata attivazione del Sistema
Informativo Nazionale per la Prevenzione di infortuni e malattie
professionali (SINP). Un problema che, nelle parole di Onelli, sembra collegato
non solo alle difficoltà del “cambiamento
delle prassi” che riguardano “la massa dati che deve essere messa in comune e
scambiata tra vari soggetti pubblici e soggetti privati”, ma anche alle più
generali incertezze del quadro politico.
L’intervista che il direttore
generale Onelli ci ha concesso contiene infine un’anticipazione relativa al periodo
in cui l’Italia sarà
presidente di turno
del Consiglio dell'Unione Europea.
Come sempre diamo ai nostri
lettori la possibilità di leggere ampi stralci della trascrizione
dell’intervista o di visualizzarla integralmente.
http://www.youtube.com/watch?v=5sHdHxGf55g
L’Assemblea nazionale unitaria di RLS/RLST ha parlato di carenza di una
strategia nazionale unitaria...
Paolo Onelli: “Una strategia nazionale aveva visto in Commissione
consultiva una prima stesura, dopo l’importante accordo del 2012 che in
effetti disegna una strategia nazionale, ma la disegna per alcuni anni e va
ovviamente ripresa, implementata e rilanciata. E credo che sia un buona modalità
di procedere: la politica definisce gli indirizzi e poi, sulla base degli
indirizzi definiti insieme al governo in rapporto con la Conferenza Stato
Regioni, bisogna avere un piano d’azione. Io credo che questo sia lo strumento
corretto per operare specialmente quando soprattutto sono così tanti i soggetti
e i fronti su cui essere impegnati. Quindi io ritengo che, rispetto a questa
piattaforma, la suggestione di tornare ad avere una strategia nazionale sia un
punto che deve far riflettere.
Piuttosto
che vedere rincorrere un affastellarsi
di norme, muoversi sulla base dell’evoluzione normativa, con un
programma che abbia dei punti fermi e che possa essere oggetto anche di una
verifica e di una valutazione nel corso degli anni, penso sia importante.
Al di là della strategia, spesso c’è anche una critica sulla mancanza
di chiarezza...
P.O.: “La materia della salute e sicurezza ha la stessa complessità
delle organizzazioni che devono comminare due elementi, quello della produzione
di beni e servizi - le imprese - e anche l’impiego della forza lavoro e quindi
della risorsa umana in modo tale da conservarne, proteggerne, magari anche
aumentarne, il livello di benessere. Questo non è facile farlo nei vari
contesti produttivi, non è facile farlo in un contesto che vede grandi
cambiamenti anche nelle modalità d’impiego dei lavoratori. Quindi è ovvio che
la materia abbia una sua complessità. Però è vero che c’è una tendenza, che io
registro anche negli interventi che ho ascoltato questa mattina da parte dei
Rappresentanti dei lavoratori e che mi ha sorpreso e che conferma una opinione
che mi son fatto nel corso degli anni... Cioè che ci sia il rischio di una
superfetazione (ridondanza, ripetizione inutile, ndr) non tanto di obblighi di
legge, quanto di passaggi burocratici, non sempre di una burocrazia pubblica,
ma di un sistema professionale che vive e cresce attorno alla gestione della
sicurezza e della salute dei lavoratori. Per essere chiari, penso che sia
indispensabile una professionalizzazione nell’approccio e quindi penso che sia
indispensabile l’apporto di quanti concorrono alla sicurezza in azienda:
professionisti, tecnici, consulenti e quant’altro. Con l’avvertenza che questo
non deve arrivare a complicare
eccessivamente, oltre un certo limite, la possibilità, la sostenibilità della
realizzazione di obiettivi concreti di sicurezza lì dove la gente lavora”.
Torniamo alla strategia nazionale. La sua realizzazione a chi è
demandata? Ai politici? Ai tecnici? A stato/regioni/parti sociali?
