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"Sulla responsabilità per un incidente in una scuola materna"
fonte www.puntosicuro.it / Sentenze
16/02/2015 -
Commento a cura di Gerardo Porreca
In questa lunghissima e complessa sentenza la Corte di Cassazione, al cui esame è stato sottoposto il caso di un
incidente mortale occorso ad una bambina in una scuola materna durante l’attività scolastica ed
a seguito della caduta di un cancello metallico di accesso alla stessa
che l’ha schiacciata mentre stava giocando vicino con altri bambini
durante l’ora di ricreazione, ha provveduto ad analizzare
dettagliatamente la posizione di garanzia e le responsabilità dei
singoli soggetti obbligati a garantire la sicurezza della vittima, dal
responsabile dei Lavori Pubblici dell’Ufficio Tecnico comunale al Dirigente scolastico del circolo didattico, dalla
responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP)
della scuola all’insegnante presente al momento dell’accaduto ed alla
quale era stata affidata la vigilanza della bambina, non escluso il
lavoratore dipendente di una impresa di manutenzione che aveva
provveduto ad effettuare delle saldature sul cancello durante alcuni
lavori di ristrutturazione del piazzale della scuola.
Tutti imputati e condannati dal Tribunale nell’ambito delle loro
competenze, con sentenza successivamente confermata dalla Corte di
Appello, gli stessi, ad eccezione dell’insegnate deceduta nel frattempo,
hanno fatto ricorso con varie motivazioni alla Corte di Cassazione la
quale però ha confermate le sentenze di condanna tranne quella emanata
nei confronti della RSPP in quanto l’ha annullata per insussistenza del
fatto alla stessa addebitato.
Il fatto
Una bambina di quattro
anni, durante l'orario di attività
scolastica, mentre nel periodo di ricreazione si trovava nel cortile di una
scuola materna con altri bambini, a seguito della caduta dell’anta di un cancello
in ferro a due ante dell’altezza di cm. 176 e della larghezza di cm. 185, che
separava il plesso scolastico da un passaggio perimetrale che a sua volta
conduceva a un vicino insediamento abitativo, riportava un trauma cranico da
schiacciamento e, entrata in coma, nonostante il pronto intervento dei
sanitari, è deceduta il giorno successivo.
Sulla scorta del
sopralluogo effettuato dai carabinieri e degli accertamenti tecnici disposti
dal P.M. è stato evidenziato che le condizioni di manutenzione del cancello in
questione, da quando era stato collocato, apparivano pressoché nulle, che il
cancello invece risultava in condizioni statiche molto precarie, che
l'ossidazione aveva bloccato le cerniere, e che l'utilizzo improprio del
cancello, quale varco di passaggio da parte di estranei, aveva aggravato la
situazione. Si era accertato, altresì, che il cancello, quando la recinzione
del plesso scolastico è stata sopraelevata di 50 cm. tramite una sovrastruttura
saldata, è stato sottoposto al medesimo intervento per cui le ante sono state
dissaldate per poi essere risaldate ad una quota leggermente superiore (10
cm.). Le saldature però non erano state eseguite a regola d'arte per cui le
cerniere hanno ceduto determinando il distacco dell'anta del cancello la cui
caduta è stata la causa del decesso della bambina.
Il Tribunale ha proceduto,
quindi, in ordine al delitto di cui all'art. 113 c.p. e art. 589 c.p., comma 2,
nei confronti del Responsabile dei Lavori Pubblici presso l’Ufficio Tecnico
comunale, del Dirigente scolastico del circolo didattico, della responsabile
del servizio di prevenzione e protezione (RSPP), dell’insegnante della bambina
presente al momento dell’accaduto ed alla cui vigilanza era stata affidata la
bambina, nonché di un dipendente della ditta di manutenzione intervenuto ad
effettuare le saldature durante alcuni lavori di ristrutturazione del piazzale
esterno, per avere tutti cooperato nel delitto, per imprudenza negligenza ed
imperizia, e con violazione sulle norme sulla prevenzione degli infortuni sul
lavoro.
In particolare al
responsabile dei Lavori Pubblici presso l'Ufficio tecnico del Comune è stato
addebitato di non avere accertata la grave carenza strutturale del cancello e
di non essersi accorto della cattiva esecuzione delle saldature effettuate in
occasione dei lavori di manutenzione, di rialzamento della recinzione stessa e
di successivi lavori di sistemazione del predetto cortile e degli spazi
adiacenti. Allo stesso, congiuntamente al Dirigente scolastico del circolo
didattico e al datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2 del D. Lgs. n. 626, è
stato addebitato, altresì, di non avere proceduto ad alcuna opera di
manutenzione ordinaria del cancello, permettendo, cosi, la formazione di un
pesante strato di ruggine che ha corroso le già limitate superfici di
saldatura, nonostante nel documento di valutazione rischi (DVR) di cui al D.
