News
"L’esorbitanza del lavoratore infortunato e la responsabilità del DdL"
fonte www.puntosicuro.it / Sentenze
28/09/2015 -
E’ il
periodo questo in cui l’attenzione della giurisprudenza si accentra sulla
individuazione del comportamento del lavoratore che ha subito un infortunio quando
è da considerare esorbitante e tale da interrompere il nesso causale fra le
violazioni in materia di salute e di sicurezza sul lavoro commesse dal datore
di lavoro e l’evento lesivo. In particolare in tale circostanza si registra una
diversità di vedute fra la Corte di Cassazione e quella di Appello avendo la
suprema Corte annullata una sentenza di assoluzione emessa dalla Corte territoriale
che aveva ritenuto esorbitante
il comportamento di un lavoratore in occasione dell’infortunio dallo stesso
subito per avere preso l’iniziativa di effettuare una operazione che non era di
sua stretta competenza.
Il fatto e l’iter giudiziario
La Corte di Appello ha
riformata una sentenza emessa dal Tribunale con la quale il datore di lavoro di
una azienda era stato giudicato responsabile dell'infortunio sul lavoro occorso
a un lavoratore dipendente ed era stato condannato alla pena ritenuta equa
nonché al risarcimento dei danni in favore della parte civile. Contrariamente
alle decisioni del Tribunale la Corte di Appello aveva infatti mandato assolto
l'imputato dal reato ascrittogli.
I fatti, così come
ricostruiti nei gradi di merito, sono risultati incontroversi. In un frantoio
per la frantumazione di materiali inerti presso il quale era adibito il lavoratore
infortunato si era verificato un intasamento, ovvero una marcia a vuoto degli
organi della frantumazione (le 'mascelle'), dovuto alla presenza di due massi
caduti nella tramoggia di carico. Il lavoratore ha provveduto quindi a spegnere
l'impianto e, dopo essersi calato all'interno del frantoio, ha imbracato con
delle cinghie uno dei due massi e quindi con l'utilizzo di una gru ha rimosso
il masso riponendolo su un piano del frantoio. Mentre era intento a imbracare
il secondo masso, il primo gli è rovinato addosso, procurandogli una frattura
scomposta ed esposta alla gamba destra, con successiva inabilità ad attendere
alle sue occupazioni per un tempo superiore a quaranta giorni.
La pronuncia di
condanna da parte del Tribunale ha identificata una violazione cautelare
attribuibile al datore di lavoro quale antecedente causale del sinistro. Lo
stesso, infatti aveva omesso di valutare il rischio specifico derivante
dall'evenienza 'intasamento', ordinaria nel funzionamento dell'impianto e non
aveva inserito nei documenti aziendali di sicurezza previsioni che valessero a
far ritenere soddisfatte le prescrizioni di legge. La Corte di Appello, per
contro, ha ritenuto che tale documentazione avesse dato invece delle indicazioni
sulle procedure di lavoro da osservare per il caso di intasamento della
macchina e che tali procedure fossero rimaste non osservate dal lavoratore, il
cui comportamento ha giudicato esorbitante rispetto alle mansioni
attribuitegli, che non contemplavano l'intervento sul macchinario.
Il ricorso in Cassazione e le motivazioni
Avverso la decisione
della Corte di Appello l’imputato ha ricorso per cassazione a mezzo del proprio
difensore di fiducia adducendo diverse motivazioni. Con un primo motivo si è
lamentato per avere la Corte di Appello dedotto erroneamente che l'azienda
aveva adottato una procedura di disintasamento e che lo stesso tramite la
consegna di alcuni documenti era stato adeguatamente istruito sulle modalità di
intervento non essendo così invece in
quanto era stata posta a suo carico la valutazione del rischio corso. Ha rimarcato,
altresì, che la sentenza impugnata aveva a lui attribuito una violazione
di norme comportamentali che non sono risultate documentate. Con altro
motivo si è lamentato per il fatto che il suo comportamento era stato ritenuto esorbitante
nonostante non fossero state precisate quali fossero le mansioni rispetto alle
quali era stato formulato il giudizio di esorbitanza. La stessa Corte del
resto, ha aggiunto il ricorrente, aveva dato atto del fatto che era previsto
che il lavoratore dovesse intervenire con un'asta metallica per cercare di
disintasare l'apparecchiatura restando così dimostrato che le mansioni
dell'infortunato non si riducevano all'accensione e allo spegnimento
dell'impianto per cui, essendo addetto al controllo dell'impianto, una sua
condotta imprudente non poteva essere definita abnorme.
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il ricorso riferito all’esorbitanza
del comportamento del lavoratore è stato ritenuto fondato da parte della
Corte di Cassazione. Il caposaldo sul quale si era poggiata la sentenza della
Corte di Appello impugnata, ha fatto notare la Corte suprema, é rappresentato
dalla qualificazione della condotta del lavoratore, sulla cui fisionomia non
v'é discussione, quale condotta esorbitante dalle mansioni affidategli e
pertanto causa sopravvenuta da sola sufficiente a cagionare l'evento, secondo
la previsione dell'art. 41 cpv. cod. pen.. Nel formulare il proprio giudizio la
Corte di Appello che pure si è rifatta a principi più volte espressi dal
giudice di legittimità, è incorsa, secondo la Sez. IV, in errore laddove ha assunto
il concetto di mansioni, in termini tali da farlo coincidere con la singola
operazione compiuta dal lavoratore. Infatti, la Corte distrettuale ha affermato
che non rientrava tra le mansioni del lavoratore infortunato rimuovere le
pietre bloccatesi nel frantoio e non ha considerato che il medesimo era invece
effettivamente addetto all'impianto, essendo adibito alla sua alimentazione, e
che, in caso di intasamento dell'apparecchio, la prima manovra prevista era proprio
quella di utilizzare delle aste per tentare lo sblocco dell'impianto e solo in
caso di insuccesso chiamare il capo cava per decidere se risolvere
l'inconveniente aprendo le 'mascelle'.
E’ quindi risultato, ha
così proseguito la Sez. IV, che al lavoratore era stato affidato anche il
compito di provvedere al disintasamento della macchina, sia pure solo in prima
battuta, e che “
la indubbia imprudenza
commessa dal lavoratore non si pone in rapporto di 'eccentricità' (per usare
l'espressione della Corte territoriale) rispetto allo svolgimento delle
mansioni affidategli ma anzi rappresenta una modalità di soluzione di un
problema che si opponeva all'espletamento dei compiti; che in ipotesi fosse
anche trasgressiva delle disposizioni impartite dall'impresa nulla toglie alla
non abnormità di quel comportamento.
Per quanto sopra detto quindi
la Corte di Cassazione ha annullata la sentenza impugnata ai fini civili con
rinvio, per nuovo esame degli atti, al giudice civile competente per valore in
grado di appello.
Gerardo Porreca
Segnala questa news ad un amico
Questa news è stata letta 1000 volte.
Pubblicità