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"Interpello: l’applicazione del D.Lgs. 81/2008 agli studi associati"
fonte www.puntosicuro.it / QUESITI
19/05/2016 - Uno degli aspetti più rilevanti di una normativa è il suo
campo di applicazione. E questo vale chiaramente anche per il Decreto legislativo 81/2008, il Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Ed infatti in questi anni la
Commissione Interpelli,
prevista dall’art. 12 del D.Lgs. 81/2008, ha risposto a diversi quesiti
sull’applicazione del Testo Unico a varie tipologie di attività e
lavoratori. Ad esempio con riferimento a:
- Interpello n. 6/2013 del 2 maggio 2013 relativo all’applicazione del D.Lgs. 81/2008 a stuntmen e addetto effetti speciali;
- Interpello n. 1/2014 del 13 marzo 2014 in risposta a quesiti sugli obblighi degli allievi degli istituti di istruzione ed universitari;
-
Interpello n. 12/2015 del 29 dicembre 2015 relativo
all'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del
lavoro nello svolgimento di attività di pesca subacquea professionale
del corallo.
Sul campo di applicazione del
Testo Unico si è recentemente espressa la
Commissione
Interpelli con l’
Interpello n.
5/2016 del 12 maggio 2016 che ha per oggetto la “
risposta
al quesito relativo
all’applicazione del d.lgs. n. 81/2008 agli studi associati degli infermieri”.
Infatti la Federazione Nazionale
dei Collegi degli Infermieri Professionali, Assistenti Sanitari e Vigilatrici
d’Infanzia ( IP.AS.VI.) ha
avanzato istanza di interpello in merito all’applicabilità del d.lgs. n.
81/2008 agli
studi professionali
infermieristici.
In particolare l’IP.AS.VI. ha
chiesto se:
1. “gli infermieri associati rientrano nella definizione di
‘lavoratore’;
2. gli studi professionali a cui gli infermieri sono associati sono
considerati ‘datori di lavoro’;
3. agli infermieri è applicabile l’art. 21 del decreto in parola;
4. gli infermieri che prestano la loro attività in strutture esterne
(RSA e case di cura) e queste strutture esterne sono datori di lavoro rientrano
nel campo di applicazione dell’art. 26;
5. se tale articolo 26 è fuori causa quando è diretto il rapporto fra
lo studio associato e il cliente”.
Prima di dare una risposta che,
come vedremo, sarà parziale per i limiti posti dallo stesso D.Lgs. 81/2008 alle
risposte per interpello, la Commissione fa alcune
premesse normative.
Innanzitutto rileva che la
materia relativa agli studi associati è oggi disciplinata dall’art. 10 (Riforma degli ordini professionali e società
tra professionisti) della legge
12 novembre 2011 n. 183, recante “
Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”, che ha modificato
la previgente disciplina (
Legge 23
novembre 1939 n. 1815) “eliminando
lo storico divieto di costituire società per l’esercizio delle professioni c.d.
‘ordinistiche’ e prevedendo la possibilità di ricorrere ai modelli societari di
cui ai Titoli V e VI del Libro V del codice civile”.
Tuttavia la
forma organizzativa dell’associazione professionale (c.d. “studio
associato”) disciplinato dalla L. n. 1815/1939 è “sopravvissuta alla riforma,
essendo espressamente fatta salva dall’articolo 10 succitato: ne deriva,
pertanto, che oggi è ancora possibile esercitare tali professioni nella forma
di “studio associato” costituito sotto la vigenza della L. n. 1815/1939”.
La Commissione ricorda, poi, le
definizioni di
lavoratore e
datore di
lavoro contenute nell’articolo 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 81/2008:
Articolo 2 - Definizioni
1. Ai fini ed agli effetti
delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo si intende per:
a) «lavoratore»: persona che,
indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa
nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato,
con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere,
un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari.
Al lavoratore così definito è equiparato: il socio lavoratore di cooperativa
o di società, anche di fatto, che presta la sua attività per conto delle
società e dell’ente stesso; l’associato in partecipazione di cui all’articolo
2549, e seguenti del Codice civile; il soggetto beneficiario delle iniziative
di tirocini formativi e di orientamento di cui all’articolo 18 della Legge 24
giugno 1997, n. 196 e di cui a specifiche disposizioni delle Leggi regionali
promosse al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro o di
agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo
del lavoro; l’allievo degli istituti di istruzione ed universitari e il
partecipante ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di
laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e
biologici, ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali
limitatamente ai periodi in cui l’allievo sia effettivamente applicato alla
strumentazioni o ai laboratori in questione; i volontari del Corpo nazionale
dei Vigili del Fuoco e della Protezione Civile; il lavoratore di cui al
decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni;
b) «datore di lavoro»: il
soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il
soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito
il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità
dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i
poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche amministrazioni di cui
all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per
datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di
gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli
casi in cui quest’ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia
gestionale, individuato dall’organo di vertice delle singole amministrazioni
tenendo conto dell’ubicazione e dell’ambito funzionale degli uffici nei quali
viene svolta l’attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di
spesa. In caso di omessa
individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati,
il datore di lavoro coincide con l’organo di vertice medesimo;
(...)
Inoltre – continua la Commissione
- va considerato che il successivo articolo 3, comma 11, del d.lgs. n. 81/2008,
“limita l’applicazione delle disposizioni in tema di sicurezza per i ‘
lavoratori autonomi di cui all’articolo 2222
del codice civile’ ai soli artt. 21 e 26 del decreto medesimo. L’art. 21
individua, in particolare, i doveri a cui è tenuto il lavoratore autonomo che
compie opere o servizi nell’ambito di un contratto d’opera professionale,
mentre il successivo articolo 26 pone in capo al datore di lavoro committente specifici
obblighi di coordinamento nella gestione dei rischi interferenti ‘…
in caso di affidamento di lavori, servizi e
forniture all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi …’”. Si premette
poi che “sulla base del dettato dell’articolo 299 del d.lgs. n. 81/2008,
nell’ambito della normativa di salute e sicurezza sul lavoro, le posizioni di
garanzia dei soggetti in possesso di poteri direttivi devono essere ricercate
sulla base del loro effettivo esercizio di fatto”.
E come già accennato, si sottolinea
che a norma dell’art. 12, comma 1, del d.lgs. n. 81/2008 la Commissione
Interpelli “può dare risposte esclusivamente a ‘
quesiti di ordine generale sull’applicazione della normativa in materia
di salute e sicurezza del lavoro’ e non può, al contrario, esprimersi sulle
diverse e specifiche modalità di organizzazione dell’attività adottate dalle
singole forme associative tra professionisti”.
Tutto ciò premesso la Commissione
fornisce le seguenti
indicazioni.
Gli infermieri associati “
devono essere considerati ‘lavoratori’,
come definiti all’art. 2, co 1 lett. a) del decreto in parola,
qualora svolgano la propria attività
professionale ‘nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico
o privato’, oppure prestino la propria attività per conto di una società,
un’associazione o un ente in qualità di soci lavoratori fermo restando il
rispetto della normativa giuslavoristica”.
Al contrario, gli infermieri
associati “
dovranno essere considerati
assoggettati alla disciplina dettata dall’articolo 21 del d.lgs. n. 81/2008,
qualora gli stessi prestino la propria attività in autonomia e ‘senza vincolo
di subordinazione’ nei confronti del committente o dell’associazione”.
Tiziano Menduto
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