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"La disponibilità giuridica e le responsabilità in materia di sicurezza"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
16/04/2015 -
Nel
linguaggio giuridico, per
disponibilità
giuridica si intende il diritto di disporre, ossia di utilizzare in senso
giuridico il bene o il luogo di cui trattasi.
La disponibilità
giuridica può anche essere definita come la capacità di imporre all'oggetto
affidato una destinazione funzionale nei limiti dei poteri possessori
conferiti; ed è giuridica perché si vuol porre l'accento sul rapporto di
diritto che lega il possessore all'oggetto più che alla mera relazione
materiale di fatto. Tale
diritto si concretizza nella possibilità, per il titolare del diritto, di:
1)
alienare il bene in questione;
2) costituire
sul bene stesso diritti reali minori (o di godimento), come usufrutto o
comodato;
3)
locare il bene;
4)
svolgere presso un determinato luogo attività lavorative di qualunque genere in
forza di un atto attestante la disponibilità giuridica del locale ove sarà
svolta l'attività, (es. atto di compromesso o preliminare da cui risulti la
disponibilità del locale; oppure contratto di assistenza o manutenzione che
consenta l'accesso negli ambienti ove verrà svolta l'attività dedotta in
contratto, oppure convenzione o concessione che consente al contraente
esecutore di frequentare luoghi chiusi o aperti per svolgere attività
lavorative, cessione di aree di lavoro formalizzata contrattualmente, ecc.).
La
sentenza Cassazione
Penale, Sez. 4, 12 ottobre 2007, n. 37588 in materia di lavori appaltati,
appalto e contratto d'opera riguarda la sussistenza della responsabilità
del legale rappresentante di una ditta sub-appaltante del servizio di
raccolta rifiuti per infortunio mortale per colpa consistita in imprudenza, negligenza
e imperizia nonché nella violazione di norme in materia di prevenzione e in
particolare dell'art. 7 del D. Lgs. 626/94.
“La
legge prevenzionistica”, afferma la sentenza, “estende gli obblighi di
prevenzione dell'imprenditore ai rischi connessi ai lavori affidati ad imprese
appaltatrici, subappaltatrici o a lavoratori autonomi, ‘all'interno della
propria azienda, o di una singola unità
produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo
dell'azienda medesima’ (confr. Cass. n. 159727 del 2006). L'espressione, con la
non casuale disomogeneità dei termini utilizzati, si presta a ricomprendere
nella sfera di operatività della norma non solo e non tanto la struttura
‘fisica’ in cui si svolge l'attività imprenditoriale, il che sarebbe
addirittura ovvio, ma, ove questa consista nella prestazione di un servizio e
abbia, in quanto tale, carattere diffuso sul territorio, l'intera area
economico/geografica entro la quale l'attività stessa è destinata a
realizzarsi. L'idea di fondo è insomma che il datore di lavoro, quand'anche
disarticoli il ciclo produttivo avvalendosi di strumenti contrattuali che gli
consentano di alleggerire sul piano burocratico-organizzativo la struttura
aziendale, contestualmente dislocandone, almeno in parte, i rischi, è
costituito garante dell'incolumità fisica e della salvaguardia della
personalità morale di tutti coloro che contribuiscono alla realizzazione del
programma imprenditoriale avuto di mira, alla stregua di una lettura dinamica e
costituzionalmente orientata del principio ispiratore dell'intera disciplina,
icasticamente espresso dall'art. 2087 cod. civ.”.
La
questione è stata affrontata dal Ministero del Lavoro, con la circolare
n. 24 del 14 novembre 2007: “...il Ministero ha precisato che l’obbligo di
pianificazione a carico del committente trova applicazione non solo in tutti
gli appalti cosiddetti ‘interni’ nei confronti di imprese o lavoratori
autonomi
... ma anche nel caso di affidamento di lavori o servizi rientranti ‘nell’ambito
dell’intero ciclo produttivo della azienda medesima’ e che ciò comporta che
l’obbligo di redazione del documento unico di valutazione del rischio sussiste anche
nelle ipotesi di appalti ‘extraziendali’ che tuttavia risultino necessari al
fine della realizzazione del ciclo produttivo dell’opera o del servizio. ... E'
da ritenere che da tale ambito debbano escludersi le attività che, pur
rientrando nel ciclo produttivo aziendale, si svolgano in locali sottratti alla
giuridica disponibilità del committente, e, quindi, alla possibilità per lo
stesso di svolgere nelle medesime aziende gli adempimenti stabiliti dalla
legge”.
Rolando Dubini, avvocato in
Milano
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