P.O.: Questa è una materia in cui tutti i documenti europei
raccomandano agli stati membri di avere un approccio che si fonda sul dialogo
sociale, sulla condivisione di obiettivi e di strategie operative. Stiamo
parlando della salvaguardia del bene primario che è la salute delle persone.
Quindi è evidente che l’unilateralismo non può albergare in materia di salute e
sicurezza. Riguarda la politica perché la politica ha il compito di fornire gli
indirizzi, di concorrere all’esercizio della funzione legislativa, sia per
quanto riguarda il Parlamento, sia per quanto riguarda il Governo, e di trovare
anche i mezzi finanziari necessari all’implementazione di un sistema che è
fatto di politiche di promozione, ma anche di politiche del controllo (...).
C’è poi anche una filiera istituzionale che è fatta da Inail, da Ministero del
Lavoro, Ministero della Salute, Regioni, Ministero delle infrastrutture,...
(...) che concorrono, ciascuno per la parte di propria competenza, alla strutturazione di questa strategia. Per
questo ritengo importante la suggestione di avere un
masterplan, un
plan action
che sia il punto di riferimento di questa azione complessa...
Qualche resistenza c’è stata e di che tipo?
P.O.: Io credo che ci sia una
difficoltà
a mettere intorno a un tavolo più soggetti. Soprattutto le istituzioni
hanno in Italia una scarsa tradizione di agire cooperativo. Quindi è vero che
qualche resistenza di tipo culturale può ancora esserci. Però è fondamentale la
continuità dell’azione politica e quindi dell’azione di governo, la sua stabilità,
perché questo tipo di strategia possa impiantarsi e vedere poi nel tempo anche
i suoi frutti.
Lei ha anticipato nel suo intervento qualcosa che riguarda l’Unione
Europea...
P.O.: Ho detto con molta semplicità che il prossimo anno l’Italia è
presidente di turno dell’Unione e che in quest’ambito sta maturando il
convincimento, a cui il Ministro Giovannini (Ministro del Lavoro e delle
Politiche sociali, ndr) tiene particolarmente, che torni ad essere centrale nel
dibattito politico, istituzionale - che inevitabilmente sarà gestito dal nostro
paese – la
dimensione sociale
dell’Unione. Perché accanto al
business
as usual si
torni a parlare del
modello sociale di questo sviluppo e quindi delle ricadute sul piano
occupazione, della vicenda economica, giuridica, politica dell’Unione Europea.
Questo per noi significa
poter candidare
i temi della salute e sicurezza ad essere centrali nell’interrogarci su
quale nuova occupazione, che noi auspichiamo più sicura, si intende creare in
Europa. Noi abbiamo bisogno che ci torni ad essere più occupazione, ma non
intendiamo far essere questa occupazione meno sicura di quella che finora
abbiamo faticosamente difeso e costruito. Questa è la sfida che abbiamo
davanti, come paesi europei...
(...)
Veniamo ad un importante tema nazionale: il flusso di informazioni. Una
delle chimere più spesso prospettate ma mai raggiunte è il Sistema Informativo
Nazionale per la Prevenzione di infortuni e malattie professionali (SINP).
Vedrà mai la luce?
P.O.: Io credo che in questo paese obiettivi complessi, come quelli
relativi al cambiamento delle prassi che riguardano ad esempio la massa dati
che deve essere messa in comune e scambiata tra vari soggetti pubblici e
soggetti privati – una strada sicuramente da percorrere per migliorare la
nostra capacità di dare risposte, di rendere l’amministrazione e tutto il
sistema di gestione del mercato del lavoro più trasparente, efficiente ed
efficace – richiedono un po’ di stabilità. È vero che la vicenda del SINP è una
vicenda complessa, dove c’è un tema tecnico che riguarda la tutela della
privacy, ma è anche vero che la vicenda del SINP ha attraversato gli ultimi
anni di vita pubblica nazionale, che sono stati anni contrassegnati da una
certa incertezza del quadro politico. Io
penso
che con la stabilizzazione, con la relativa stabilizzazione del quadro politico
si arriverà a concludere il percorso, che è davvero alle battute finali, del
SINP, che è uno strumento fondamentale. Perché consente la conoscenza delle
eziologie legate ai fenomeni di infortunio e malattia professionale e consente
agli operatori di avere un quadro di
informazioni aggiornato per potere intervenire. Ma è anche la prova di quanto
le amministrazioni tutte siano in grado di mettere in comune il proprio
archivio dati e quindi il proprio pezzo di conoscenza sul fenomeno.