Lgs. n. 626 del 1994 detta incombenza era stata indicata tra le misure di
prevenzione e protezione da adottare.
Al Dirigente
scolastico è stato addebitato, altresì, di non avere segnalato, o comunque
comunicato, adeguatamente all'Ufficio Tecnico del Comune la situazione di
degrado e di pericolo in cui versava il predetto cancello, al fine di far
procedere l'Amministrazione ai lavori di manutenzione e/o sostituzione dello
stesso. Alla RSPP, congiuntamente ai due precedenti imputati è stato contestato
di non avere segnalato il pericolo del cancello nonostante nel DVR detta
incombenza fosse indicata tra le misure sostitutive da adottare in caso di
mancato intervento di riparazione e di non avere altresì interdetta l'area
antistante. All’insegnante della scuola materna è stato contestato di non avere
vigilato con la dovuta diligenza sulla bambina, che assieme agli altri bambini
giocava nel cortile della scuola, non avvedendosi in alcun modo che la stessa
si trovava aggrappata o, comunque, stazionava sotto il predetto cancello di
ferro la cui fatiscenza ed inadeguatezza era nota a tutto il personale della
scuola. Al lavoratore, infine, che era stato incaricato dalla ditta appaltatrice
di effettuare i lavori di manutenzione in occasione della sistemazione del
piazzale della scuola è stato contestato di non avere effettuate
le saldature a regola d'arte.
Il
ricorso in Cassazione e le decisioni della suprema Corte
Hanno fatto ricorso in
Cassazione, adducendo varie motivazioni, il Responsabile dei Lavori Pubblici
dell’Ufficio Tecnico comunale, il Dirigente scolastico, la RSPP, il lavoratore
incaricato delle operazioni di manutenzione nonché il Comune quale responsabile
civile. La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i ricorsi ad eccezione di
quello presentato dalla RSPP per le motivazioni che di seguito vengono per
ognuno di essi sinteticamente riportate.
Con riferimento al
ricorso del Responsabile dei Lavori
Pubblici dell’Ufficio Tecnico comunale, che a propria difesa aveva
sostenuto di non essere stato messo al corrente della fatiscenza del cancello e
della debolezza dei punti di saldatura per cui non aveva potuto intervenire per
porre rimedio al pericolo esistente, la Corte di Cassazione ha posto in
evidenza che esso, proprio in considerazione della sua qualità di responsabile
dei Lavori Pubblici presso l'Ufficio Tecnico del Comune e di rappresentante
dell'Ente territoriale, proprietario dell'edificio scolastico nonché di
responsabile della sicurezza dei luoghi di lavoro nel periodo di esecuzione
delle opere di sistemazione del piazzale della scuola, riguardanti anche il
cancello, nonché di direttore dei lavori avrebbe dovuto verificare la bontà
dell'esecuzione delle saldature delle cerniere del cancello e curarne, poi, la
manutenzione indipendentemente quindi dalla circostanza che le condizioni del
cancello gli venissero portate a conoscenza da altri.
In ordine, poi, alle
motivazioni addotte dal Dirigente
scolastico la Sez. IV ha fatto presente che la sua posizione di garanzia
era indubitabile alla stregua delle disposizioni in materia di sicurezza sul
lavoro vigenti, essendo pacifico che al preside é attribuita la qualità di
datore di lavoro nei confronti del personale della scuola, non essendo
contestabile la qualificazione della scuola come "luogo di lavoro",
per cui il comportamento dovuto per legge doveva pertanto essere rappresentato
dall’obbligo di richiedere all'Ente territoriale, proprietario del plesso
scolastico, un intervento risolutivo per la eliminazione del pericolo derivante
dalla fatiscenza del cancello, e, nelle more dell'intervento del Comune, dall’obbligo
di adottare delle misure di propria pertinenza e disponibilità per eliminare il
pericolo mediante un ordine di interdizione, con l'apposizione di ostacoli
fisici e di accedere a chicchessia all'area ove insisteva il cancello.
