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"Come favorire la gestione degli eventi critici nei luoghi di lavoro"
fonte www.puntosicuro.it / Gestione delle Emergenze
13/01/2015 -
Nell’affrontare emergenze ed eventi critici nei luoghi di lavoro è
più che mai necessario mettere in atto idonei comportamenti. Per
riflettere sui vari aspetti comportamentali pubblichiamo un contributo
di Massimo Mignani, Componente del Comitato Scientifico di AiFOS.
Le
situazioni critiche
La
criticità di un evento è
determinata da un segnale del contesto operativo che viene percepito non in
linea con le aspettative di funzionamento normale dell'attività operativa
dell'organizzazione.
La percezione della criticità di un evento è in
larga parte oggettiva, basata sul livello di
scostamento tra i dati previsti ed attesi in una certa situazione
operativa e quelli ricevuti/rilevati dai segnali generati dall'evento critico.
Su questa base oggettiva si innestano percezioni personalizzate sul
livello e la gravità dell'evento critico che possono variare da persona a
persona in relazione alle diverse componenti individuali che intervengono nella
valutazione di un evento critico:
esperienze, caratteristiche personali,
valori e motivazioni.
Esperienze
Esperienza: “Conoscenza diretta, personalmente acquisita con
l’osservazione, l’uso o la pratica, di una determinata sfera della realtà; la percezione degli oggetti e dei fatti a noi
esterni; somma delle cognizioni acquisite con l’osservazione e il contatto
diretto della vita nei suoi molteplici aspetti.”
Ogni persona gestisce le esperienze attraverso la memorizzazione degli
elementi conoscitivi che l'hanno caratterizzata, la memorizzazione di lungo
termine che rende una singola esperienza
accessibile nel tempo è legata al livello emotivo determinato da quella
specifica esperienza, più è elevato maggiore sarà la durata e la rapidità di
emersione del ricordo.
Questo meccanismo si applica anche alle competenze acquisite in fase di
addestramento e formazione che hanno maggiore probabilità di essere memorizzate
ed utilizzate se acquisite con modalità coinvolgenti e collegate ai bisogni ed
alle aspettative dei discenti e legate alla loro realtà operativa.
Il livello di emozione legato ad un'esperienza è determinato dalle
caratteristiche dell'esperienza e dalla percezione individuale del risultato
ottenuto positivo o negativo che sia.
Pertanto le esperienze che il nostro cervello ci propone con più forza,
in relazione ad un evento critico, sono quelle collegate alle nostre competenze
consolidate o caratterizzate da un risultato positivo (da ripetere) o negativo
(da evitare).
Caratteristiche personali
Il complesso delle doti individuali e delle disposizioni psichiche che
distinguono una personalità umana dall’altra, e che si manifesta soprattutto
nel comportamento sociale, nella disposizione affettiva dominante, nell’umore
abituale che contraddistinguono una persona dagli altri.
Gli elementi più significativi sono:
-
filtri
percettivi: definiscono la maggiore o minore attenzione con cui acquisiamo
le varie informazioni che ci arrivano dal nostro contesto e che determinano la
diversa percezione che ognuno ha della realtà in cui opera;
-
stile
relazionale e di comunicazione: è l'insieme delle modalità (non verbali,
paraverbali e verbali) che caratterizzano l'approccio individuale abituale ai
nostri interlocutori;
-
aspettative
di interazione: esprimono i bisogni primari di riconoscimento di ognuno
nelle interazioni con il proprio contesto nelle diverse realtà in cui il
singolo opera;
-
modalità
di risposta agli stimoli stressanti: sono i comportamenti disfunzionali che
ognuno rischia di agire se non riesce a gestire gli stimoli potenzialmente
stressanti (percezione di: relazioni negative, non riconoscimento dei bisogni
primari, non accettazione di sé da parte del contesto, difficoltà di comunicazione);
L'insieme di questi elementi si consolida intorno ai 7 anni con
limitati cambiamenti per il resto della vita; l'utilizzo consolidato nel tempo
di questo mix di caratteristiche, di cui talvolta il singolo non è consapevole,
genera la convinzione, peraltro erronea, che porta ognuno ad affermare “sono
fatto così”.
Valori
Un valore è una concezione del desiderabile, esplicita o implicita, distintiva di un individuo o caratteristica di un gruppo, che influenza l’ azione operando una selezione tra i modi, i mezzi e i fini disponibili.