Veniamo infine ai tagli, alla
spending
review, agli accorpamenti presenti e futuri. La
spending review ha già colpito recentemente la Direzione Generale
delle relazioni industriali e dei rapporti di lavoro. Colpirà ancora la sua
direzione?
P.O.: La
spending review è un processo che non è
istantaneo. È un processo iniziato, non concluso. Una serie di conseguenze si
sono determinate nel corso degli anni per le strutture pubbliche in generale, e
per il nostro Ministero in particolare, perché prevendendosi una profonda
ristrutturazione delle strutture si è ridefinito il numero degli organici e si
sono creati degli esuberi. E la creazione di questi esuberi ha impedito che
alcune persone che erano state reclutate dall’esterno potessero continuare, ad
esempio, a lavorare con noi al Ministero. Questa è ancora una circostanza che
lo impedisce. Almeno dal punto di vista dell’utilizzo di queste altissime
professionalità nei ruoli dirigenziali. Ma richiede oltretutto, come ha detto
già lei,
la necessità di accorpare
uffici dirigenziali che avevano una loro articolazione e quindi procedere a
fusioni, accorpamenti dentro le Direzioni generali dell’amministrazione. A
questo va associato anche un intervento che si è fatto variamente nel tempo e
si è reso sempre più avvertibile nel corso degli ultimi tempi, di una ridotta
disponibilità di risorse per il funzionamento. Questo riguarda tutte le
amministrazioni. Tutte le amministrazioni sono chiamate ad efficientare i loro
processi, in alcuni casi a rivedere l’agenda delle attività dando priorità ad
alcune cose e, evidentemente, dovendone trascurare altre, perché c’è una minore
disponibilità finanziaria su cui far conto. Anche le attività di primaria
importanza devono essere gestite all’interno di questa consapevolezza.
Consapevolezza che le risorse non sono infinite, devono essere razionalizzate,
perché la situazione del paese è evidente e richiede prioritariamente che
vengano conseguiti alcuni obiettivi di bilancio. Noi ne siamo consapevoli e
ovviamente nelle materie così delicate di cui si occupa la mia Direzione
Generale questo richiede un’attenzione del tutto particolare.
Lei non è preoccupato che un eventuale accorpamento di divisioni ne
possa diminuire l’efficienza e l’operatività?
P.O.: La razionalizzazione è un processo che serve a migliorare
l’uso delle risorse senza che ci sia una flessione di risultati esterni. Quindi
l’ambizione è quella di mantenere inalterati gli
outcome, tenendo conto che ci sono ridotte risorse. Questo significa
sicuramente un processo di cambiamento che richiede dei tempi, dei tempi a
livello centrale e sicuramente anche un percorso impegnativo. I tempi saranno
sicuramente tempi di cambiamento per l’amministrazione sul territorio dove
l’intervento è stato gestito con equilibrio e sarà gestito con equilibrio.
Tuttavia tutte le amministrazioni come la nostra, che hanno articolazioni
periferiche, dovranno far conto sui tagli indispensabili. Saranno
razionalizzate le sedi, saranno razionalizzati i processi e probabilmente
questo spingerà una certa modernizzazione che è inevitabile nel nostro futuro.
Articolo e intervista a cura di
Tiziano Menduto
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