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"Interpello: la formazione e le responsabilità negli spazi confinati"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza
17/10/2014 - Sono passati tre
anni dall’entrata in vigore del Decreto
del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 177, il “
Regolamento recante norme per la
qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti
sospetti di inquinamento o confinati, a norma dell'articolo 6, comma 8, lettera
g), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81”. E dopo una prima fase di
soddisfazione per una legge che cercava finalmente di porre un argine alla
frequenza e alla gravità degli infortuni che avvengono negli spazi
confinati (vasche, serbatoi, pozzetti, cisterne, ....), si è
successivamente passati alla rilevazione di
criticità, carenze e dubbi nella normativa.
A cercare di rispondere ad alcuni
dei dubbi sollevati è la
Commissione
Interpelli, prevista dall’articolo 12 comma 2 del D.Lgs. 81/2008, con l’
Interpello n. 23/2014 del
6 ottobre 2014 relativo ad un quesito
della Federazione delle Imprese Energetiche e Idriche ( FederUtility) in merito
alla
corretta interpretazione dell'art.
3, commi 1 e 2, del DPR 177/2011.
Riportiamo innanzitutto l’intero
articolo 3 del DPR 177/2011:
Art. 3 Procedure di sicurezza
nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati
1. Prima dell'accesso nei
luoghi nei quali devono svolgersi le attività lavorative di cui all'articolo
1, comma 2, tutti i lavoratori impiegati dalla impresa appaltatrice, compreso
il datore di lavoro ove impiegato nelle medesime attività, o i lavoratori
autonomi devono essere puntualmente e dettagliatamente informati dal datore
di lavoro committente sulle caratteristiche dei luoghi in cui sono chiamati
ad operare, su tutti i rischi esistenti negli ambienti, ivi compresi quelli
derivanti dai precedenti utilizzi degli ambienti di lavoro, e sulle misure di
prevenzione e emergenza adottate in relazione alla propria attività.
L'attività di cui al precedente periodo va realizzata in un tempo sufficiente
e adeguato all'effettivo completamento del trasferimento delle informazioni
e, comunque, non inferiore ad un giorno.
2. Il datore di lavoro
committente individua un proprio rappresentante, in possesso di adeguate
competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro e che abbia comunque
svolto le attività di informazione, formazione e addestramento di cui
all'articolo 2, comma 1, lettere c) ed f), a conoscenza dei rischi presenti
nei luoghi in cui si svolgono le attività lavorative, che vigili in funzione
di indirizzo e coordinamento delle attività svolte dai lavoratori impiegati
dalla impresa appaltatrice o dai lavoratori autonomi e per limitare il
rischio da interferenza di tali lavorazioni con quelle del personale
impiegato dal datore di lavoro committente.
3. Durante tutte le fasi delle
lavorazioni in ambienti sospetti di inquinamento o confinati deve essere
adottata ed efficacemente attuata una procedura di lavoro specificamente
diretta a eliminare o, ove impossibile, ridurre al minimo i rischi propri
delle attività in ambienti confinati, comprensiva della eventuale fase di
soccorso e di coordinamento con il sistema di emergenza del Servizio
sanitario nazionale e dei Vigili del Fuoco. Tale procedura potrà
corrispondere a una buona prassi, qualora validata dalla Commissione
consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ai sensi
dell'articolo 2, comma 1, lettera v), del decreto legislativo 9 aprile 2008,
n. 81.
4. Il mancato rispetto delle
previsioni di cui al presente regolamento determina il venir meno della
qualificazione necessaria per operare, direttamente o indirettamente, nel
settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati |
Riguardo al
comma 1 dell’articolo FederUtility fa innanzitutto presente che
abitualmente da parte delle proprie aziende ‘
con la stipula di un unico contratto di appalto viene affidato, alle
imprese appaltatrici o ai lavoratori autonomi, un incarico per operare in più ambienti
confinati o sospetti di inquinamento, chiaramente specificati nel contratto,
ubicati nell'ambito del ciclo produttivo dell'azienda committente e la cui
materiale esecuzione si articola nell 'arco temporale della durata del
contratto stesso’ e che ‘
si tratta,
spesso, di attività singolarmente di breve o addirittura di brevissima durata
ma che possono essere reiterate più volte nello stesso sito, nell'arco
temporale di validità del medesimo contratto’.
Fatta questa premessa chiede se
“sia corretta l'interpretazione secondo la quale l'attività informativa posta a
carico del committente, possa essere considerata validamente espletata per
tutta la validità del contratto, una volta che essa sia stata impartita a
ciascun lavoratore, prima dell'accesso in ogni specifico sito e non siano
cambiate, nel frattempo, le condizioni in cui si deve operare”.
