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"Guariniello: i decreti della semplificazione che complicano"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
25/10/2013 - Ascoltare il magistrato Raffaele Guariniello è
sempre interessante. Non solo perché propone delle soluzioni per
migliorare e rendere più efficiente il lavoro della magistratura in
materia di salute e sicurezza, ma anche perché il magistrato è spesso
tra i primi a cogliere e sottolineare le difficoltà nell’applicazione
della normativa.
Infatti, come più volte raccontato ai nostri microfoni, il nostro problema non è legato alle leggi – “le leggi italiane sono le migliori al mondo” – ma alla loro
applicazione concreta. In alcuni paesi hanno sì leggi meno avanzate dalle nostre, “ma le applicano”.
Raffaele Guariniello, presente il 17 ottobre 2013 ad Ambiente Lavoro di Bologna come relatore nel convegno “
D.Lgs. 81/08 Testo Unico sulla Sicurezza nei Luoghi di Lavoro: la parola al Legislatore”, ha partecipato insieme all’on.
Renata Polverini, Vicepresidente dell’XI commissione Lavoro Pubblico e Privato alla Camera dei Deputati, ad una breve
conferenza stampa.
Conferenza stampa indetta per permettere al magistrato e alla
parlamentare di rispondere alle domande dei giornalisti in merito al
proprio lavoro e ai cambiamenti introdotti nella normativa sulla
sicurezza dal Decreto del Fare-Legge n. 98/2013.
Malgrado lo spessore del tema la
conferenza ha mostrato come lo sguardo dei grandi media generalisti,
completamente
assenti, sia ancora
rivolto più alle tragedie degli incidenti
di lavoro che alle problematiche da affrontare per migliorare la
prevenzione.
Tuttavia PuntoSicuro, con
pochissimi altri, c’era.
Abbiamo registrato integralmente
la Conferenza Stampa e abbiamo posto alcune domande, partendo dal ricorrente
tema della mancanza in Italia di una
Procura
Nazionale sulla sicurezza del lavoro. Quali le resistenze politiche,
giudiziarie? Quali i vantaggi che una Procura nazionale potrebbe portare?
Attraverso l’On. Polverini è
stato poi possibile affrontare anche i compiti e le difficoltà della stessa
Commissione Lavoro della Camera dei
Deputati.
Infine i pareri dei due
esponenti, del potere legislativo e giudiziario, sulle recenti
modifiche al D.Lgs. 81/2008.
Giudizi che non sono certo
morbidi. Secondo Guariniello quella del decreto
del fare rischia di essere
“
una semplificazione non burocratica, non
formale, ma una semplificazione sostanziale”
. Il magistrato sottolinea
che
“uno dei punti più delicati riguarda il fatto che le imprese cosiddette a basso
rischio verrebbero legittimate a dimostrare di aver effettuato la valutazione
dei rischi attraverso un modello” semplificato che sarà allegato al futuro
decreto ministeriale. E non mancano i dubbi interpretativi, di cui riporta
alcuni esempi.
All’inizio il sostituto procuratore Raffaele Guariniello - coordinatore
del pool di magistrati della
Procura di Torino
specializzato nei problemi relativi alla
sicurezza sul lavoro e alla tutela del consumatore – risponde a domande sulla
sua attività...
(...)
Raffaele Guariniello:
Abbiamo
(in Procura, ndr) un gruppo che
si occupa di sicurezza sul lavoro, che è specializzato si questi temi. Diciamo
è che l’auspicio è che questo gruppo sia un po’ l’inizio di una
specializzazione che dovrebbe esserci a livello nazionale. Purtroppo nel nostro
paese noi abbiamo zone in cui l’intervento della magistratura è assente, oppure
troppo lento per cui magari si arriva alla prescrizione del reato. Cioè dovremmo
avere una organizzazione giudiziaria molto diversa. Noi abbiamo oltre 120
Procure della Repubblica in Italia, gran parte delle quali sono con due, tre,
quattro magistrati (...). Non è un problema di bravura di magistrati, è un
problema che non possono specializzarsi in queste
materie che richiedono invece un alto grado di specializzazione.
Per quello che noi abbiamo proposto una
Procura
Nazionale sulla sicurezza del lavoro – l’avevamo portata anche
all’attenzione della Commissione delle cosiddette morti bianche, del Senatore
Tofani. Però purtroppo non sembra che questa iniziativa riesca ad andare
avanti. Quindi in questo momento noi stiamo vivendo una grande ingiustizia nel
nostro paese, perché
ci sono zone in cui
sono avvenuti infortuni, a volte vere e proprie epidemie di morti, ma non c’è
un processo.
