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"La norma UNI ISO 31000: gestione del rischio, principi e linee guida"
fonte www.puntosicuro.it / Qualità ISO
19/05/2015 -
Prendiamo spunto dalla
ISO 9001 che attendiamo nella imminente pubblicazione in revisione
2015 per approfondire un aspetto innovativo e particolare qual è la
valutazione del rischio finalizzata
alla gestione dello stesso.
La nuova
ISO 9001 introduce infatti come requisito “cogente” il
risk assessment
introducendo in modo rivoluzionario un concetto al quale si era abituati, in
linea di principio, in ottica di valutazione dei rischi per la salute e la
sicurezza sul lavoro, ma non in modo esteso a tutto quanto possa in qualche
modo minare o comunque limitare la capacità dell’azienda di produrre beni o
servizi. Con la nuova ISO 9001 il
concetto
di valutazione del rischio spazia senza misura lasciando la possibilità, ma
in realtà pretendendo, che l’azienda affronti e prenda in considerazione tutto
quello che impatta sulla continuità dei processi aziendali.
Lo strumento con il quale affrontare la
gestione del rischio, però, è offerto da un’altra norma di riferimento, già presente
da tempo, ma ancora poco utilizzata: la
norma
UNI ISO 31000 del 2010 dal titolo “Gestione del rischio – Principi e linee
guida”. Questo schema offre infatti al
risk
manager la possibilità di inquadrare tale valutazione globale in un
contesto sistemico che sia in grado di dialogare con le metodologie tipiche dei
sistemi di gestione rappresentate per esempio dalle norma ISO 9001, 14001,
27000, BS OHSAS 18001,
etc..
Se allora è sufficientemente chiaro il
concetto della relazione tra risk management ed ISO 9001 dove si colloca però
la tradizionale valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro?
È qualcosa di nuovo? E un modo diverso di affrontare lo stesso argomento?
L’approccio “
all risk”, nel quale si prendono in considerazione tutti gli aspetti
che impattano sul processo produttivo è qualcosa di concettualmente più ampio
ed esteso di quello che rappresenta la valutazione per come siamo abituati a
considerarla con riferimento al’art. 28 del d.lgs 81/08.
Per farsi però meglio un’idea è utile dare
un’occhiata alla norma stessa ISO 31000 prendendo in considerazione alcuni
passaggi chiave anche in relazione con la collegata
norma ISO IEC 31010:2009 – dal titolo “
Risk management – Risk assessment techniques.”
Innanzi tutto è bene chiarire a chi si rivolge
e qual è lo scopo di questa norma internazionale.
I destinatari per l’utilizzo sono
rappresentati dai gestori degli aspetti di rischio di qualsiasi attività, sia
pubblica che privata, che abbiano bisogno di gestire tutti gli eventi che
possano in qualche modo limitare o impattare sulla sua capacità di creare
prodotti o erogare servizi in modo continuativo, senza blocchi od interruzioni
dovuti ad eventi accidentali o imprevisti. Scopo di questa norma è quello di
offrire uno strumento, una sorta di quadro di riferimento o di schema
orientativo, che permetta di definire ed adottare una modalità completa ed
efficace di valutazione dei rischi che possono impattare sui processi aziendali
e di definire i corrispondenti interventi volti a prevenire o mitigare gli
effetti di tutti gli eventi potenziali ed indesiderati.
Se è sufficientemente chiaro a questo punto
a chi si rivolge ed a cosa concretamente serve, allora può essere utile capire
anche alcuni concetti chiave di riferimento trattati dalla norma stessa.
Iniziamo con qualche considerazione sulle
definizioni e poi rivolgiamo
l’attenzione ad alcuni
principi,
quanto basti per rendersi conto della portata e delle grandi ambizioni di
questa norma.
Interessante è l’attuale definizione di
rischio come “l’effetto
dell’incertezza sugli obiettivi”. Così adesso la valutazione del rischio
diventa il “processo complessivo di identificazione del rischio, analisi del
rischio e ponderazione del rischio”. Abbiamo perso la distinzione tra
identificazione dei pericoli e valutazione dei rischi correlati. La parola
pericolo è stata superata dalla parola rischio in tutte le espressioni.
