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"Thyssen, un dirigente "Decideva tutto l'ad"

fonte agi / Sicurezza sul lavoro

15/04/2010 - «Per il trasferimento a Terni i rapporti col governo li teneva direttamente Espenhahn, che tra l'altro parla correntemente l'italiano». Leggero imbarazzo, ieri all'udienza Thyssen, di fronte a queste parole del primo teste sentito, l'onorevole Gianfranco Borghini, consulente per le vertenze per il ministero dello Sviluppo Economico. Chiamato dalla difesa, l'onorevole ha toccato inavvertitamente un tema delicato: l'amministratore delegato della Thyssen, accusato di omicidio volontario, ha sempre detto di non parlare italiano e dunque i tempi si sono allungati per traduzioni di atti e audizioni. Terminata l'audizione dell'onorevole, che ha parlato di «correttezza nei rapporti» con il governo, è stata la volta di Frank Kruse. Il dirigente delle finanze e collaboratore del consigliere delegato Gerald Priegnitz (imputato di omicidio colposo e omissione di cautele antinfortunistiche) ha risposto per due ore alle domande del procuratore vicario Raffaele Guariniello e del sostituto Laura Longo. La pubblica accusa ha insistito su un punto, i verbali del Cda dell'azienda redatti da Kruse. In calce a quelli dove si parlava di investi menti (quindi anche quelli relativi ai dispositivi di sicurezza) compariva la sigla Emb (executive members of the board) che Kruse identifica in Espenhahn, Priegnitz e Marco Pucci (anch'egli imputato). Kruse ha per negato che il termine inglese decide accanto alla sigla significasse decidere . "Voleva dire solo che si erano incontrati e che si trovavano d'accordo". La tesi di Kruse è che a decidere era solo Espenhahn. Infine la corte ha ascoltato come teste anche il vicesindaco di Torino, Tom Dealessandri. L'avvocato Maurizio Anglesio ha domandato al politico locale se negli incontri tra sindacati e azienda si fosse mai parlato di sicurezza. «No, era un riferimento generico a fare attenzione durante la delocalizzazione». Delocalizzazione tra l'altro «incomprensibile» per Dealessandri. «Abbiamo assistito a un cambio d'atteggiamento da parte dell'azienda - ha dichiarato il vicesindaco - prima del 2004 pareva addirittura che la Thyssen dovesse ampliarsi, avevano fatto investimenti. Dopo l'operazione Terni tutto è cambiato». Dealessandri ha dichiarato che i rapporti tra azienda e istituzioni sono stati cortesi «anche se avrei preferito lo fossero stati meno se avesse significato far restare la Thyssen a Torino». Rapporti che continuano anche oggi «per gestire l'accordo sindacale per i cassintegrati non trasferiti a Terni». Proprio questo riferimento ha creato qualche malumore in alcuni di quegli operai presenti in sala (sono in tutto 23). «A fine anno non avremo più la cassintegrazione - dichiara Piero Barbetta -. Noi siamo stati convocati in Comune a maggio, poi non abbiamo saputo più niente. Ci hanno abbandonato».

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