E quindi tra le
vittime, tra i famigliari delle vittime si diffonde un senso di giustizia
negata (...). La proposta della Procura nazionale è una delle possibilità.
Certo però non si può andare avanti così. A me capita di andare in alcune parti
del nostro paese e sentire associazioni che dicono “qua stanno morendo delle
persone, ma un processo non comincia”. Poi mi chiedono “ma perché non lo fa
lei?”, ma io non sono nella zona territoriale di competenza. Però questo denota
la mancanza di un riferimento sul piano giudiziario.
Domanda: Della Procura si parla già da diversi anni. Quali sono le
resistenze? Sono resistenze politiche? Sono problemi di costi?
RG: Il problema dei costi penso che sia un problema non rilevante.
(...) Le faccio un esempio. Abbiamo una grande industria che ha due
stabilimenti, uno in una città che può essere Torino ed uno in un’altra città.
Le lavorazioni sono le stesse, morti per cause di lavoro nell’uno e nell’altro
stabilimento. Iniziano due processi che riguardano le stesse cose, con periti,
consulenti, polizia giudiziaria, uno distinto dall’altro. Quindi abbiamo uno
spreco di energie. Per di più con il risultato che una Procura ha già ottenuto
la condanna e l’altra ha già chiesto l’archiviazione. Non so se sia accettabile
una cosa del genere. Io non dico che abbia ragione l’una o l’altra, però ci
sono situazioni che richiedono una visione globale (...).
Renata Polverini: (...) Forse esiste un problema anche culturale,
di approccio. E poi (...) la stessa Commissione non è mai riuscita ad
esercitare quel ruolo che invece altre Commissioni bicamerali sono riusciti ad
esercitare su temi specifici (...). Adesso vediamo, perché le Commissioni
bilaterali stanno ripartendo a fatica (...). Anche il senatore che ricordava il
Procuratore, non è più nemmeno in Senato...
(...)
D: Come si occupa la Commissione Lavoro di questi temi e con quali
difficoltà?
RP: Intanto abbiamo avuto il primo approccio con il Decreto del
Fare che tentava di derubricare con la scusa della semplificazione. Noi abbiamo
peraltro in Commissione Antonio
Boccuzzi, che si sta dedicando a questa materia. In questo momento abbiamo
insieme alla Commissione Salute e Affari Sociali un’indagine conoscitiva,
perché anche sui numeri, proprio rispetto alle questioni che ci siamo detti, si
fa una grande confusione. Stiamo concludendo un ciclo di audizioni per capire
con questa legislatura che taglio vogliamo dare al problema. Al momento siamo
nella fase preliminare. Come saprete questo Parlamento è partito a stento,
abbiamo perso un sacco di tempo, le Commissioni si sono costituite e abbiamo
iniziato a lavorare (...)...
D:
Secondo voi il Decreto
del Fare ha migliorato o peggiorato l’efficacia della normativa sulla
sicurezza?
RP: Noi, per quanto compete alla Commissione, abbiamo arginato il
danno. Io non appartengo a quel filone di pensiero per cui le leggi vanno in
senso assoluto semplificate. In certe materie le leggi che abbiamo ce le
dobbiamo tenere care e dobbiamo applicarle fino in fondo... (...)
RG: Il discorso dovrebbe essere molto tecnico. Le due leggi, la 98
e la 99, prevedono delle modifiche. Però bisogna dividerle in due categorie. Le
modifiche immediatamente applicabili e le modifiche che diventeranno
applicabili con l’emanazione di decreti ministeriali che dovrebbero essere
emessi entro 60 o 90 giorni, per la verità dalla data di entrata in vigore del
decreto legge e questo vorrebbe dire che dovrebbero essere già stati emessi.
Perché sono termini già scaduti. Nella legge di conversione non si è tolta la
parola “decreto”, bisognava mettere “legge”...
Ora per quel che riguarda le
modifiche immediatamente applicabili ce ne sono alcune che incidono sul campo
di applicazione dell’articolo 26 e del Titolo IV, capo primo dell’81. Quindi
normative che attengono ad attività lavorative molto delicate, quali sono
quelle che si svolgono in seguito ad appalti, vuoi appalti interaziendali, vuoi
appalti che si svolgono nei cantieri, C’è stata una restrizione del campo di
applicazione di queste normative che è avvenuta, senza scendere in troppo
particolari tecnici,
con formulazioni
che possono creare seri dubbi interpretativi...
D: Ci può fare qualche esempio?
