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"Interpello: valutazione dei rischi e formazione nel lavoro a domicilio"
fonte www.puntosicuro.it / Formazione ed informazione
26/11/2013 - Raramente ci si
occupa della prevenzione dei rischi in alcune tipologie contrattuali lavorative
come il
lavoro a domicilio, in cui
la prestazione è resa al domicilio del lavoratore o in locali di cui il
lavoratore abbia la disponibilità, o il
telelavoro.
Fenomeno, quest’ultimo, complesso, e - come ricordato nell’indagine “ Lavoro in ambiente
domestico, telelavoro e lavoro a progetto: linee guida e buone prassi per la
prevenzione dai rischi, anche in chiave comparata, alla luce della riforma del
mercato del lavoro in Italia” – contrassegnato dall’impiego di tecnologie
informatiche e telematiche, dall’indipendenza dall’ufficio e dalla possibilità
di rimanere in comunicazione, grazie alle reti, con il datore di lavoro, i
superiori ed i colleghi.
Soffermandoci in particolare sul
lavoro a domicilio quali sono le tutele
per il lavoratore e le responsabilità del datore di lavoro?
A rispondere parzialmente a
questa domanda è intervenuto l’
Interpello
n. 13/2013 del 24 ottobre 2013 in risposta da un quesito posto alla
Commissione
per gli interpelli -
prevista dall’articolo 12 comma 2 del Testo Unico in materia di salute e
sicurezza nel lavoro – dal Consiglio
Nazionale degli Ingegneri (CNI). Quesito che si sofferma in specifico
sull’obbligo di formazione, informazione ed addestramento per i lavoratori
a domicilio.
Presentiamo il
quesito.
Il Consiglio Nazionale degli
Ingegneri ha avanzato istanza
di interpello per sapere “
se per i
lavoratori a domicilio, che risultano dipendenti di un'azienda, ma che hanno
come luogo di lavoro la propria abitazione, il datore di lavoro debba .fornire
a proprie spese tutta l'informazione, la formazione e l'addestramento previsto
per i lavoratori dal D.Lgs. n. 81/2008, in particolare la formazione prevista
dai recenti accordi Stato-Regioni e la formazione per addetto al
primo soccorso
e addetto all'antincendio”.
Inoltre il CNI chiede alla
Commissione se l'abitazione del lavoratore “
sia
da considerarsi a tutti gli effetti un luogo di lavoro, cosi come definito dal
D.Lgs. n. 81/2008, e debba pertanto essere oggetto di valutazione dei rischi,
da parte del datore di lavoro”.
A questo proposito la Commissione
fa alcune distinzioni e ricorda quanto indicato dalla
normativa.
Il lavoro a domicilio infatti
“può essere reso sia in
forma
subordinata sia in
forma autonoma”.
È da ritenersi in forma
subordinata “nei casi in cui il lavoratore é tenuto ad osservare le direttive
dell'imprenditore circa le modalità di esecuzione, le caratteristiche ed i
requisiti del lavoro da svolgere”.
Il vincolo di subordinazione non
sussiste invece “qualora il lavoratore a domicilio organizzi e conduca il
lavoro in maniera autonoma”.
Inoltre dal punto di vista della
tutela della salute e della sicurezza
nei luoghi di lavoro, l'art. 3, comma 9, del Decreto legislativo 81/2008 prevede
che "
fermo restando quanto previsto
dalla legge 18 dicembre 1973, n. 877, ai lavoratori a domicilio ed ai
lavoratori che rientrano nel campo di applicazione del contratto collettivo dei
proprietari di fabbricati, trovano applicazione gli obblighi di informazione e
formazione di cui agli articoli 36 e 37. Ad essi devono inoltre essere forniti
i necessari
dispositivi di protezione individuali
in relazione alle effettive mansioni
assegnate.
Nell'ipotesi in cui il
datore di lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali
attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al Titolo III”.
Ciò premesso la Commissione
fornisce le seguenti
indicazioni.
La Commissione ritiene che il
datore di lavoro è “
tenuto a fornire
un'adeguata informazione e formazione nel rispetto di quanto previsto dall'accordo
Stato-Regioni del 21/12/2011 e non anche quella specifica per il primo soccorso
e antincendio”.
Inoltre “
il domicilio non è considerato luogo di lavoro, ai sensi dell'art.
62 del D.Lgs. n. 81/2008”.
RTM
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