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"Acque meteoriche: la loro gestione nei siti industriali"
fonte www.puntosicuro.it / Ambiente
05/02/2016 -
La crescente urbanizzazione e la
sempre maggiore impermeabilizzazione dei suoli ad essa legata, hanno conferito
alle acque meteoriche un ruolo di sempre maggiore peso nell'ambito della
gestione delle acque reflue.
Le caratteristiche macroscopiche
dei processi naturali che governano lo scorrimento e l’infiltrazione delle
acque meteoriche fanno si che il volume di acqua fornito dalle precipitazioni
possa essere suddiviso in tre componenti:
·
Deflusso superficiale;
·
Infiltrazione (deflusso profondo - Falda);
·
Evapotraspirazione (da suolo e vegetazione).
L’entità di queste componenti
dipende principalmente da fattori geografici, morfologici e geologi locali; in
contesti naturali il deflusso superficiale è molto variabile, tipicamente attorno
al 20%-60% del volume totale di precipitazione mentre in contesti urbani la
percentuale può arrivare anche a valori prossimi al 90%. Inoltre in ambito
urbano, in presenza soprattutto di elevata impermeabilizzazione dei suoli, il
deflusso superficiale, oltre ad essere maggiore in termini di volume di acqua,
è anche molto più rapido.
Il deflusso superficiale
costituisce quindi una rilevante sollecitazione per i sistemi di raccolta delle
acque reflue in ambiti urbani soprattutto in occasione di eventi meteorici
estremi, peraltro sempre più frequenti nel corso degli ultimi anni, che
generano portate di deflusso molto maggiori rispetto alla capacità di
trattamento dei sistemi fognari esistenti. Oltre a problemi dimensionali
(elevati volumi di acque da gestire e trattare) scaturiscono anche problemi di
natura tecnica in quanto ai depuratori confluiscono volumi sempre maggiori di
acqua con basso carico organico che interferisce con i processi di depurazione
biologica, utili alla depurazione delle acque reflue civili/domestiche (acque
nere e grigie).
Per questo motivo, nell’ambito
del rilascio delle Autorizzazioni allo scarico di acque reflue industriali, gli
Enti Gestori dei sistemi di depurazione prescrivono ai titolari degli scarichi
(nella fattispecie le realtà industriali/artigianali titolari di scarichi
industriali in pubblica fognatura) la realizzazione di interventi volti alla
riduzione dei volumi di acque reflue meteoriche (quindi il volume di deflusso
superficiale) che confluisce nelle reti di raccolta (sistema fognario) e quindi
agli impianti di depurazione; tali interventi possono essere identificati in:
·
Riduzione della superficie impermeabilizzata
(definita anche come “superficie scolante”) incrementando le superfici a verde
a scapito, se possibile, di superfici impermeabilizzate e non più in uso o
utilizzate saltuariamente solamente per il transito di automezzi;
·
Scelta di recettori finali alternativi
(suolo/sottosuolo, corpi idrici superficiali): In questo caso si tratterebbe di
collettare le tubazioni di raccolta delle acque meteoriche (reti pluviali, reti
di piazzale e relative caditoie) a pozzi perdenti, trincee drenanti, canali di
sub-irrigazione, fiumi, rogge, canali o altri elementi facenti parte del
reticolo idrico minore).
Entrambe le soluzioni citate
comportano di conseguenza un convogliamento diretto o indiretto di volumi di
acque in altri corpi recettori (acque sotterranee e corpi idrici superficiali
quali fiumi e, in ultima analisi, laghi e mari nei quali essi sfociano).
Subentra a questo punto l’aspetto
legato alla qualità delle acque gestite in quanto in grado, a loro volta, di
influire sulla qualità delle acque dei recettori finali.
Considerato che le acque
meteoriche, prima di entrare in contatto con superfici scolanti (tetti e
coperture in genere, piazzali impermeabilizzati) e con quanto su di esse
presente (camini per espulsione di reflui gassosi, materie prime, depositi,
veicoli ecc), sono da considerarsi come non inquinate (considerando come
trascurabile o comunque meno rilevante il contributo fornito dagli inquinanti
presenti in atmosfera), la loro potenziale contaminazione dipende dall’attività
di dilavamento esercitata dalle acque sugli elementi sopra citati e dalle
caratteristiche dei medesimi; la definizione corretta diventa quindi quella di
acque meteoriche di dilavamento (medesimo
approccio della normativa vigente, come vedremo in seguito
).