In riferimento invece al
comma 2 dell'art. 3 del DPR
177/2011, l'interpellante - considerato che l'attività di coordinamento del
rappresentante del committente rappresenta ‘
una
specificazione dell'obbligo di cui all'art. 26 del d.lgs. n. 81 del 2008’ e
che `
coordinare significa mettere in
comunicazione le varie fasi delle attività in corso al fine di evitare
sovrapposizioni, intralci di attività forieri di potenziali pericoli"
- chiede “se sia corretta l'interpretazione secondo la quale l'attività di
vigilanza richiesta al rappresentante del datore di lavoro committente
dall'art. 3, comma 2, del D.P.R. 177/2011, ‘
non
richieda la sua costante presenza sul luogo di lavoro ma si estrinsechi,
piuttosto, in una sua efficace attività di sovrintendenza sull’adozione ed
efficace attuazione della procedura di lavoro prevista dall'articolo 3, comma
3, del d.p.r. n. 177 del 2011’”.
In merito ai quesiti, la
Commissione Interpelli fornisce le seguenti
indicazioni.
Riguardo al
primo quesito e all'interpretazione del comma 1, la Commissione
precisa che “l'informazione ivi prevista è aggiuntiva e specifica rispetto a
quella da impartire ai sensi dell'art. 36 del D.Lgs. n. 81/2008”.
È dunque parere della Commissione
che “la finalità del legislatore non sia quella di imporre al datore di lavoro
committente l'obbligo di erogare ai lavoratori delle imprese appaltatrici,
compreso il datore di lavoro, ove impiegato nelle medesime attività, o ai
lavoratori autonomi, una informazione inutilmente ripetitiva, ma piuttosto
quella di assicurare, come puntualmente precisa la norma, che tutti coloro che
accedano in ambienti
sospetti di inquinamento o confinati siano puntualmente e dettagliatamente
informati dal datore di lavoro committente ‘
su
tutti i rischi esistenti negli ambienti, ivi compresi quelli derivanti dai
precedenti utilizzi degli ambienti di lavoro, e sulle misure di prevenzione e
emergenza adottate in relazione alla propria attività’, affinché essi ne
possano tener conto nel momento in cui vi debbano entrare e lavorare”.
Ciò comporta che per garantire
“un'informazione puntuale, adeguata e aggiornata” e evitare che la stessa sia
“inutilmente dilatata a dismisura mediante la mera ripetizione di informazioni
già trasmesse,
spetti a ciascun datore
di lavoro committente valutare, caso per caso, anche e soprattutto sulla base
del tempo trascorso dall'ultimo accesso e della possibilità che le condizioni
dei siti sospetti di inquinamento o confinati si siano modificate, se
l'informazione già necessariamente erogata anche per quel singolo e specifico
sito debba, o meno, essere ripetuta”.
Riguardo al
secondo quesito e all'interpretazione del comma 2 (art. 3, DPR
177/2011) è parere di questa Commissione che il “ruolo affidato dal legislatore
al ‘
rappresentante’ che deve essere
individuato dal datore di lavoro committente sia del tutto particolare e
finalizzato a coordinare le attività che si svolgono nell'intero teatro
lavorativo e per tutto il tempo necessario”.
E premesso che tale soggetto
“deve essere adeguatamente formato, addestrato ed edotto di tutti i rischi
dell'ambiente in cui debba svolgersi l'attività dell'impresa appaltatrice o dei
lavoratori autonomi, egli dovrà
sovrintendere
sull'adozione ed efficace attuazione della procedura di lavoro prevista
dall'art. 3, comma 3 del già citato D.P.R. 177/2011, specificatamente diretta
ad ‘
eliminare o, ove impossibile, ridurre
al minimo i rischi propri delle attività in ambienti confinati, comprensiva
della eventuale fase di soccorso e di coordinamento con il sistema di emergenza
del Servizio nazionale sanitario e dei Vigili del Fuoco’.
Spetterà quindi, ancora una
volta, al datore di lavoro committente la scelta della persona più idonea e
delle modalità operative più corrette per svolgere tali compiti,
specificando nella procedura adottata se,
ed eventualmente quando, sia necessaria la presenza del proprio
‘rappresentante’ direttamente sul luogo di lavoro in cui si effettuano le
attività lavorative all'interno degli ambienti sospetti di inquinamento o
confinati”.
Per concludere possiamo rilevare,
dalla lettura del parere e dell’interpretazione del comma 2 della Commissione
Interpelli, che al
Rappresentante del
Datore di Lavoro Committente, come individuato dal DPR 177/2011, sarebbe
dunque assegnato un compito di “
sovrintendenza”,
apparentemente qualcosa di più del compito riportato originariamente nella
norma e relativo al “
vigilare in funzione
di indirizzo e coordinamento”.
Ricordiamo, a questo proposito,
che la giurisprudenza ha più volte affrontato, ad esempio in relazione
all’attività del preposto, il “ concetto di
sovrintendere”, ad esempio intendendolo come un'attività che “
comporta anche un limitato potere di
impartire ordini e istruzioni di natura meramente esecutiva” (Corte di
Appello di Milano, sentenza 23 ottobre 1998).
Tiziano Menduto
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