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"Il cioccolato, i semi di lino e la soia prevengono 3 casi di tumore su dieci"
fonte il corriere della sera / Salute
30/01/2009 - MILANO - Un pezzo di cioccolato fondente. Piacevole, stimolante, un bel riconciliarsi con la vita dopo una giornata stressante. Caratteristiche già sufficienti per non farne a meno, ancora di più oggi dopo essere risultato (in laboratorio) un anticancro. Inibisce la crescita delle cellule tumorali.
Non soltanto il cioccolato. Molti cibi sono allo studio nei laboratori di mezzo mondo: sia quelli pro cancro, da evitare, sia quelli anti, da non dimenticare nel menù quotidiano. Il cibo agisce sul Dna cellulare: può mutarlo, cambiarne l'azione. I gastronomi sono avvertiti. Più gli scienziati svelano i misteri della nutrigenetica, o epigenetica ambientale, più chef e dietologi devono adattare l'arte culinaria alle scoperte di laboratorio, al ruolo di spezie e odori, al potere dei colori della materia prima.
Ecco un primo elenco di cibi la cui efficacia ha ricevuto conferme dai test su cellule o topi: cioccolato, tè verde, spezie, soia, crucifere (broccoli, broccoletti, cime di rapa, verze), aglio, cipolla, uva, vino, frutti di bosco, arance, pomodoro, pesce e olio di lino (per gli omega 3). Veri biofarmaci che escono dai libri di cucina per entrare da star in riviste scientifiche come Nature, New England, Bmj, Lancet.
Il futuro a tavola si delinea con un menù quotidiano preventivo, se non terapeutico. Tre casi di tumore su dieci sono evitabili facendo attenzione a che cosa si mette nel piatto. Non deve mancare l'arancia rossa di Sicilia, simbolo da anni della campagna di prevenzione dell'Associazione per la ricerca sul cancro (Airc). La molecola attiva è l'antocianina, la stessa del mais rosso. Pier Giuseppe Pelicci, direttore del Dipartimento di oncologia sperimentale dello Ieo di Milano e componente l'Advisory board di Airc, si sente mezzo cuoco e mezzo scienziato: «Gli alimenti che consumiamo agiscono sul nostro corpo attraverso la modulazione e la regolazione del metabolismo. Ciò significa che, in base a ciò che mangiamo, favoriamo o disincentiviamo la produzione di determinate sostanze (ormoni, mediatori, neurotrasmettitori eccetera) che, a lungo andare, determinano anche il nostro stato di salute». È l'ambiente che «muta» il Dna, i geni... «Esatto - continua Pelicci -. I cibi agiscono sulla cromatina, che è l'involucro del Dna. Stiamo studiando questa azione, come avviene e come evitarla. Anche perché queste modifiche sono ereditabili da cellula a cellula, da generazione a generazione». Cioè? «Per esempio, una donna che mangia molti lipidi (grassi) in gravidanza "modifica" anche le cellule del feto. Il figlio tenderà all'obesità, così come i suoi eredi». Tutto a causa di quel menù «grasso» della mamma mentre era in gravidanza.
Oggi è possibile misurare gli effetti sul Dna di cibi e ambiente. E studiare protezioni e terapie. La scienza moderna rinnova il vocabolario: nutrigenetica, epigenetica ambientale, nutriceutica. Parole chiave del laboratorio di Pelicci, impegnato anche a mettere a punto la chemioprevenzione: «Per esempio, l'antocianina del mais rosso potrebbe essere lo scudo per le donne geneticamente predisposte al tumore al seno».
Attenti però anche a quanto si mangia. Il giro vita è cancerogeno e il centimetro, più della bilancia, indica il rischio tumore. È risultato da uno studio su mezzo milione di europei. Essere in linea, a parte i vantaggi estetici, abbatte del 30 per cento il rischio di ammalarsi di un qualsiasi tipo di tumore. In particolare a seno, colon e prostata: i cosiddetti big killer. Paolo Vineis, epidemiologo dell'Imperial College di Londra e dell'università di Torino, spiega il maxi studio chiamato Epic (European prospective investigation into cancer and nutrition): «Un progetto, cofinanziato dall'Airc e dalla Comunità europea, avviato nei primi anni '90 reclutando circa 500 mila persone in 10 Paesi europei. I primi risultati sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine: evidente il collegamento tra cattiva alimentazione e sovrappeso con l'aumento dei casi di cancro». Indice di massa corporea (il Bmi, che valuta il peso globale della persona in relazione all'altezza) e girovita (spia di «obesità viscerale o addominale»), finora collegati principalmente al rischio cardiovascolare, «determinano - dice Vineis - una riduzione dell'aspettativa di vita che passa anche attraverso un aumento dei casi di cancro». Più infarti, ma anche più neoplasie.
