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"Obblighi del direttore dei lavori in materia di salute e sicurezza sul lavoro"
fonte www.puntosicuro.it / Sentenze
01/09/2014 -
Commento a cura di Gerardo Porreca.
A leggere questa sentenza della Corte di Cassazione e
quelle di recente da essa emanate sullo stesso argomento non appare proprio ben
definita la posizione che la stessa Corte assume con riferimento alla
individuazione delle responsabilità della figura
del direttore dei lavori in materia di salute e di sicurezza del lavoro nell’ambito
dei cantieri temporanei o mobili. Chiarissima è comunque la conclusione alla
quale la stessa è pervenuta in questa occasione e cioè che l’obbligo di
apprestare nei cantieri temporanei o mobili i mezzi protettivi previsti dalle norme
di sicurezza sul lavoro, al fine di evitare gli infortuni, incombe non solo
sugli imprenditori ma anche sui direttori dei lavori, funzione ricoperta nel
caso particolare in esame da un architetto in un cantiere edile.
Il fatto
Il responsabile tecnico e direttore di cantiere, delegato
alla sicurezza con procura notarile ed il capo cantiere di un’impresa
appaltatrice dei lavori per la realizzazione di un'adduttrice fognaria sono
stati dichiarati colpevoli del reato di lesioni colpose aggravate a danno di un
lavoratore dipendente infortunatosi e sono stati condannati, con attenuanti
generiche equivalenti alle aggravanti, alle rispettive pene di giustizia
nonché, unitamente al responsabile civile, al risarcimento del danno in favore
della parte civile alla quale è stata anche assegnata una provvisionale
provvisoriamente esecutiva. L’infortunio era accaduto mentre il lavoratore era
intento ad impartire segnalazioni ad un gruista
durante la discesa di un carico di tondini allorquando, sporgendosi dal bordo di
una vasca privo di parapetto, ha perso l’equilibrio afferrando di conseguenza
la fune di acciaio con la mano sinistra che rimaneva incastrata e riportando in
tal modo lesioni personali gravi comportanti un'incapacità di attendere alle
ordinarie occupazioni superiore a giorni 40.
Al responsabile tecnico e direttore di cantiere è stato
contestato di avere omesso di fornire al lavoratore infortunato all'atto
dell'assunzione una tempestiva informazione e formazione, con corsi
presso il
CNA sui rischi per la sicurezza e la salute connessi all'attività
dell'impresa
e sui rischi specifici del lavoro da svolgere nonché di avere omesso di
fornire
al medesimo lavoratore una formazione adeguata sulle modalità di
segnalazione,
ai sensi dell’art. 4 del D. Lgs. n. 493/1996, ed ancora di avere omesso
di
allestire o di far allestire un regolare parapetto atto a prevenire
cadute. Al capo cantiere è stato invece contestato di avere omesso di
vigilare concretamente in modo da non consentire al lavoratore di
posizionarsi
sia sul bordo della vasca che vicino alle pulegge della gru.
Essendo stata confermata la loro condanna dalla Corte di
Appello gli imputati hanno fatto ricorso alla cassazione con atti distinti ma
di contenuto sostanzialmente identici. Entrambi hanno lamentata l'erronea
applicazione dell’art. 68 del D.P.R. n. 164/1956 dal momento che gli stessi si
erano doverosamente preoccupati di dotare il cantiere e gli operai di tutti i
mezzi di protezione richiesti ed hanno messo in evidenza, altresì che il
comportamento del lavoratore era stato caratterizzato dall'eccezionalità,
abnormità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive
organizzative ricevute, oltre ad essere stato imprevedibile, avendo lo stesso
di propria iniziativa, intrapresa un'attività non richiestagli.
Le decisioni
della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha ritenuto infondati i ricorsi
presentati. Secondo la stessa la sentenza della Corte d’Appello impugnata aveva
adeguatamente spiegato come la condotta del lavoratore infortunatosi non
potesse qualificarsi abnorme e tale, quindi, da elidere il nesso causale tra la
condotta omissiva degl'imputati e l'evento lesivo. “
Deve definirsi abnorme”, ha infatti precisato la suprema Corte, “
quel comportamento che sia stato posto in
essere da quest'ultimo del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle
mansioni affidategli e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il
datore di lavoro o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia
consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, lontano dalle
ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella
esecuzione del lavoro”. E’ chiaro infatti, ha sostenuto la Sez. IV, che il
lavoro svolto dalla persona offesa era richiesto e necessario e che la sua
posizione a bordo vasca, laddove non era stata predisposta la misura
antinfortunistica del parapetto,
agevolava l'attività demandatagli di supporto al gruista.
Con riferimento, infine, alla mancanza delle protezioni
della vasca dalla caduta dall’alto ed alla contestazione circa l’erronea
applicazione dell’art. 68 del D.P.R. n. 164/1956, la suprema Corte ha concluso con
una espressione che riguarda la figura del direttore dei lavori (figura che per
la verità non è stata interessata nel procedimento in esame) affermando che "
l'obbligo di apprestare nei cantieri di
lavoro i prescritti mezzi protettivi, anche ai fini delle norme
antinfortunistiche, incombe non solo sugli imprenditori, ma anche sui direttori
di lavoro (nella specie, architetto avente la funzione di direttore dei lavori
in un cantiere edile) (Cass. pen. Sez. 6, n. 9778 del 12.4.1976, Rv. 134516;
Sez. 3, n. 673 del 6.11.1981 Rv. 151748)”.
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