RG: Ad esempio l’esclusione di tutta una serie di lavori - ad
esempio relativi a gas, acqua, condizionamenti, ... – dal campo di applicazione
del Titolo IV, capo primo con una formulazione in cui, a causa delle virgole
che sono state messe, non si riesce a capire bene l’estensione...
Poi c’è il problema delle
modifiche che dovranno entrare in vigore e dipenderà molto da come saranno
fatti i decreti ministeriali.
Uno dei
punti più delicati riguarda il fatto che le imprese cosiddette a basso rischio
verrebbero legittimate a dimostrare di aver effettuato la valutazione dei
rischi attraverso un modello di cui in allegato al decreto ministeriale.
Lì dietro ci vedo una semplificazione che
può mettere a rischio un obbligo importante come quello della valutazione dei rischi.
Se tu prevedi qualcosa di alternativo al documento di valutazione dei rischi
vuol dire che pensi ad un modello un po’ più ridotto, ma se è un po’ più
ridotto questo vuol dire che allora tu non hai un documento sulla cui base
valuti la condotta anche del datore di lavoro. Se non è completo...
Questa mattina abbiamo parlato
del fatto che il documento deve valutare tutti i rischi, anche i rischi un po’
particolari. Per capire se li ha valutati o meno tu hai il documento. Con quel
modello si riuscirà a capire? (...)
Rischia di essere una semplificazione non burocratica, non formale, ma
una semplificazione sostanziale. però questo dipende molto da come (i
modelli, ndr) saranno fatto. Le ho fatto un esempio del possibile pericolo che
può esserci, speriamo che sia solo paventato e non realizzato. Anzitutto poi
bisogna vedere se verranno fatti questi decreti ministeriali (...). C’è già
qualcuno che dice “siccome non sono tanto chiare le norme, forse meglio
modificare queste norme prima che vengano fatti i decreti ministeriali”...
Il Parlamento è costretto a
operare anche con tempi così affrettati... Fare le leggi non è così facile....
(...) Noi dobbiamo pensare che quando facciamo le norme diamo indicazioni a tutte queste imprese che devono
avere strumenti comprensibili, non che ci debba sempre essere l’avvocato che
spieghi. Un’impresa è in difficoltà. Siamo in difficoltà anche noi a riuscire a
capire certe norme, figuriamoci gli operatori...
(...)
RP: (...) Purtroppo da un po’ di tempo a questa parte andiamo
avanti a colpi di Decreti Legge. Che arrivano già sulla scia di emozioni, della
necessità del governo di dimostrare che sta intervenendo su una questione. In
questa legislatura abbiamo quasi tutti decreti omnibus, decreti omnibus che
diventano comprensivi di tutte le materie. Cioè si approfitta del decreto del
fare sulla semplificazione non perché si guardi ad un processo di
semplificazione, ma perché già che è a disposizione ciascuno si inserisce col
proprio ministero... (...)
RG: Per cui
il Decreto del
Fare, della semplificazione, complica...
D: Dunque il giudizio del decreto del fare è un giudizio negativo...
RG: No, calma.
Malgrado
tutto le leggi italiane sono le migliori al mondo. Il nostro problema non è di
leggi, è di applicazione concreta delle leggi. Questo vuol dire che gli organi
di vigilanza devono operare molto meglio, devono esserci più ispettori, devono
essere soprattutto più preparati. Poi deve esserci un codice etico, ad
esempio che non preavvisino le ispezioni, come purtroppo a volte capita. Ci
deve essere una serietà nella loro attività. E poi bisogna che i controlli
della magistratura siano molto più efficaci (...)
Nemmeno queste norme “del fare”
toccano il disegno generale (...). Il disegno rimane quello e le leggi sono
ottime. Abbiamo le leggi migliori al mondo. Ho fatto una conferenza a Torino
con magistrati di tutti gli Stati (Nepal, Nigeria, ...) e gli raccontavo dei
processi che facevamo. Questi mi guardavano con tanto d’occhi: “ma come,
nessuno vi impedisce di farli?”. Perché loro quando iniziano qualcosa li
bloccano subito. Finché i magistrati in Italia sono non condizionati dal potere
politico, riusciamo a fare i processi.
Quando abbiamo fatto il processo
all’Eternit i giornalisti francesi hanno chiesto perché loro non riuscivano a
farlo. È perché lì il pubblico ministero dipende dal Ministero della Giustizia
che non vuole che si faccia il processo all’Eternit. Abbiamo un paese con
grande potenzialità, ma poi l’organizzazione giudiziaria lascia a desiderare.
(...)
Articolo a cura di Tiziano Menduto
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