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"Gli effetti sulla salute dei campi elettrici e magnetici statici"

fonte www.puntosicuro.it / Campi elettromagnetici

03/02/2015 - La pubblicazione prima della direttiva 2012/11/UE e successivamente della direttiva 2013/35/UE del 26 giugno 2013 ha modificato i termini di entrata in vigore delle disposizioni relative al Titolo VIII (Agenti Fisici), capo IV (Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi elettromagnetici) del D.Lgs. 81/2008.
Tuttavia in relazione ai rischi di esposizione professionale e alla complessità tecnica delle operazioni di valutazione dei rischi e di misurazione dei campi elettromagnetici (CEM), è importante raccogliere e fornire nuove informazioni per i nostri lettori.
 
L’occasione ce la offre un convegno che si tenuto a Treviso il 22 gennaio 2014 dal titolo “ La protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi elettromagnetici”. Il convegno partiva dal presupposto che il tema dei campi elettromagnetici richieda conoscenze e competenze specifiche alle figure aziendali della sicurezza che con i consulenti tecnici collaborano ad attuare le azioni preventive. Durante l’incontro sono state presentate le conoscenze legate alla fisica dei campi elettromagnetici, con particolare riferimento agli effetti sulla salute e agli aspetti prevenzionistici.
 
In particolare ci soffermiamo sull’intervento “ Campi elettromagnetici: gli effetti sulla salute”, a cura del Dott. Roberto Agnesi, direttore SPISAL dell’ Azienda ULSS 9 di Treviso.
 
Il relatore ricorda che “quando il corpo umano si trova in un campo elettromagnetico si verifica un’interazione tra le forze del campo e le cariche e le correnti elettriche presenti nei tessuti dell’organismo. Il risultato dell’interazione è una perturbazione che può determinare un effetto biologico, non necessariamente un danno, di tipo morfologico o funzionale”.
E indica, con riferimento ad un promemoria dell’OMS, che “il modo in cui le onde elettromagnetiche influenzano i sistemi biologici è determinato in parte dall'intensità del campo ed in parte dalla quantità di energia di ogni fotone”.
In particolare:
- “un effetto biologico si verifica quando l'esposizione alle onde elettromagnetiche provoca qualche variazione fisiologica notevole o rilevabile in un sistema biologico;
- un effetto di danno alla salute si verifica quando l'effetto biologico è al di fuori dell'intervallo in cui l'organismo può normalmente compensarlo, e ciò porta a qualche condizione di detrimento della salute”.
 
Dopo aver parlato di effetti, con riferimento agli effetti deterministici (“quelli in cui l’incidenza e la gravità variano con la dose e per i quali è individuabile una dose-soglia”) e di effetti stocastici (in cui non è rilevabile una soglia), vengono presentate alcune “ incertezze”:
- “molti studi suggeriscono effetti a medio-lungo termine per esposizione a campi elettromagnetici;
- in molti casi le evidenze non raggiungono il livello della significatività con studi metodologicamente corretti e per questo viene detto che “non vi è evidenza che ….” (solo in pochi casi si è raggiunta una ragionevole certezza che l’effetto nocivo può essere escluso);
- tuttavia la mancanza di evidenza certa non significa esclusione certa del pericolo !!!
- è sempre necessario mantenersi aggiornati (medico competente) sugli effetti ipotizzati e sulle dosi (al di sotto dei limiti per gli effetti acuti) che potrebbero determinare un rischio per i lavoratori al fine di mantenere l’esposizione a livelli più bassi possibile”.
 
Con particolare riferimento allo stato dell’arte secondo le monografie OMS, la relazione si sofferma dettagliatamente sui possibili effetti dei campi elettrici e magnetici statici, dei campi ELF (frequenze estremamente basse) e delle radiofrequenze.
 
Rimandando i lettori ad una lettura integrale delle slide dell’intervento, focalizziamo brevemente la nostra attenzione sui campi statici.
 