In generale, le acque reflue
meteoriche di dilavamento che interessano superfici ad uso industriale, sulla
base della loro qualità potrebbero essere suddivise in:
1. Acque meteoriche non inquinate: Acque che dilavano tetti di
edifici adibiti ad uso uffici e/o magazzini privi di camini dedicati
all’espulsione di reflui gassosi, parcheggi interni ad uso del personale;
2. Acque meteoriche moderatamente inquinate: Acque che dilavano
tetti di reparti produttivi con presenza di camini dedicati all’espulsione di
reflui gassosi, aree interne dedicate ad intenso flusso di automezzi (per
conferimento materie prime, allontanamento rifiuti ecc)
3. Acque meteoriche inquinate: Acque che dilavano aree scoperte
dedicate al travaso di sostanze chimiche, zone di carico/scarico di materie
prime, piazzali di lavaggio, aree dedicate alla manutenzione di veicoli, aree
di deposito di rifiuti o di rottami.
A pari condizioni si possono
comunque definire come maggiormente inquinate le prime acque meteoriche
(cosiddette acque di prima pioggia) rispetto a quelle che seguono (acque di
seconda pioggia) per il fatto che i potenziali inquinanti presenti sulle
superfici sono dilavati dalle prime acque che rappresentano l’evento meteorico
mentre le successiva acque meteoriche, fatti salvi alcuni casi specifici, si
considerano comunque come non inquinate.
Analizzando quanto descritto
sopra, si evince come il tutto possa essere considerato come piuttosto
aleatorio (grado di inquinamento delle acque meteoriche, quali superfici
debbano essere considerate nelle valutazioni ecc) e risulta quindi necessario
trovare dei riferimenti normativi specifici che possano indirizzare i gestori
di stabilimenti produttivi (industriali, artigianali) nella gestione delle
acque reflue meteoriche dilavanti le proprie superfici.
Il principale atto normativo in
materia di gestione e smaltimento di acque reflue è, come per numerosi altri
aspetti ambientali, il D.Lgs.152/2006 (Testo unico Ambientale).
In particolare la disciplina
delle acque è trattata alla Sezione II della Parte Terza; Qui, all’articolo 74
sono definite le varie tipologie di acque reflue:
·
Acque reflue domestiche: acque reflue
provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti
prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche;
·
Acque reflue industriali: qualsiasi tipo di
acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività
commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e
dalle acque meteoriche di dilavamento;
·
Acque reflue urbane: acque reflue domestiche o
il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali ovvero
meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e
provenienti da agglomerato;
Come si evince, nell’insieme
delle definizioni di cui all’articolo 74 non vi è una precisa definizione delle
acque meteoriche, che sono invece richiamate all’articolo 113, dedicato alle “
Acque meteoriche di dilavamento” e alle
“
Acque di prima pioggia” dove si
specifica quanto segue:
A.
Ai
fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le regioni, previo
parere del Ministero dell’Ambiente e tutela del territorio disciplinano le
forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento
provenienti da reti fognarie separate [1]
ed i casi in cui richiesto che le immissioni delle acque meteoriche di
dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate, siano sottoposte a
particolari prescrizioni, ivi compresa l'eventuale autorizzazione;
B.
Le
Regioni disciplinano altresì i casi in cui può essere richiesto che le acque di
prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e
opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari casi nelle
quali, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento
dalle superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che
creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi
idrici;
C.
E'
comunque vietato lo scarico di acque meteoriche nelle acque sotterranee;
D.
Le
acque meteoriche non disciplinate ai sensi del comma 1 (Punto A)non sono
soggette a vincoli o prescrizioni.
L’articolo
113 restringe quindi il campo di interesse alle “acque meteoriche di
dilavamento”, ossia acque meteoriche che dopo aver dilavato superfici (coperte
o impermeabilizzate) si riversano in differenti corpi recettori (escluse le
acque sotterranee).
La
normativa nazionale demanda quindi alle singole Regioni, la regolamentazione
specifica delle acque meteoriche di dilavamento, con specifico riferimento alla
“
regolamentazione delle forme di controllo
degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie
separate” e, ove le immissioni siano “
effettuate
tramite altre condotte separate”, la possibilità di sottoporle “
a particolari prescrizioni, ivi compresa
l’eventuale autorizzazione”.
Lo
stesso articolo 113 riporta, in progressione, la previsione che “
Le regioni disciplinano altresì i casi in
cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree
esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione
per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle attività svolte, vi
sia il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze
pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli
obiettivi di qualità dei corpi idrici”.
Per
l’analisi del concetto di “acque di prima pioggia” si deve quindi fare
riferimento alla normativa Regionale e peraltro, la prima legge che aveva
affrontato affronta l'argomento delle acque meteoriche in modo esplicito fu la
Legge Regionale della Lombardia n°62 del 27 maggio 1985, relativa alla
"Normativa sugli insediamenti civili delle pubbliche fognature e tutela
delle acque sotterranee dell'inquinamento", dove per la prima volta
comparve la definizione di "
acque di
prima pioggia".