Un valore è il principio generale in base al quale approviamo o
disapproviamo una certa azione e quindi il sistema dei valori individuali e del
gruppo rappresenta il “filtro” che
seleziona le azioni accettabili rispetto a quelle che non lo sono.
Motivazioni
La motivazione può essere definita come la spinta
interiore che porta l'individuo ad applicarsi con impegno nelle sue attività,
una sorta di forza interna che stimola, regola e sostiene le
principali azioni compiute dalla persona influenzando
ed orientando i nostri comportamenti.
La motivazione è intrinseca all'individuo e non
può essere indotta dall'esterno, ma solo a
sollecitarla o, al più, ad alimentarla; non esistono persone demotivate,
la domanda non è: è motivato? Ma piuttosto: da che cosa è motivato? Quindi non
si può giudicare la motivazione degli altri, ma la si può conoscere e capire
per orientare le energie del gruppo verso i risultati attesi.
La motivazione delle persone cambia nel tempo, in
relazione ai cambiamenti personali, al processo di apprendimento, ai
cambiamenti dell’ambiente.
Queste diversità individuali determinano
percezioni diverse rispetto all'evento critico, ma soprattutto possono
influenzare ed orientare i comportamenti da agire in risposta agli stimoli
determinati dall'evento critico.
Le
Esperienze
L'analisi
svolta sulle esperienze di gestione di situazioni critiche di diversa natura e
complessità effettuata con il metodo del “
critical
incident” ha permesso di evidenziare i fattori critici di successo
percepiti da chi ha vissuto quelle esperienze:
Fattori
critici di successo
- la collaborazione tra le persone coinvolte;
- la conoscenza diffusa delle tecniche e delle
procedure per la gestione in sicurezza delle operazioni;
- il lavoro di squadra con tutte le altre funzioni
interessate;
- la gestione degli stimoli stressanti da parte
del responsabile della gestione;
- la capacità di mantenere relazioni positive e di
comunicare in modo efficace anche in emergenza;
- la capacità di valutare oggettivamente le
caratteristiche dell'evento critico;
- la capacità di prendere decisioni in situazioni
di incertezza valutando i rischi.
Questi fattori sono coerenti con le ricerche fatte
anche a livello europeo, sullo stress dei lavoratori e l'impatto sulla
sicurezza:
Fattori che influenzano lo
stress
-
difficoltà a controllare e gestire il proprio lavoro;
-
richieste a cui non ci si sente in grado di dare una risposta;
-
scarse o cattive relazioni con i colleghi e con il capo, scarsa attenzione e
supporto reciproco;
-
difficoltà a conciliare vita lavorativa e vita personale.
I fattori di successo descritti sopra hanno una
caratteristica in comune: quella di non poter essere basati
sull'improvvisazione del momento o realizzate solo con l'applicazione di regole
operative prescritte ma sono basate su elementi che vanno sviluppati
preventivamente attraverso un processo di miglioramento continuo (sul lavoro di
squadra, la motivazione dei collaboratori, la comunicazione flessibile, la
gestione del se e dello stress, la formazione, i rapporti interfunzionali).
Questa considerazione sembra contrastare con una
realtà operativa che spesso sembra caratterizzata da una emergenza continua
dove tutto è urgente dove la formazione e lo sviluppo delle persone sono solo
un costo per cui ci si limita alla formazione imposta per legge e non si
dedicano tempo e risorse per le
azioni
di sviluppo, ma un fatto è certo, meno tempo si dedica alle azioni di
sviluppo, che non sono urgenti ed obbligatorie ma sono importanti, e minore è
la probabilità che la gestione del prossimo evento critico sarà efficace.
Aumentare la probabilità di successo: aree di intervento
Un evento critico in una organizzazione è nella maggioranza dei casi un
problema complesso che trova origine in un insieme di componenti diverse
(strutture, strumenti tecnici, persone, organizzazione e ruoli, norme) che
interagiscono tra loro in modo non sempre prevedibile la cui soluzione dipende
dalla capacità degli attori coinvolti di individuare al più presto le possibili
soluzioni sulla base di poche e parziali informazioni, senza essere bloccati o
deviati dall'emotività o dal timore di sbagliare, senza essere fuorviati dalle
proprie esperienze e competenze.