I campi elettrici statici “sono presenti naturalmente nell’atmosfera. Valori fino a 3 kV/m possono presentarsi sotto le nuvole temporalesche, con tempo sereno, i livelli sono dell’ordine di 100 V/m (V/m, volt su metro, è l’unità di misura dei campi elettrici, ndr). Dopo questa, la causa più comune di esposizione per l’uomo è dovuta ad una separazione di cariche per effetto dell’attrito. Ad esempio, camminando su un tappeto isolante si possono accumulare potenziali di carica di diversi kilovolt, che generano campi elettrici locali fino a 500 kV/m”. Inoltre le linee elettriche in corrente continua “possono produrre campi elettrici statici fino a 20 kV/m, i sistemi ferroviari in corrente continua campi fino a 300 kV/m all’interno dei treni ed i videoterminali campi di circa 20-30 kV/m a una distanza di 30 cm”.
 
Riguardo invece ai campi magnetici statici la relazione dà alcune informazioni sul campo geomagnetico presente sulla superficie terrestre e ricorda che campi magnetici statici artificiali “sono generati ovunque si utilizzino correnti continue, come ad esempio in alcuni sistemi di trasporto a trazione elettrica ed in processi industriali quali la produzione di alluminio e la saldatura a gas. Induzioni magnetiche fino a 2 mT sono state misurate all’interno di treni elettrici e in prototipi di sistemi a levitazione magnetica (Maglev). Nei processi di riduzione dell’allumina i lavoratori sono esposti a livelli più alti, fino a circa 60 mT, mentre la saldatura elettrica ad arco produce induzioni magnetiche di circa 5 mT a 1 cm dai cavi di saldatura. L’avvento dei superconduttori negli anni ‘70 e ‘80 ha facilitato l’impiego di campi magnetici molto più elevati nella diagnosi medica, con lo sviluppo delle tecniche di diagnostica per immagini con risonanza magnetica e di spettroscopia con risonanza magnetica. Esposizioni professionali fino a 1 T ed oltre possono verificarsi durante la costruzione e le prove di queste apparecchiature, o durante le procedure di intervento medico assistito dalla risonanza magnetica. Anche in varie ricerche di fisica delle alte energie e nelle relative tecnologie si utilizzano magneti superconduttori ed i lavoratori possono essere esposti, regolarmente e per tempi prolungati, a campi di intensità fino a 1,5 T” (il flusso di induzione magnetica può essere espresso in T, in Tesla e nei suoi sottomultipli).
 
Dopo aver dato informazioni sulle interazioni fisiche dei campi elettrici e dei campi magnetici statici e ricordato che per i campi magnetici statici si segnala l’interferenza con apparecchiature elettroniche impiantate (pacemaker, pompe insulina etc.), vengono riportati vari esempi di studi sugli animali e sull’uomo.
 
Ad esempio per i campi magnetici statici le funzioni che sono state esaminate negli studi di laboratorio su soggetti umani “comprendono quelle del sistema nervoso periferico, attività cerebrali, funzioni neurocomportamentali e cognitive, percezione sensoriale, funzioni cardiache, pressione sanguigna, ritmo cardiaco, proteine del siero e livelli ormonali, temperatura corporea e cutanea ed effetti terapeutici”. E i risultati “non indicano che l’esposizione a campi magnetici statici produca effetti sulle risposte neurofisiologiche e sulle funzioni cognitive in volontari fermi, ma non permettono nemmeno di escludere questi effetti. Sono state riscontrate sensazioni di vertigine e nausea, dipendenti dalla dose, indotte in lavoratori, volontari e pazienti quando questi si muovevano entro campi statici superiori a 2 T. E’ verosimile che questi effetti dipendano dal gradiente del campo e dal movimento del soggetto. In alcuni studi si è osservato un piccolo cambiamento della pressione sanguigna e del ritmo cardiaco, ma questi rientravano negli intervalli di normale variabilità fisiologica. Non vi è alcuna evidenza di effetti dei campi magnetici statici su altri aspetti della fisiologia cardiovascolare, o su proteine del siero e ormoni. L’esposizione a campi di intensità fino a 8 T non sembra indurre variazioni di temperatura nell’uomo”.
Vengono poi riportati esempi di studi epidemiologici effettuati specialmente su lavoratori esposti a campi magnetici statici generati da apparati che utilizzavamo alte correnti continue.
 