Sempre
con riferimento alla Regione Lombardia, il Regolamento Regionale n°4 del 24
marzo 2006 disciplina in modo specifico e dettagliato la gestione delle acque
meteoriche di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne. Tale Regolamento
ribadisce e definisce:
·
Evento meteorico: una o più
precipitazioni atmosferiche, anche tra loro temporalmente distanziate, di
altezza complessiva di almeno 5 mm, che si verifichi o che si susseguano a
distanza di almeno 96 ore da un analogo precedente evento;
·
Acque meteoriche di dilavamento: la parte delle
acque di una precipitazione atmosferica che, non assorbita o evaporata, dilava
le superfici scolanti;
·
Acque di prima pioggia: quelle
corrispondenti, nella prima parte di ogni evento meteorico, ad una
precipitazione di 5 mm uniformemente distribuita sull’intera superficie
scolante servita dalla rete di raccolta delle acque meteoriche;
·
Acque di seconda pioggia: la parte delle
acque meteoriche di dilavamento eccedente le acque di prima pioggia.
·
Superficie scolante: ’insieme di
strade, cortili, piazzali, aree di carico e scarico e di ogni altra analoga
superficie scoperta [2],
alle quali si applicano le disposizioni sullo smaltimento delle acque
meteoriche di cui al presente Regolamento;
Il
Regolamento prevede in modo esplicito la separazione, l’intercettazione ed il
trattamento di una parte rilevante delle acque meteoriche provenienti dal
dilavamento di superfici pavimentate (definite come
superfici scolanti) a rischio di inquinamento, definite appunto
acque di prima pioggia. Questo volume
d'acqua [3]
è considerato quello con il più alto carico inquinante e quindi necessita di
essere raccolto in apposite vasche e trattato in modo adeguato prima di essere
inviato al corpo recettore (qualunque esso sia). Numerose altre Regioni hanno
provveduto ad emanare regolamenti specifici, in accordo a quanto previsto in
materia, prendendo spunto da quanto normato in Regione Lombardia.
Oltre alla definizione puntuale
degli elementi utili alla quantificazione delle acque meteoriche di prima
pioggia, il Regolamento Regionale Lombardo, e analogamente gli atti delle altre
Regioni, ove disponibili, ha definito quali superfici debbano essere
considerate affinché le acque che su di esse cadono debbano essere assoggettate
alla separazione tra acque di prima e seconda pioggia (fissando un criterio
quantitativo e uno qualitativo: estensione e tipologia di attività condotta
sulle superfici interessate):
Superfici scolanti di estensione
superiore
a 2.000 mq, calcolata escludendo le coperture e le aree a verde,
costituenti pertinenze di edifici ed installazioni in cui si svolgono le
seguenti attività:
1) industria petrolifera;
2) industrie chimiche;
3) trattamento e rivestimento dei
metalli (es. galvanica);
4) concia e tintura delle pelli e
del cuoio;
5) produzione della pasta carta,
della carta e del cartone;
6) produzione di pneumatici;
7) aziende tessili che eseguono
stampa, tintura e finissaggio di fibre tessili;
8) produzione di calcestruzzo;
9) aree intermodali;
10) autofficine;
11) carrozzerie;
b) Superfici scolanti costituenti
pertinenza di edifici ed installazioni in cui sono svolte le attività di
deposito di rifiuti,
centro di raccolta e/o trasformazione degli stessi, deposito di rottami e
deposito di veicoli destinati alla demolizione;
c) Superfici scolanti destinate
al carico e alla distribuzione dei carburanti ed operazioni connesse e
complementari nei punti di vendita delle stazioni di servizio per autoveicoli;
d) Superfici scolanti
specificamente o anche saltuariamente destinate al deposito, al carico, allo
scarico, al travaso e alla movimentazione in genere delle sostanze di cui alle
tabelle 3/A e 5 dell’allegato 5 al D.Lgs. 152/1999 (ora abrogato dal D.Lgs.
152/06) (ad esempio: metalli pesanti, solventi organici aromatici ecc).
Analogamente alle acque
meteoriche di prima pioggia, alcune Regioni (tra le quali la Regione Lombardia)
hanno deciso di regolamentare anche le acque meteoriche di seconda pioggia. Il
medesimo Regolamento Regionale prevede infatti che la formazione, il
coinvolgimento, la separazione, la raccolta, il trattamento e lo scarico delle
acque di seconda pioggia siano soggetti alle medesime disposizione qualora
provengano dalle superfici scolanti associate alle attività di cui ai punti da
1 a 11 e alle attività di gestione dei rifiuti, ma solamente qualora
l’Autorità competente accerti “
l’inquinamento
di tali acque da sostanze asportate o in soluzione, derivante dal percolamento
delle acque meteoriche tra materie prime, prodotti intermedi e finiti, sottoprodotti,
rifiuti o quant’altro accatastato o depositato sulle superfici stesse”. Il
volume esatto di acqua di seconda pioggia da assoggettare a trattamento è
definita dall’Autorità competente a seconda dei casi specifici.