Queste caratteristiche collocano gli eventi critici in una organizzazione nella categoria dei “
problemi gestionali complessi” in cui
le spiegazioni sono parziali e probabili invece che totali e certe e che quindi
non possono essere approcciati con processi meccanicistici semplici come
l'applicazione di procedure prescritte o sulla base di esperienze e competenze
consolidate ed abituali.
Questi eventi devono essere affrontati utilizzando visione di insieme
del contesto, diagnosi e decisione tempestiva in incertezza con atteggiamento
proattivo, utilizzando un approccio interdisciplinare e mentalità flessibile.
Alla luce di queste considerazioni vengono illustrate qui di seguito
alcune tecniche che, se diffuse dai formatori ed applicate in modo sistematico,
possono contribuire a sviluppare quelle capacità individuate tra i fattori
critici di successo.
Atteggiamento Proattivo
Abbiamo accennato parlando di caratteristiche personali, che una
tendenza diffusa è quella di considerarle elementi fissi e non modificabili da
cui l'atteggiamento mentale ben rappresentato dalla frase “sono fatto così”; ma
oggi sappiamo, che quel “così” si riferisce alle emozioni ed ai comportamenti
istintivi ed abituali che, salvo marginali modifiche, si consolidano intorno ai
7 anni.
Per cui quando ci troviamo a doverci rapportare con un contesto
(persone, situazioni, problemi) siamo portati istintivamente ad approcciarlo
con i nostri comportamenti abituali che spesso non sono quelli più adatti a
produrre risultati positivi.
Le esperienze e gli studi prima di Viktor Frankl che sosteneva che “fra
stimolo e risposta, l'uomo ha la libertà di scegliere” e di Stephen Covey dopo che ha introdotto
il
concetto di proattività (“Il
nostro comportamento dipende dalle nostre decisioni, non dalle condizioni in
cui viviamo”), hanno
ampiamente dimostrato che le persone se vogliono possono scegliere il loro
comportamento e sono quindi in grado di agire anche comportamenti diversi da
quelli abituali per raggiungere i loro obiettivi anche in contesti in relazione
agli stimoli dei diversi contesti in cui si trovano ad operare.
Covey sostiene che chi agisce i suoi comportamenti abituali qualunque
sia li stimolo che riceve dal contesto ha un atteggiamento reattivo che, a
differenza di quello proattivo non si prende la responsabilità di scegliere il
proprio comportamento in relazione al contesto per aumentare la probabilità di
essere efficace.
Un
atteggiamento proattivo
non si inventa ma si sviluppa attraverso l'allenamento alla consapevolezza,
l'attenzione al contesto ed agli altri e mettendosi in gioco sperimentando
comportamenti diversi da quelli abituali; la percezione di riuscire ad essere
efficace anche agendo comportamenti che sembravano estranei rafforza
l'autostima e la motivazione ad assumere un atteggiamento proattivo.
La maggiore difficoltà da superare all'inizio di questo processo di
miglioramento, è la resistenza al cambiamento perché in ogni cambiamento ci
sono opportunità ma anche rischi e spesso la valutazione del rischio blocca il
cambiamento, questo meccanismo è particolarmente rilevante quando si tratta di
cambiare i propri comportamenti abituali perché a questi è legata l'immagine
che abbiamo di noi stessi, la nostra identità (sono fatto così).
Rimane ineludibile il confronto con contesti operativi ed interlocutori
diversi e variabili in cui l'esigenza di adottare comportamenti non abituali
aumenta; in queste situazioni una persona con atteggiamento reattivo, che
dipende dagli stimoli del contesto e dalle azioni degli altri, è probabile che
provi un senso di impotenza, diminuisce la probabilità di realizzare i suoi
obiettivi, può provare disagio e frustrazione perdendo di efficacia rischiando
di commettere errori talvolta pericolosi.
La Comunicazione
La comunicazione serve a passare agli
altri idee, informazioni, emozioni per orientarne il comportamento verso
gli obiettivi comuni. Per comunicare in modo efficace occorre essere
consapevoli ed accettare la diversità degli altri e le nostre
caratteristiche personali.
La Comunicazione è lo strumento principale
delle relazioni interpersonali e regola il funzionamento di tutte le
organizzazioni umane.
La comunicazione efficace è quella che ci
fa sintonizzare sugli altri, per cui gli altri non sono una massa
omogenea ed indistinta ma un insieme di singolarità di cui devo tenere
conto.