Interessante è anche la definizione di quello che per gli uomini della
sicurezza è il
datore di lavoro: “la
persona con responsabilità e l’autorità per gestire un rischio”. Sicuramente
completa ed esauriente, comprende anche il caso in cui il titolare coincide con
il consiglio di
amministrazione dell’impresa.
La valutazione del rischio poggia sul
concetto di ponderazione, che viene
associato al
concetto di accettabilità
o meno di un rischio. Concetto, anche questo, che nella normativa cogente è
accettato per settori alterni in modo un po’ ipocrita. Nel decreto legislativo
81 del 2008, infatti, per alcuni rischi si definisce in modo quantitativo la
soglia di attenzione (per esempio rumore
e vibrazioni) mentre per altri ci deve essere un continuo monitoraggio e
tensione al miglioramento perché non è definita per legge una soglia di
accettabilità (si pensi per esempio al rischio di tipo infortunistico).
Se queste sono le definizioni, altrettanto
interessanti sono i
principi descritti
nella prima parte della norma. Ne vediamo alcuni solo per farci un’idea.
Con l’affermazione che “
la gestione del rischio crea e protegge il
valore” si esprime un alto concetto di gestione del rischio finalizzato a
fare in modo che l’azienda continui a persistere e svilupparsi nel tempo. È come
dire che la gestione del rischio efficace e strutturata è imprescindibile da
una gestione d’impresa che si prefigga la continuità nel tempo. Questo
principio è poi completato con il secondo: “
la gestione del rischio è parte integrante di tutti i processi
dell’organizzazione”, come per dire che la sicurezza non è solo una
questione di interesse del responsabile
SPP, ma pervade tutti i processi ed i relativi responsabili. È normalmente
è solo questione di rendersene conto.
Ed infine chiunque persegua una gestione
aziendale adeguata virtuosa non può che condividere il concetto secondo cui “
la gestione del rischio è e deve essere sistematica,
strutturata e tempestiva”. Come per dire che la gestione del rischio non è
condizionata da umori o priorità, ma è attività continua, che non va
improvvisata, ma pensata su solide basi ed è tanto più efficace quanto più la
gestione è efficiente anche in termini di tempi di risposta.
Come
collochiamo quindi la valutazione dei rischi per la salute e sicurezza sul
lavoro con la quale siamo abituati a lavorare utilizzando la nuova ottica
proposta dalla ISO 31000?
Se la metafora è accettabile potremmo
considerare la valutazione dei rischi della sicurezza come una fetta di una
torta più ampia e completa quale quella rappresentata dal
risk assessment. Si tenga presente che la norma ISO 31010 dal punto
di vista delle tecniche di valutazione è assolutamente esaustiva.
A titolo informativo si riporta di seguito
l’
elenco delle metodologie
(tecniche) considerate valide e riportate nella norma:
1. Brainstorming
2. Interviste strutturata o semi
strutturata
3. Metodo Delphi
4. Metodo con le Checklist
5. Analisi preliminare dei rischi (PHA)
6. Hazard and operability study (HAZOP)
7. Hazard analysis and critical control
points (HACCP)
8. Valutazione della tossicità
9. Tecnica strutturata “What If”
10. Analisi degli scenari
11. Analisi dell’impatto di business
12. Analisi della radice delle cause
13. Failure mode and effects analysis
(FMEA)
14. Analisi dell’albero degli errori
15. Analisi dell’albero degli eventi
16. Analisi causa e conseguenze
17. Analisi causa ed effetto
18. Analisi degli strati di protezione
(LOPA)
19. Albero delle decisioni
20. Analisi dell’affidabilità umana (HRA)
21. Analisi della cravatta a farfalla
22. Manuntenzione dell’affidabilità
centrata
23. Analisi dei circuiti nascosti
24. Analisi di Markov
L’obiettivo del
risk management è infatti quello di capire cosa e come prevenire in
relazione ai possibili eventi dannosi, ma anche cosa e come attenuare in
termini di conseguenze e cosa eventualmente trasferire ad altri soggetti
mediante, per esempio, idonee coperture assicurative. Si pensi ad esempio alla
valutazione dei rischio inondazione per uno stabilimento che si trovi nelle
vicinanze di un grande corso d’acqua che sistematicamente, nel periodo più
piovoso, minaccia esondazioni che potenzialmente potrebbero danneggiare anche
lo stabilimento. In questo caso un attento ed accurato
risk assessment porterebbe a valutare con la giusta attenzione le
conseguenze di un accadimento di questo tipo sia in termini di probabilità
dell’evento che di entità del danno. Ed una delle possibilità di
risk management sicuramente è quella
rappresentata dalla sottoscrizione di un’adeguata polizza assicurativa che
permetta di contenere l’eventuale fermo lavorativo entro tempi accettabili.