La Corte suprema ha
precisato in merito che “
a carico del
datore di lavoro, ai sensi della normativa di cui al D.P.R. n. 547 del 1955
(artt. 391 e 392) e di quella generale in materia di sicurezza sul luogo di
lavoro (D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4) ed anche in riferimento alla norma cd. ‘di
chiusura del sistema’ ex art. 2087 cod. civ., puntualmente richiamata in
sentenza, sussiste un obbligo di controllo dell'attuazione delle norme vigenti
e delle disposizioni e procedure di sicurezza. In altre parole, il datore di
lavoro é costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro, e
di chiunque frequenti il luogo di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove egli
non ottemperi agli obblighi di tutela, l'evento lesivo correttamente gli viene
imputato in forza del meccanismo reattivo previsto dall'art. 40 c.p.p., comma
2”. Con riferimento poi alla puntualizzazione fatta da parte del datore di
lavoro di avere nominato una responsabile del
servizio di prevenzione e protezione RSPP la Sez. IV ha ricordato in merito
che gli obblighi di vigilanza e di controllo del datore di lavoro, di per sé
delegabili ad altro responsabile, cosa che non risulta essere stato fatto nel
caso di specie, non vengono comunque meno con la nomina del RSPP al quale sono
demandati compiti diversi (D. Lgs. n. 626 del 1994, artt. 8 e 9) intesi ad
individuare i fattori di rischio, ad elaborare le misure preventive e
protettive e le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali per cui
la vigilanza sull'applicazione delle misure disposte e sull'osservanza di
queste da parte dei lavoratori rimane a carico del datore di lavoro, se non
regolarmente delegate ad altri soggetti.
Come già detto la Corte
di Cassazione ha invece accolto il
ricorso
presentato dalla responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed
ha tenuto a sottolineare che la Corte di merito non ha tenuto conto del ruolo
di "addetto al Servizio di prevenzione e protezione", ricoperto dalla
ricorrente nell'ambito della struttura scolastica e le conseguenze derivanti
dalla posizione di garanzia ad essi collegati. L’art. 4 comma 4 del D. Lgs. n.
626 del 1994, ha ricordato la Sez. IV, stabilisce infatti che il datore di
lavoro designa il responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno
o esterno all'azienda nonché gli addetti al servizio di prevenzione e protezione
interno o esterno all'azienda, il successivo art. 8 fissa le modalità della loro
designazione e l'art. 9 ne specifica i ruoli.
In tema di prevenzione
degli infortuni sul lavoro, ha sostenuto ancora la Sez. IV, “
il soggetto cui siano stati affidati i compiti
del servizio di prevenzione e protezione, quali previsti dall'art. 9 D.Lgs. 19
settembre 1994 n. 626, ancorché sia privo di poteri decisionali e di spesa,
può, tuttavia, essere ritenuto corresponsabile del verificarsi di un infortunio
(nella specie, mortale) ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile
ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e
segnalare, dovendosi presumere, nel sistema elaborato dal legislatore, che alla
segnalazione avrebbe fatto seguito l'adozione, da parte del datore di lavoro,
delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione”. Nel
caso in esame però, ha posto in evidenza la Sez. IV, il datore di lavoro era
bene a conoscenza della situazione di pericolo determinata dalla fatiscenza del
cancello, almeno da quanto era stato redatto e spedito al Comune il DVR e come risultato anche sulla scorta del dato
probatorio costituito dalle numerose testimonianze. Lo stato del cancello ed il
pericolo che ne derivava era quindi noto a tutti già da diverso tempo anche a
seguito di "passaparola" e di quanto constatato in ragione dei
continui sopralluoghi dallo stesso effettuati di persona anche in occasione del
passaggio improprio di ignoti e di ladri attraverso il varco delimitato dal
cancello.
Alla luce di quanto
sopra detto quindi la Sez. IV ha ritenuto del tutto condivisibile quanto
sostenuto dalla RSPP e del tutto illogico ed incongruente sostenere che la
stessa fosse colpevole di non aver effettuato una segnalazione del pericolo, atteso altresì
che, anche ove fosse stata effettuata, la citata comunicazione non avrebbe
assolutamente evitato l'evento e/o mutato la situazione di fatto esistente,
perché riguardava un pericolo già a conoscenza del datore di lavoro il quale,
pur a fronte di un proprio potere-dovere di intervento, potere di cui invece
era priva la ricorrente, era rimasto consapevolmente inerte per cui, in
conclusione, ha deciso di
annullare
senza rinvio la sentenza di condanna a carico della RSPP avendo ritenuto non
sussistente il fatto alla stessa addebitato.
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