L’unica parte del processo comunicativo su cui
ho il potere di agire è la mia capacità di inviare messaggi che stimolino
nell'altro una risposta in sintonia con le mie aspettative. La comunicazione è un processo che si realizza
attraverso l'utilizzo di strumenti diversi che insieme contribuiscono a
determinarne il risultato perciò possiamo concludere che se l'oggetto della
comunicazione è il contenuto quello che la rende efficace permettendo al
contenuto di raggiungere in modo corretto il destinatario sono le modalità di
relazione che sono basate su elementi emotivi
e prevalentemente inconsapevoli.
La differenza tra
confronto e
conflitto:
- il confronto si ha sulle cose (fatti, comportamenti,
idee...);
- il conflitto nasce tra le persone.
Per aumentare la probabilità di realizzare una comunicazione
efficace bisogna accettare se stessi e l'altro come persona e su questa
base gestire il confronto.
Gestione della Motivazione
La motivazione è una delle leve primarie per gestire gli altri e
per realizzare un influenzamento efficace. I passi da seguire per
utilizzare questa leva sono i seguenti:
1. Prendere consapevolezza delle proprie
motivazioni.
2. Capire le motivazioni di ciascuno dei
propri collaboratori “ascoltandoli” ed osservando i loro comportamenti e,
quindi, verificare le differenze tra il proprio sistema di bisogni ed il loro.
3. Tenere conto del loro profilo
motivazionale nell’individuare i compiti e responsabilità più adatti a ciascuno
ed assegnando mansioni e compiti il più possibile in sintonia con le loro
motivazioni e nella comunicazione
adoperando uno stile relazionale e delle argomentazioni coerenti con le motivazioni individuate.
Possiamo
individuare
il profilo motivazionale di una persona sulla base della combinazione di
quattro criteri fondamentali: il Bisogno di Appartenenza, il Bisogno di
Sicurezza, il Bisogno di Innovazione ed il Bisogno di Affermazione.
Appartenenza
Una persona che abbia un alto Bisogno di
appartenenza ha come priorità quella di lavorare in un posto di lavoro in cui
ci sia forte solidarietà, collaborazione e spirito di gruppo. La sua
motivazione al raggiungimento degli obiettivi sarà dunque fortemente
condizionata dalla presenza/assenza di un contesto simile.
Sicurezza
Una persona con un alto Bisogno di Sicurezza
sentirà la necessità di essere frequentemente rassicurata da parte del
superiore diretto rispetto alle sue scelte ed al suo operato. In mancanza di
queste rassicurazioni comincerà ad esitare nello svolgimento dei propri
compiti, a ritornare più volte su quanto prodotto, fino ad un possibile blocco.
Innovazione
Il Bisogno di Innovazione descrive l’esigenza di
una persone di cimentarsi in compiti diversificati e che richiedono un forte
sforzo creativo. Individui con un alto Bisogno di Innovazione sentono la
necessità di essere impiegati in situazioni che non siano ripetitive, che
pongano continuamente delle sfide, e che richiedano volta per volta l’utilizzo
di capacità e competenze sempre nuove.
Affermazione
Il Bisogno di Affermazione descrive la necessità
di raggiungere obiettivi che siano nello stesso tempo sfidanti per la persona e
importanti a livello sociale. Individui provvisti di un alto Bisogno di
Affermazione cercano di ottenere risultati ambiziosi e visibili a tutti; hanno
una forte energia e la tendenza ad agire da leader, affermando con decisione le
proprie opinioni e cercando di prendere in mano le redini della squadra in cui
si trovano a lavorare.
Conclusioni
Queste brevi note, sintetiche e non esaustive,
vogliono solo rappresentare uno stimolo alla riflessione su aspetti spesso
trascurati o ignorati che invece rappresentano elementi che possono contribuire
in modo significativo a determinare il successo o l'insuccesso nella gestione
di eventi critici.
La riflessione
su quanto il meritorio lavoro di formazione per la sicurezza orientato a fornire
strumenti e tecniche per la prevenzione di potenziali eventi critici, potrebbe
essere più efficace in termini di risultati finali, ovvero la riduzione degli
incidenti sul lavoro, se tenesse in considerazione anche gli aspetti
comportamentali qui brevemente illustrati, ancorché non chiaramente prescritti
nella normativa vigente
Massimo Mignani
Componente del
Comitato Scientifico AiFOS
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