Stessa cosa per uno stabilimento che si sia
inaspettatamente scoperto essere in zona
sismica come quello che è successo qualche anno fa in Emilia Romagna. A
questo punto la valutazione di convenienza è pesantemente condizionata dal
premio assicurativo da pagare annualmente, ma anche dall’accuratezza con la
quale il rischio è valutato e gestito.
Quanto appena descritto ha solo lo scopo di
illustrare quanto il
risk assessment
richiamato dalla ISO 9001 e preso in gestione dalla ISO 31000 possa essere
esteso, diversificato ed articolato. E tutto ciò in un’ottica di
business continuity cioè di
continuità del processo produttivo o di
erogazione dei servizi. E proprio la
business
continuity è la chiave per cogliere e valutare con una nuova ottica la
Valutazione dei Rischi per la Salute e Sicurezza dei Lavoratori.
In questa accezione la VdR non è tanto
adempimento formale per dare attuazione ad un articolato e fastidioso obbligo
di legge, quanto scelta strategica e ponderata di gestione degli eventi che,
non solo possono avere conseguenze drammatiche per la salute e la sicurezza dei
lavoratori, ma possono anche limitare pesantemente la capacità ed i flussi
produttivi con tutte le conseguenti ulteriori conseguenze negative.
Se accolta in quest’ottica, la
valutazione dei rischi diventa
l’origine di un continuum che nasce da un atto di consapevolezza formale delle
condizioni di lavoro e definisce poi tutta una serie di interventi di
adeguamento e miglioramento volti ad aumentare il livello di sicurezza attesa
nei confronti dei lavoratori, ma contemporaneamente limitare e contenere il più
possibile tutte le situazioni di interruzione dei processi produttivi. Si
potrebbe anche pensare ad un concetto di “efficientamento” dei processi stessi.
E’ un po’ come si fa per la manutenzione programmata in cui si vanno a
sostituire dei componenti o dei pezzi che ancora risultano in buono stato o
comunque funzionanti in modo soddisfacente. Considerato infatti il periodo di
vita del pezzo, in relazione a quanto ha lavorato od alla velocità con cui si è
usurato, allora probabilmente è più conveniente un fermo manutentivo gestito e
programmato nel quale si rinnova la componentistica piuttosto che gestire un
fermo improvviso, indesiderato che, a volte, per la legge di Murphy, avrebbe
un’alta probabilità di accadere proprio nel momento in cui le conseguenze
sarebbero particolarmente dannose.
Secondo la norma
UNI ISO 31000 ad un processo
di
risk assessment, eseguito
considerando il contesto adeguatamente descritto, fa seguito la gestione (
management) che prevede specifici gradi
di strutturazione .
Potremmo dire che un’insufficiente
applicazione delle metodologie di
risk
management costringe di fatto l’azienda ad avere un’alta capacità di
resilienza. Il patrimonio di un’azienda "resiliente" può essere
considerato come la capacità non tanto di resistere alle deformazioni, quanto
di capire come possano essere ripristinate le condizioni di attività, scoprendo
una modalità che renda possibile la continuità del progetto imprenditoriale. Vi
sono infatti processi economici e sociali che, in conseguenza del trauma
costituito da una catastrofe, cessano di svilupparsi restando in una continua
instabilità e, alle volte, addirittura collassano, estinguendosi. In altri
casi, al contrario, sopravvivono e, anzi, proprio in conseguenza del trauma,
trovano la forza e le risorse per una nuova fase di crescita e di affermazione
Il problema in tutto questo è che questa
capacità, non è definibile a priori e l’azienda comprende la sua capacità di
resilienza solo nel momento del bisogno. E se dovesse essere insufficiente
sarebbe troppo tardi per rendersene conto.
Ecco quindi che il concetto di
risk assessment, non nuovo nella
sostanza, ma rinnovato nell’approccio, rappresenta un necessario passaggio per
la crescita e lo sviluppo di qualsiasi azienda.
Davide
Biasco
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