Non soltanto il cioccolato. Molti cibi sono allo studio nei laboratori di mezzo mondo: sia quelli pro cancro, da evitare, sia quelli anti, da non dimenticare nel menù quotidiano. Il cibo agisce sul Dna cellulare: può mutarlo, cambiarne l'azione. I gastronomi sono avvertiti. Più gli scienziati svelano i misteri della nutrigenetica, o epigenetica ambientale, più chef e dietologi devono adattare l'arte culinaria alle scoperte di laboratorio, al ruolo di spezie e odori, al potere dei colori della materia prima.
Ecco un primo elenco di cibi la cui efficacia ha ricevuto conferme dai test su cellule o topi: cioccolato, tè verde, spezie, soia, crucifere (broccoli, broccoletti, cime di rapa, verze), aglio, cipolla, uva, vino, frutti di bosco, arance, pomodoro, pesce e olio di lino (per gli omega 3). Veri biofarmaci che escono dai libri di cucina per entrare da star in riviste scientifiche come Nature, New England, Bmj, Lancet.
Il futuro a tavola si delinea con un menù quotidiano preventivo, se non terapeutico. Tre casi di tumore su dieci sono evitabili facendo attenzione a che cosa si mette nel piatto. Non deve mancare l'arancia rossa di Sicilia, simbolo da anni della campagna di prevenzione dell'Associazione per la ricerca sul cancro (Airc). La molecola attiva è l'antocianina, la stessa del mais rosso. Pier Giuseppe Pelicci, direttore del Dipartimento di oncologia sperimentale dello Ieo di Milano e componente l'Advisory board di Airc, si sente mezzo cuoco e mezzo scienziato: «Gli alimenti che consumiamo agiscono sul nostro corpo attraverso la modulazione e la regolazione del metabolismo. Ciò significa che, in base a ciò che mangiamo, favoriamo o disincentiviamo la produzione di determinate sostanze (ormoni, mediatori, neurotrasmettitori eccetera) che, a lungo andare, determinano anche il nostro stato di salute». È l'ambiente che «muta» il Dna, i geni... «Esatto - continua Pelicci -. I cibi agiscono sulla cromatina, che è l'involucro del Dna. Stiamo studiando questa azione, come avviene e come evitarla. Anche perché queste modifiche sono ereditabili da cellula a cellula, da generazione a generazione». Cioè? «Per esempio, una donna che mangia molti lipidi (grassi) in gravidanza "modifica" anche le cellule del feto. Il figlio tenderà all'obesità, così come i suoi eredi». Tutto a causa di quel menù «grasso» della mamma mentre era in gravidanza.
Oggi è possibile misurare gli effetti sul Dna di cibi e ambiente. E studiare protezioni e terapie. La scienza moderna rinnova il vocabolario: nutrigenetica, epigenetica ambientale, nutriceutica. Parole chiave del laboratorio di Pelicci, impegnato anche a mettere a punto la chemioprevenzione: «Per esempio, l'antocianina del mais rosso potrebbe essere lo scudo per le donne geneticamente predisposte al tumore al seno».
Attenti però anche a quanto si mangia. Il giro vita è cancerogeno e il centimetro, più della bilancia, indica il rischio tumore. È risultato da uno studio su mezzo milione di europei. Essere in linea, a parte i vantaggi estetici, abbatte del 30 per cento il rischio di ammalarsi di un qualsiasi tipo di tumore. In particolare a seno, colon e prostata: i cosiddetti big killer. Paolo Vineis, epidemiologo dell'Imperial College di Londra e dell'università di Torino, spiega il maxi studio chiamato Epic (European prospective investigation into cancer and nutrition): «Un progetto, cofinanziato dall'Airc e dalla Comunità europea, avviato nei primi anni '90 reclutando circa 500 mila persone in 10 Paesi europei. I primi risultati sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine: evidente il collegamento tra cattiva alimentazione e sovrappeso con l'aumento dei casi di cancro». Indice di massa corporea (il Bmi, che valuta il peso globale della persona in relazione all'altezza) e girovita (spia di «obesità viscerale o addominale»), finora collegati principalmente al rischio cardiovascolare, «determinano - dice Vineis - una riduzione dell'aspettativa di vita che passa anche attraverso un aumento dei casi di cancro». Più infarti, ma anche più neoplasie.
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