Quindi,
se non diversamente disciplinate (ossia quando le superfici scolanti non
rientrano nel campo di assoggettabilità dei vari Atti normativi Regionali [4],
le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne non necessitano di
autorizzazione specifica allo scarico e possono essere scaricate in qualsiasi
corpo recettore, preferibilmente in corpo idrico superficiale o nel
suolo/sottosuolo, previa verifica delle caratteristiche geologiche (sufficiente
permeabilità) unitamente alle restanti acque meteoriche di dilavamento, al fine
di non gravare sugli impianti di depurazione consortili.
Nel
caso di complessi produttivi esistenti, e spesso piuttosto datati, la maggior
parte delle reti di raccolta delle acque meteoriche di dilavamento convoglia i
reflui direttamente in fognatura e risulta quindi economicamente poso
sostenibili la creazione di reti dir accolta separate.
Attente
valutazioni delle reti di raccolta, dove disponibili, consentirebbero comunque
una riduzione parziale dei volumi di acque meteoriche di dilavamento convogliate
in fognatura, mediante intercettazione di reti pluviali e realizzazione di
pozzi perdenti o di tratte di condotte in subirrigazione (in presenza, ad
esempio, di aree verdi quali aiuole).
Qualora
invece le superfici scolanti dovessero essere assoggettate ai vari Regolamenti
Regionali, le acque meteoriche di dilavamento saranno soggette alla separazione
delle acque meteoriche di prima pioggia, alla loro raccolta separata in idonee
vasche (dette anche vasche di prima pioggia) e quindi convogliate ai recettori
finali. Diversamente dalle acque meteoriche, il recettore finale dovrebbe
preferibilmente essere la fognatura in quanto a valle di questa sono comunque
presenti ulteriori presidi depurativi (depuratori) e, in assenza di essa, (ad
esempio nel caso di insediamenti isolati) il suolo o eventualmente il corpo
idrico superficiale. Lo scarico delle acque di prima pioggia soggette alla
separazione dalle specifiche norma regionali, necessita sempre di
Autorizzazione specifica (rilasciata dagli Uffici d’Ambito, previo parere
tecnico degli Enti gestori nel caso di scarico in fognatura, oppure dalla
Provincia nel caso di scarico sul suolo o in corpo idrico).
Di seguito si riporta uno Schema
di flusso riepilogativo:
Dott. A. Arosio
Consulente Ambientale
[1] D.Lgs.152/06
art. 74 comma 1 lettera ee) - fognatura
separata: la rete fognaria costituita da due canalizzazioni, la prima delle
quali adibita alla raccolta ed al convogliamento delle sole acque meteoriche di
dilavamento, e dotata o meno di dispositivi per la raccolta e la separazione
delle acque di prima pioggia, e la seconda adibita alla raccolta ed al
convogliamento delle acque reflue urbane unitamente alle eventuali acque di
prima pioggia.
[2] Con
questa definizione possono essere annoverate, tra le superfici scolanti, anche
le coperture di edifici industriali interessate dalla presenza di punti di
emissione atti al convogliamento in atmosfera di reflui gassosi.
[3] In
caso di assoggettabilità alla separazione delle acque meteoriche di prima
pioggia, alcune Regioni hanno previsto la possibilità che solo una parte
dell’intera superficie scolante possa essere interessata dalla separazione di
tali acque. Ad esempio un’industria chimica con superficie scolante pari a
6.000 mq, dei quali 1.500 adibiti a parcheggio ad uso dei dipendenti o a
deposito di imballaggi nuovi e non in grado di essere dilavati, potrà
considerare una superficie di soli 4.500 mq che, in considerazione dei primi 5
mm di pioggia, andrà a concorrere alla definizione del volume dia cqua di prima
pioggia (5 mm * 4.500 mq = 22,5 mc).
[4] Ad
esempio:
Industria chimica con superfici scolanti paria 2.500 mq – Assoggettata alla separazione
della acque meteoriche di prima pioggia
Industria chimica con superfici scolanti pari a 1.800
mq – Non soggetta alla separazione delle acque meteoriche di prima pioggia
Sito di stoccaggio e recupero di rifiuti con
superficie scolante paria 1.500 mq – Assoggettata alla separazione delle acque
meteoriche di prima pioggia
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