Veniamo dunque ad un breve sunto dei rischi dei campi statici.
 
Non vi sono “studi sull’esposizione a campi elettrici statici dai quali si possa trarre una qualsiasi conclusione su effetti cronici o ritardati. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC, 2002) ha osservato che non vi erano dati sufficienti per determinare la cancerogenicità di questi campi. Sono stati effettuati pochi studi sugli effetti acuti dei campi elettrici statici. Nel complesso i risultati suggeriscono che gli unici effetti acuti nocivi per la salute sono associati alla percezione fisica dei campi e ai fastidi conseguenti alle microscosse”.
 
Riguardo poi ai campi magnetici statici “i dati epidemiologici e degli studi di laboratorio ad oggi disponibili non sono sufficienti per poter trarre delle conclusioni in merito a effetti cronici o ritardati. La IARC ha concluso che, per quanto riguarda la cancerogenicità dei campi magnetici statici, vi erano dati inadeguati per l’uomo, mentre non vi erano dati rilevanti per gli animali da laboratorio. La cancerogenicità di questi campi non è perciò, al momento, classificabile”.
 
Tuttavia l’ esposizione a breve termine a campi magnetici statici “dell’ordine del tesla e ai gradienti di campo a questi associati induce diversi effetti acuti. Risposte cardiovascolari, come variazioni della pressione sanguigna e del ritmo cardiaco, sono state occasionalmente osservate in studi su volontari e su animali. Comunque, per esposizioni a campi magnetici statici fino a 8 T, queste variazioni rientravano nei normali intervalli fisiologici. Sebbene non sia stato sperimentalmente verificato, è importante notare che i calcoli suggeriscono tre possibili effetti dovuti a potenziali di flusso indotti. Questi sono: piccole variazioni del battito cardiaco (che si può ritenere non abbiano conseguenze per la salute), induzione di battiti cardiaci ectopici (che possono essere più significativi dal punto di vista fisiologico) e maggiore probabilità di aritmia rientrante (che potrebbe portare alla fibrillazione ventricolare). Si pensa che i primi due effetti presentino soglie superiori a 8 T, mentre i livelli di soglia per il terzo sono attualmente difficili da stabilire per la complessità del modello. Da 5 a 10 persone su 10.000 sono particolarmente suscettibili all’aritmia rientrante e il loro rischio potrebbe aumentare in caso di esposizione a campi magnetici statici e a campi gradienti. Il movimento fisico all’interno di un gradiente di campo statico induce, nel caso di campi statici superiori a 2-4 T, sensazioni di vertigine, nausea e talvolta fosfeni e sapore metallico in bocca. Sebbene siano solo transitori, questi effetti possono essere negativi per le persone. Oltre a possibili effetti sulla coordinazione occhi-mani, potrebbe verificarsi una riduzione della capacità in lavoratori impegnati in procedure delicate (ad esempio i chirurghi), con un conseguente impatto sanitario”.
 
Concludiamo segnalando che sono stati riportati “anche effetti su altre funzioni fisiologiche, ma è difficile giungere a conclusioni solide senza replicazioni indipendenti dei risultati”.
 
 
Campi elettromagnetici: gli effetti sulla salute”, a cura del Dott. Roberto Agnesi, direttore SPISAL dell’Azienda ULSS 9 di Treviso, intervento al convegno “La protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi elettromagnetici” (formato PDF, 521 kB).
 
 
 
Tiziano Menduto
 
 

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